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Chi Spara Sui Curdi Spara Sulla Rivoluzione

category grecia / turchia / cipro | antifascismo | opinione / analisi author Wednesday November 29, 2017 23:00author by Gianni Sartori Report this post to the editors

Da destra (vedi i "russobruni" comunque mascherati) e purtroppo talvolta anche da sinistra piovono critiche ingiuste sul movimento di liberazione curdo.
Cui prodest?
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MA CHI SPARA, ANCHE SOLO METAFORICAMENTE, SUI CURDI LO SA COSA STA FACENDO?

(Gianni Sartori)



Sinceramente. Mi ero ripromesso di non partecipare, possibilmente nemmeno assistere, alle polemiche anti-curde seminate in rete da certi soidisant anti-imperialisti. Talvolta di destra, sia dichiarata che mascherata (rosso-bruni), ma altre volte anche, mon dieu, di sinistra...
Di sinistra? Ma sì, diciamolo pure, talvolta anche di sinistra (del resto...abbiamo visto anche di peggio, a sinistra, vera o presunta).

Polemiche che stanno amareggiando la mente e il cuore di chi assiste suo malgrado all'indecente propaganda anti-curda e, in secondo ordine, anti-libertaria.

Prese di posizione quantomeno sospette, fondamentalmente pretestuose. Forse “attività compensatorie” di chi nella vita sembra non aver altro da fare. Soprattutto, polemiche che si autoalimentano con il “botta e risposta”. Meglio non concimarle, mi dicevo. Meglio non farsi trascinare nel fango e nel tanfo.
Offese gratuite, completamente fuori dalla grazia di dio. Come quelle in merito alla partecipazione di anarchici (elegantemente definiti “piccoli delinquenti”), libertari e perfino lesbiche (ma Ivana Hoffman, andata a combattere e morire eroicamente contro l'Isis, cos'era?) alle nuove brigate internazionali che combattono a fianco dei curdi contro i fascisti islamici. *
Nel testo di un autoproclamato “osservatorio antimperialista” si coglieva l'occasione per evocare, maldestramente, lo spettro del povero Mackno accusato nientemeno che di “sionismo” (nel 1920-21?). Dovrebbero spiegarsi meglio, visto che uno dei loro teorici di riferimento, Leon Trotski, aveva ripetutamente accusato il “bandito Nestor Mackno” di “antisemitismo”.
Delle due l'una. O forse nessuna. Magari ci ritorneremo su.

Osservo soltanto che anche Walter Benjamin (riferimento ricorrente nel sito)** prese seriamente in considerazione l'ipotesi di trasferirsi in Palestina...e allora? “Sionista” pure lui...?
E Primo Levi?!? Del resto c'è chi sospetta che anche Anna Frank in realtà fosse una “sionista”, magari a sua stessa insaputa.

VADA PER I ROSSO-BRUNI, MA ORA ANCHE I TROTSKISTI D'HOC...?

Ma c'è un limite a tutto. Dopo le variegate insulsaggini sparse al vento (in particolare su curdi e anarchici) da siti irrilevanti, sostanzialmente autoreferenziali, a farmi desistere dal sano proposito di non immischiarmi è stato un intervento, peraltro gentilmente speditomi dagli interessati, del PDAC (sezione italica della LIT-Quarta Internazionale). Qui i Curdi del Rojava vengono accusati sostanzialmente di non essersi opposti abbastanza al regime di Assad e anche (udite-udite!) di aver conservato una struttura “stalinista-maoista”sostanzialmente gerarchica, autoritaria. Quasi un imprevisto richiamo alla democrazia diretta e allo spirito libertario.
Provenendo dagli epigoni del massacratore dei marinai di Kronstadt e dei macknovisti, dai sostenitori della dittatura del proletariato (presto tradotta sul proletariato) farebbe un po' sorridere (ossia: da che pulpito vien la predica...).

Metodi talvolta autoritari quelli adottati da YPG e PKK? Perfino la Colonna Durruti nel bel mezzo di una guerra crudele come quella del 1936-39 in Spagna, talvolta si vide costretta a usare metodi non filologicamente “democratici”. Ma i miliziani anarchici si trovavano nel mezzo del ferro e del fuoco di una guerra di liberazione, come appunto i curdi in Rojava e Bakur.
E sappiamo bene come si comportano i reazionari in caso di vittoria: dai massacri indiscriminati di cui furono vittime i comunardi a quelli operati da Franco nel dopoguerra, quello è il loro stile.

Non è di secondaria importanza che entrambi (gli antifranchisti e i curdi) stessero e stiano, rispettivamente, operando comunque per il superamento di una società fondata sullo sfruttamento, sull'oppressione, sulla gerarchia, sostanzialmente sul potere (di capitalisti, burocrati, commissari politici o cekisti).

Nello stesso articolo si ironizza sulla, virgolettata da loro, “democrazia di base” in Rojava riprendendo un'intervista a Joseph Daher, un sostenitore dei “ribelli” siriani anti-Assad.
Con argomenti analoghi a quelli già utilizzati dal sopracitato “osservatorio” (magari con intenti diametralmente opposti), quelli del PDAC mostravano di condividerne il sostanziale disprezzo per il Confederalismo democratico adottato dalla resistenza curda. Arrivano perfino ad accusare il PYD di aver esautorato i consigli (che prima comunque quasi non esistevano), l'equivalente dei soviet.
Proprio loro il cui guru di riferimento (Trotstki) dei soviet nel 1921 aveva fatto strame!

Da sottolineare che l'accusa, mossa ai curdi dai trotskisti di non essersi opposti abbastanza al regime siriano di Assad, è diametralmente opposta alla condanna senza appello già emessa dal sopracitato “osservatorio”. In questo caso di non essersi schierati a fianco di Assad (a torto o a ragione ritenuto baluardo dell'antimperialismo e antisionismo).

Forse qualcuno (mi consolo: non solo io) ha le idee un tantino confuse.

Qualche precisazione. Le brigate di ispirazione anarchica e libertaria sono collegate a quelle dei marxisti-leninisti turchi del MLKP (comunisti, fino a prova contraria) a cui si deve la costituzione nel 2015 della Brigata Internazionale della Libertà (in collaborazione con le Forze unitarie per la Libertà, il fronte rivoluzionario MLSPB e Reconstruccion Comunista, quest'ultima spagnola). Quindi, perché polemizzano solo con le componenti libertarie? Cos'è? Coazione a ripetere? Kronstadt non vi è bastata?

Sia chiaro. Se la fossero presa soltanto con gli anarchici, avrei anche lasciato perdere. Non sono anarchico e credo non serva loro un avvocato d'ufficio come il sottoscritto (peraltro non troppo gradito, temo). Inoltre, forse per ragioni anagrafiche, non coltivo più molte speranze sui “domani che cantano”. Eppure, quando qualcuno ci prova a rimettere in discussione lo “stato di cose presente” (e il suo indispensabile corollario: lo Stato) non posso che augurargli la vittoria. Resto poi convinto che un giorno, magari tra cinquanta o cento anni, di molti Stati e ideologie (e ovviamente, si spera, anche religioni) perfino il ricordo sarà disperso nel vento. Resteranno invece, non ho dubbi, i Popoli. Alcuni almeno, quelli che faticosamente hanno saputo sopravvivere come Nazioni senza Stato.
I Curdi, appunto. E magari anche i Baschi e gli Irlandesi per restare nei paraggi.

Ma chi oggi spara sui curdi e sul Confederalismo democratico (per ora a salve, ma il maggio 1937 di Barcellona non lo abbiamo dimenticato) a chi spara in realtà?

Spara sull'esperimento sociale che, qui e ora, rappresenta forse il tentativo più significativo, tra quanto è umanamente possibile, di abbattere e superare radicalmente (nei fatti, non solo nelle intenzioni) l'oppressione, la discriminazione, lo sfruttamento (non solamente dell'uomo sull'uomo e sulla donna, ma anche sul Pianeta che vive, sulla “Natura” per capirci...). In sostanza: contro le gerarchie e il potere, comunque inteso.

Questo fuoco incrociato (sia da destra che da sinistra...) è rivolto sul diritto all'autodeterminazione, all'autogoverno, all'autogestione.
Chi spara sui curdi spara anche sui Consigli della rivoluzione tedesca; sui Soviet del 1905, del 1917, del 1921; sulla Telefonica di Barcellona, su Berneri e Nin (maggio 1937), sulle collettività dell'Aragona distrutte da Lister (agosto 1937)...sugli zapatisti (sia quelli storici, di Emiliano Zapata che quelli di Marcos); spara sui Lakota di Cavallo Pazzo e sugli eretici ribelli di Gioachino da Fiore; sulle donne di Barcellona sepolte al Fossar (1714), sui proletari asturiani (1934) e sui gudaris baschi che si batterono contro Franco...
Spara sui palestinesi di Sabra e Shatila (1982) e anche su quelli di Tel al-Zaatar (1976, per chi ha dimenticato come andarono le cose).
Un elenco pressoché infinito di quelli che sono caduti insorgendo contro l'esistente reificato.
Non avendo altro da perdere che le proprie catene e forse qualche illusione...

E spara anche su milioni di vittime indifese e inermi che non poterono nemmeno ribellarsi. Al massimo tentare, invano, di fuggire...
Come Anna Frank, Sara Gesses e, appunto, Walter Benjanim...

In compenso, sparando sui curdi, sempre metaforicamente, si rischia di alimentare il fatalismo e la rassegnazione di chi ritiene di dover sempre e comunque affidare servilmente le proprie sorti, personali e collettive, a uno Stato (e quindi a militari, burocrati, capi, guardie, preti, dirigenti, commissari...).

Non credo rendano un buon servizio alla Rivoluzione sociale. Tantomeno all'Umanità oppressa, umiliata e offesa che, almeno in Kurdistan, ha osato sollevare la testa.

Gianni Sartori


*Nota 1: Si è parlato, anche troppo e a sproposito (spettacolarizzare per banalizzare?), delle Brigate LGBT in riferimento a Queer Insurrection and Liberation Army (TQILA), nata come componente di International People’s Guerrilla Forces. Tale IRPGF è membro di International Freedom Battalion, la Brigata Internazionale della Libertà.
In turco: Enternasyonalist Özgürlük Taburu; in curdo:Tabûra Azadî ya Înternasyonal, è l'unità combattente di volontari stranieri (comunisti, anarchici, socialisti, antifascisti...perfino qualche nostalgico di Enver Hoxha, ma non formalizziamoci) che ha combattuto a fianco delle Unità di Protezione Popolare (YPG) contro le bande dei fascisti islamici dell'Isis.

Ripeto: la Brigata Internazionale della Libertà è stata costituita nel 2015 dal Partito Comunista Marxista Leninista (MLKP), delle Forze Unitarie per la Libertà (BÖG), del Fronte Rivoluzionario MLSPB, della formazione spagnola Reconstrucción Comunista.

Quindi, ricordo ancora ai detrattori di cui sopra, originariamente l'IRPGF venne organizzata non da anarchici che io sappia, ma soprattutto da comunisti (marxisti-leninisti) turchi e si ispira dichiaratamente alle Brigate Internazionali che combatterono contro il franchismo (tra l'altro, a fianco di altri “separatisti” che come i curdi all'epoca “minavano l'integrità territoriale dello stato”. Catalani e baschi, i famigerati).

Interessante poi la presa di posizione del Maurizio Blondet, uno che per oltre 30 anni ha collaborato con l'editoria di destra. Cristiano integralista e romanista (non in senso calcistico), nella penisola iberica del secolo scorso probabilmente avrebbe aderito al franchismo.

Anni fa venne inserito in una lista di giornalisti antisemiti dall'Anti-Defamation League, ma lui si definisce “antisionista”, senza sospettare quanto danno stia facendo imbrattando con le sue dichiarazioni la causa palestinese.
Blondet spande “carriolate” di disprezzo nei confronti di quelli che con rara eleganza demodé chiama “finocchi”. In realtà, a ben guardare, il suo disprezzo va soprattutto ai comunisti; non sembra essersene ancora accorto chi lo mantiene come contatto fisso nel suo blog.
Questo mentre cita ripetutamente gli articoli (spesso imprecisi, talvolta fantascientifici) del gay dichiarato Thierry Meyssan. Contraddizioni in seno alle piccole borghesie? Lapsus rivelatore?
C'è un curioso precedente. Quando il fascista austriaco Jorg Haider (gay non dichiarato, la cui famiglia si era arricchita con le espropriazioni naziste ai danni degli ebrei) andò a schiantarsi a 140 km all'ora (ubriaco marcio), Blondet che lo aveva evidentemente in simpatia (nonostante ripeto Haider fosse notoriamente un gay, per quanto non dichiarato) non trovò di meglio che evocare un possibile complotto dell'ebraismo internazionale.

E sempre Blondet, mentre celebra legittimamente la “Giornata del martirio e dei martiri” (in memoria delle vittime cristiane in Siria) non potrebbe ricordarsi delle migliaia di cristiani iracheni che avevano trovato rifugio nel Kurdistan “iracheno” o di quelli salvati dai combattenti del PKK scesi dalle montagne?
Chi ha versato sangue per portare in salvo popolazioni minorizzate (non mi piace “minoritarie”), sia yazidi che cristiani e alawiti, strappandole alle grinfie dei fascisti integralisti islamici?
YPG e PKK hanno difeso anche villaggi turcomanni, pur essendo stati i turcomanni spesso lalonga manus di Ankara contro i curdi (vedi il massacro nel campo profughi di Atrush nel 1997).
In questo caso l'altro alleato di Ankara, l'Isis, li stava attaccando in quanto...sciiti!?!

Personalmente ritengo che l'eccessiva “spettacolarizzazione” (intesa come forma di mercificazione) mediatica di queste vere o presunte “Brigate LGBT”, possa fare il paio con quella, apparentemente di segno opposto, sulle donne curde combattenti (tutte “giovani e belle”, eroiche...poi dimenticate) di un paio di anni fa.

Quanto al fatto che alcune affermazioni di tali personaggi siano talvolta magari condivisibili, ci riporta all'ovvietà per cui anche l'orologio rotto due volte al giorno segna l'ora giusta.

**Nota 2: Per qualche ulteriore chiarimento, per quanto parziale:

vedi su UIKI onlus:
http://www.uikionlus.com/guerra-giusta/

vedi su Umanità Nova:
http://www.umanitanova.org/2017/10/01/fallacie-e-fandonie/

http://www.umanitanova.org/2017/10/15/quando-il-mio-nem...mico/

Mio malgrado mi vedo costretto a pubblicizzare anche quei documenti anti-curdi sopracitati; mi affido al buon senso dei lettori:

http://zecchinellistefano.blogspot.it/2017/10/gli-anarc....html

https://www.alternativacomunista.it/content/view/2492/1/

e a questo punto, anche l'elegante Blondet:

http://www.maurizioblondet.it/la-pace-siria-nate-le-bri...lgbt/

** *nota 3: Su Walter Benjamin suggerisco:
1) “Hannah Arendt Walter Benjamin L'angelo della Storia – Testi, lettere, documenti”
e
2) “I Benjamin” di Uwe-Karsten.

Un altro personaggio spesso citato (anche a sproposito, visto il tenore di molti interventi che si potrebbero, per i contenuti, qualificare come stalinisti) è il comunista antistalinista Andreu Nin, quello del POUM. Ignorando forse che Nin ancora nel 1934 aveva rotto con Trotski, non solo per la questione “entrismo” (prima richiesto da T. nei socialisti spagnoli e rifiutato da N.; poi, a ruoli inversi, operato da N. nel governo catalano e condannato da T.) ma anche sulla soppressione dei soviet in Russia (repressione di Kronstadt e dei maknovisti nel 1921). O almeno questo è quanto emerge da alcuni scritti di Nin. Vedi su “La Batalla” del 4 marzo 1937 dove Nin riprende un articolo di Jaime Balius, anarchico de “Los Amigos de Durruti” che aveva paragonato la situazione catalana a quella della rivoluzione francese “quando si chiedeva a gran voce la sospensione dei club, e a quello vissuto in Unione Sovietica, quando si reclamò la soppressione dei soviet”. Sottolineo che Nin riprendeva testualmente, condividendole, le parole (e i timori) di Balius nel suo articolo. Solo due mesi dopo, i noti eventi di Barcellona in cui vennero assassinati dagli stalinisti sia Nin che molti militanti della CNT (perfino un fratello di Ascaso). Senza dimenticare gli anarchici italiani Berneri e Barbieri.

Di A. Nin leggere: “Guerra e rivoluzione in Spagna 1931/1937”.

****nota 4: chi scrive, sostanzialmente un proletario autoalfabetizzato, è convinto di NON avere una conoscenza puramente accademica del capitalismo e dei suoi effetti collaterali (vedi le gerarchie).
Tra la fine dei sessanta e i settanta, oltre ad aver partecipato intensamente alle lotte dell'interessante periodo storico, ha conosciuto a fondo la condizione di salariato (talvolta in nero, modello veneto) in località amene come “Domenichelli” (facchinaggio, turni di notte), Veneta -piombo e laboratori artigianali (sempre modello veneto) dove impratichirsi con frese e trapani (ma anche con colle, polveri di vario genere, diluenti...peggio dei CS!). Questo per i soloni dell'anticapitalismo che hanno letto interamente il Capitale, ma non sempre mostrano un adeguato rispetto per gli oppressi.

****nota 4) spulciando a caso tra le infinite contraddizioni del ginepraio mediorientale:

a) vedi i palestinesi (provenienti dai campi profughi, presumibilmente), schierati contro i curdi insieme alle truppe di Saddam. Fatti prigionieri dai curdi in Iraq vennero subito liberati con una predica e una raccomandazione (di non farlo più).

b) vedi gli sciiti (di AMAL) che nel 1986 assediavano i campi profughi (dove i palestinesi erano ridotti alla fame) rimasti sguarniti, senza guerriglieri. E i cadaveri in mezzo alla strada dei giovani palestinesi assassinati mentre tentavano di forzare il blocco con un camion carico di sacchi di farina.

c) quando si parla di curdi provenienti dalla Turchia “accolti” nel nord della Siria, ci si dimentica di tutti i curdi fuggiti dalla Siria o che si erano integrati nel PKK e poi, per ragioni varie erano andati in Europa...

author by Gianni Sartoripublication date Wed Feb 07, 2018 06:54author address author phone Report this post to the editors

VICENZA SI SOLLEVA...ANCHE PER IL POPOLO CURDO
(Gianni Sartori)

Anche se sostanzialmente fu una sconfitta, la lotta del popolo vicentino contro la realizzazione dell'ennesima base statunitense, il movimento “NO Dal Molin”, non è stato invano.
Oltre a un degno passaggio di testimone con le lotte degli anni sessanta (vedi 19 aprile 1968 a Valdagno) e degli anni settanta (vedi la “breve estate” dell'Autonomia che ha incendiato le praterie dell'Alto Vicentino) ha rappresentato la prosecuzione, con altri mezzi, di quella Resistenza antifascista per cui la “Città del Palladio” è stata insignita di medaglia d'oro. L'altra medaglia, la prima, era per l'insurrezione del 1848.
Nelle manifestazioni contro il Dal Molin (legittimo definirle “oceaniche”, talvolta) si riversarono le energie e le esperienze sia dei soggetti e dei collettivi legati ai centri sociali (Ya Basta!), sia di alcune formazioni “classiche” (per quanto ridotte ai minimi storici) come Rifondazione (erede a Vicenza sia del PCI che di DP) o il PDAC (Quarta Internazionale) i cui militanti costituirono il Comitato di Vicenza Est. Oltre, naturalmente, ai pacifisti, ai Cristiani per la Pace, alle Donne, agli ambientalisti...ai cani sciolti.
Anche recentemente, 26 gennaio 2018, abbiamo potuto toccare con mano che la lotta continua. Continua nonostante decenni di Democrazia cristiana (Rumor e suoi eredi) e poi anni di fascioleghismo (v. Hulwek), nonostante la presenza di una rampante (leggi: aggressiva, impietosa) Confindustria ai primi posti nella classifica nazionale (la seconda in Italia, credo, sia per profitti che per devastazioni ambientali).

Un passo indietro.
E' ormai arcinoto che da decenni il Veneto in generale e Vicenza in particolare forniscono lo scenario ottimale per esercitazioni militari e repressive: un grande laboratorio a cielo aperto.
Già in passato, anni novanta, si ipotizzava sulla presenza di soldati turchi (in particolare piloti), magari proprio in coincidenza con fasi di recrudescenza repressiva nei confronti dell'opposizione popolare e di quella curda in particolare.
Agli occhi attenti e vigili dei Centri Sociali del Nord Est non era quindi passata inosservata la presenza di militari turchi ai tre giorni di “addestramento sui flussi migratori” presso la sede della Gendarmeria europea. Ufficialmente in qualità di “osservatori”. Un segnale preoccupante, quantomeno, nei giorni in cui l'esercito e l'aviazione di Ankara stavano (e stanno) massacrando civili inermi nel cantone curdo di Afrin nel nord della Siria. Così come due anni fa avevano fatto terra bruciata delle città curde del Bakur (la regione curda sottoposta all'amministrazione turca) collezionando una lunga lista di violazioni dei Diritti umani nei confronti della popolazione.

E i giovani militanti non sono rimasti a guardare.

Questo il comunicato diffuso la sera stessa del 26 gennaio 2018 in merito alla loro iniziativa:

“La Jendarma Turca, responsabile di uccisioni indiscriminate, torture e rappresaglie contro i civili nel Kurdistan Bakur è tra gli osservatori internazionali della Gendarmeria Europea (Vicenza, Caserma Chinottto), dove oggi termina una tre giorni di addestramento sui contenimenti dei flussi migratori. Un centinaio di attivisti di dei centri sociali del nord-est e di Ya Basta Edi Bese hanno, questa sera, sanzionato dal basso la sede della Gendarmeria Europea. Nel giorno dell'anniversario della liberazione di Kobane si è voluta manifestare la nostra solidarietà attiva con il Kurdistan che resiste! Defend Afrin! Erdogan Terrorist!”

Va anche detto che nel vicentino i precedenti non mancavano. Basti ricordare l'inquietante voce che nel gennaio 1997 circolava insistentemente alla caserma Ederle di Vicenza (Nato). Si parlava della tragica morte di un pilota turco autore di qualche piccolo furto all’interno della caserma stessa, poco prima di Natale. Colto sul fatto, era stato immediatamente rispedito in Turchia e qui sarebbe stato addirittura fucilato. Non risulta ci sia mai stata una conferma ufficiale, ma la vicenda comunque forniva un'ulteriore testimonianza sulle violazioni dei diritti umani da parte della Turchia. Ma quella volta c’era anche di più. Indirettamente confermava quanto si sospettava da tempo: nelle basi Nato in territorio italiano – da Ghedi all’aeroporto “Dal Molin” – i piloti turchi prendevano lezioni sull’uso di velivoli, in particolare di elicotteri. Dello stesso tipo (ad esempio gli Apaches) di quelli utilizzati nel Kurdistan “turco” (Bakur) per distruggere villaggi e accampamenti curdi.
Per analogia va ricordato anche un altro episodio, risalente a una decina di anni prima, anche se in questo caso si trattava di militari iracheni e non turchi.
Lo spettacolare incidente mortale di Fongara – nell’Alto Vicentino presso Recoaro – portò a conoscenza dell’opinione pubblica il fatto che i piloti iracheni, all’epoca impegnati nella guerra con l’Iran (ma anche costantemente contro i curdi) si addestravano in Italia con il supporto logistico delle basi Nato. L’elicottero in questione finì contro la parete di una montagna a causa della nebbia e l’intero equipaggio, tutti militari iracheni, perì nell’incidente. Allora si disse che erano diretti in qualche fabbrica di elicotteri nel “nord-ovest” per installare nuovi marchingegni elettronici e impratichirsi nell’uso. Erano arrivati dall’Iraq facendo tappa nelle varie basi Nato dislocate lungo il percorso.

Nel 1997, “grazie” all’incauto pilota e alla severità dell’esercito turco, diventava lecito sospettare che sui velivoli Apache e Shinook (quelli che all'epoca sorvolavano quasi quotidianamente anche il quartiere di San Pio X) si stessero esercitando i piloti che poi avrebbero bombato le popolazioni curde.
Dalla spettacolare denuncia operata oggi, 26 gennaio, dai militanti dei Centri sociali emerge anche una considerazione: il fatto che la Turchia sia legata da una formale alleanza militare all’Italia e agli altri paesi della Nato non può costituire un alibi per tollerare complicità e connivenza con l'attuale politica repressiva (e nei confronti dei curdi anche genocida) del regime di Erdogan.

Gianni Sartori

author by Gianni Sartoripublication date Tue May 22, 2018 14:41author address author phone Report this post to the editors

CURDI E PALESTINESI UNITI CONTRO L'OPPRESSIONE CON IL SOSTEGNO DEI SUDAFRICANI

(Gianni Sartori)

Tra le molteplici condanne espresse in questi giorni per le brutali uccisioni operate dall'esercito israeliano, acquista particolare rilevanza quella del Comitato Esecutivo del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan): “Israele ha aperto il fuoco su manifestanti a Gaza uccidendo dozzine di palestinesi. Condanniamo con forza il massacro di Gaza e porgiamo le nostre sincere condoglianze alle famiglie dei martiri e al popolo palestinese”.

Nella dichiarazione del PKK si afferma poi che “il conflitto tra Palestina e Israele non potrà essere risolto con la violenza: Gerusalemme è la capitale di tutte le religioni e perfino dell’umanità. Dichiarare questa città capitale di Israele è una mancanza di rispetto nei confronti delle religioni e allo stesso tempo una provocazione. È evidente che l’annoso conflitto israelo-palestinese non si può risolvere con la violenza, ma solo attraverso un dialogo e negoziati. Ogni uso della violenza porta solo a un inasprimento dei problemi. Il recente massacro lo ha dimostrato ancora una volta.”

Il comunicato prosegue ricordando come i palestinesi non abbiano lottato solo per la propria liberazione, ma anche “sostenuto lotte per la libertà e la democrazia in altre parti del mondo. Anche il movimento di liberazione curdo sotto la guida del PKK ha avuto sostegno”. Peraltro, almeno nel caso dei Curdi, ricambiati: “Nella guerra in Libano nel 1982 quadri del PKK hanno combattuto fianco a fianco con palestinesi, 13 di loro sono caduti martiri in questa guerra. La solidarietà del popolo curdo con il popolo palestinese e arabo continua come allora.”

Un destino tragicamente simile, pressoché identico, quello delle due “Nazioni senza Stato” curda e palestinese.
Due Stati, Turchia e Israele, praticano entrambi un “colonialismo genocida” con il sostegno di altre potenze, regionali e non.

Quanto alle lacrime oggi versate dal governo turco dell'AKP di fronte all'ennesimo massacro perpetrato contro il popolo palestinese, per il PKK sono soltanto “lacrime di coccodrillo”.
Nonostante qualche momentaneo contenzioso i rapporti tra Stati oppressori rimangono sostanzialmente solidi. Sia gli aerei F-35 (quelli che Ankara sta per acquistare dagli USA), sia i droni utilizzati dalla Turchia nell'attacco contro Afrin, sono costruiti con tecnologia israeliana e statunitense. E del resto “la Turchia ha appreso da Israele e dagli Stati Uniti le più complesse tecniche per la sua sporca guerra contro la lotta del popolo curdo”. Per non parlare della probabile collaborazione israeliana (oltre che della CIA) alla cattura di Ocalan in Kenia.

Affermazioni significative e impegnative per il futuro delle lotte di liberazione in Medio Oriente quelle poste a conclusione del comunicato:
“Gli amici più coerenti del popolo palestinese e del popolo arabo in Medio Oriente sono il popolo curdo e il movimento di liberazione sotto la guida del PKK. L’alleanza curdo-araba e la lotta comune avranno un ruolo storico nella liberazione di tutti i popoli del Medio Oriente. Il PKK non dimenticherà né la solidarietà del popolo palestinese né coloro che sono caduti nella guerra contro Israele nel 1982. L’amicizia e la solidarietà e amicizia con il popolo palestinese continuerà anche in futuro.
Condanniamo ancora una volta il massacro a Gaza e ripetiamo che la lotta del popolo palestinese e curdo per la libertà trionferanno sicuramente contro ogni attacco”.
Perché considero tanto importante questa dichiarazione? Principalmente perché è chiarificatrice. Entrambi questi due popoli subiscono repressione e genocidio da regimi autoritari (Israele e Turchia). Entrambi lottano per i loro sacrosanti Diritti (compreso quello all'Autodeterminazione), ma paradossalmente negli ultimi tempi palestinesi e curdi sembravano talvolta trovarsi schierati in campi avversi. O almeno così pretendevano di interpretare – e di spiegarci - alcuni compagni di area “campista” (vedi fra tutti gli interventi contro le YPG - accusate di collaborazionismo con USA e Israele - di Furio Grimaldi; prese di posizione - a mio avviso - quantomeno discutibili).
C'era – va detto - anche qualche brutto precedente, sia da parte dei palestinesi che dei curdi. Per esempio negli anni ottanta elementi palestinesi avevano combattuto contro i curdi per conto di Saddam, mentre è noto che alcune organizzazioni curde si erano apertamente schierate con gli USA (sto parlando del PDK di Barzani ovviamente). In realtà entrambi questi popoli erano - e sono - vittime, oltre che di una brutale repressione di Stato, talvolta anche di strumentalizzazioni interessate. Fermo restando che quando si pretende di giudicarne le scelte tattiche non bisogna dimenticare che in quanto popoli devono comunque poter sopravvivere, continuare ad esistere (e questo talvolta può comportare una certa dose di pragmatismo, se pur obtorto collo).
Quindi questa dichiarazione del PKK, doverosa ovviamente, mi sembra rimetta molte cose al loro posto, chiarisca eventuali equivoci e rilanci possibilità di liberazione per tutti i popoli che subiscono la violenza degli Stati.

E anche dal Sudafrica si è levata una corale protesta contro il massacro al confine della Striscia di Gaza. Paragonato a quelli di Sharpeville (1960), Soweto (1976) e – dato che i militanti della sinistra sudafricana non vivono solo di memoria – anche di Marikana (agosto 2012) dove 34 minatori in sciopero sono stati uccisi dalla polizia.
Evidentemente non soddisfatte del richiamo dell'ambasciatore già operato da Pretoria, alcune componenti della protesta (vedi il movimento BDS, ossia “boicottaggio, disinvestimenti e sanzioni” ovviamente nei confronti di Israele) chiedevano con forza la fine dei rapporti diplomatici con Tel Aviv e la sospensione degli accordi commerciali.
Va ricordato come all'epoca dell'apartheid i rapporti tra Israele e RSA fossero se non ambigui, perlomeno ambivalenti (mentre quelli attuali con la Turchia potremmo definirli “altalenanti”, per lo meno quando si tratta dei curdi). Se da un lato collaborava a livello economico e militare (avrebbe fornito anche gli indispensabili elementi tecnici per realizzare l'atomica) con Pretoria, dall'altro Tel Aviv avrebbe collaborato all'addestramento di alcune formazioni guerrigliere dell'ANC.
Anche se a Johannesburg l'iniziativa è stata piuttosto contenuta (poco più di duecento persone), in tutto il Sudafrica (soprattutto a Città del Capo) sono stati migliaia - complessivamente – i sudafricani che nella giornata del 16 maggio hanno manifestato apertamente la loro disapprovazione per quanto era accaduto (ossia l'uccisione di decine di abitanti di Gaza) e anche per ricordare il settantesimo anniversario della Nakba (la “Catastrofe” per i palestinesi). Forte la presenza dei sindacati tra cui la neonata SAFTU (South African Federation of Trade Unions) e la NUMSA (National Union of Metalworkers of South Africa)

Senza mezzi termini, la condizione dei palestinesi è stata paragonata – per analogia - a quella dei Neri all'epoca dell'apartheid (con il suo retaggio di colonialismo, occupazione delle terre, suprematismo razziale, segregazione territoriale) ricordando come a quel tempo l'OLP si schierasse apertamente contro la segregazione razziale nella RSA.
Per Jessie Duarte, vice segretario dell'ANC, l'Onu avrebbe fallito in quanto “Israele ignora le sanzioni” invocando quindi un “movimento di solidarietà internazionale” per fermare quella che ha definito “azione disumana contro il popolo palestinese”. Così recitava il comunicato ufficiale emesso dall'ANC: “Le vittime partecipavano ad una protesta pacifica. Considerato il modo grave e indiscriminato dell'ultimo attacco di Tel Aviv, il governo sud africano ha deciso di richiamare l'ambasciatore Sisa Ngombane con effetto immediato fino ad ulteriore notifica”. Aggiungendo che “noi guardiamo con incredulità al fatto che un popolo che ci ricorda continuamente l'odio e il pregiudizio che gli ebrei hanno subito durante il regno antisemita di Hitler, possa usare la stessa crudeltà meno di un secolo dopo”. A parte l'uso improprio del termine “antisemita” (d'altra parte ormai generalizzato) penso che nessuno possa avanzare dubbi sulla profonda consapevolezza antirazzista dei militanti dell'ANC (all'epoca dell'apartheid la loro identificazione con gli ebrei perseguitati dal nazifascismo era totale e ne parlo anche per conoscenza diretta) scevra – ca va sans dire - da qualsivoglia ambiguità “rosso-bruna”. Critiche al governo sono però partite da alcune delle principali organizzazioni ebraiche sudafricane (Federazione sionista e Comitato sudafricano ebraico). Il ritiro dell'ambasciatore veniva definito “una mossa oltraggiosa che mostra il doppio standard utilizzato contro lo stato ebraico”. In quanto stato sovrano, Israele avrebbe “il diritto di difendere i suoi confini e i suoi cittadini”: Accusando poi Hamas di “istigare la sua gente ad assaltare la barriera di sicurezza e ad attaccare i civili israeliani”.
Un groviglio se non inestricabile, certo di difficile risoluzione quello che avvolge la questione palestinese. Oltretutto il recente bagno di sangue sul confine ha fornito a Erdogan il pretesto per riciclarsi (lui, il boia dei curdi!) come un paladino degli oppressi. * A mio avviso una possibile via di uscita (sempre che ne esista una) sarebbe quella di confrontarsi, anche in Palestina, con i principi del Confederalismo Democratico, come sperimentato dai curdi in Rojava e – compatibilmente con la difficile situazione- in Bakur. Forse bisognerebbe pensarci. Non solo in Palestina e Kurdistan ovviamente.

Gianni Sartori
*nota 1: E perfino a qualche personaggio dichiaratamente di destra o rosso-bruno di ripresentarsi in versione “antimperialista”. Come negli anni settanta quando neofascisti e neonazisti italici ostentavano un'ambigua solidarietà al popolo palestinese (vedi la “Organizzazione Lotta di Popolo” -OLP- emanazione di Avanguardia Nazionale e forse “antenata” di Terza Posizione) anche se poi i loro nipotini (NAR, Terza Posizione...) in Libano stavano con la Falange maronita e con il maggiore Haddad (e quindi, di fatto, con Tsahal – l'esercito israeliano – come a Sabra e Chatila).
Arrivando perfino ad assaltare l'abitazione del rappresentante dell'OLP (quella autentica, palestinese) a Roma.

 
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