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Contro la crisi del capitalismo, dobbiamo costruire un'alternativa sociale!

category internazionale | economia | documento politico author Monday November 26, 2012 21:58author by Relations Extérieures de la CGA - Coordination des Groupes Anarchistes Report this post to the editors
Documento politico della francese Coordination des Groupes Anarchistes sull'attuale crisi capitalista. [Français]
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Contro la crisi del capitalismo, dobbiamo costruire una alternativa sociale!


Documento politico della francese Coordination des Groupes Anarchistes sulla attuale crisi capitalista.


Il sistema capitalista è in crisi.

L'attuale crisi sociale non è la risultante di una "cospirazione" o di una deriva del cattivo "capitalismo finanziario" in quanto opposto ad un virtuoso "capitalismo industriale". Non è solo il risultato della "speculazione" che è solo uno degli aspetti del funzionamento del capitalismo.

Essa è la risultante delle contraddizioni del sistema capitalistico in sé, la logica risultante dell'organizzazione capitalistica dell'economia.

Un'organizzazione - anche in "normali" condizioni operative - che si fonda sulla disuguaglianza sociale, rendendo inacessibile alla maggioranza della popolazione la soddisfazione dei bisogni fondamentali, rendendo così la vita un inferno.

In qualche modo, il capitalismo produce da sé le condizioni delle sue stesse crisi, sebbene la sua capacità di adatattamento gli abbia permesso sempre di superarle, col sangue dei lavoratori quale prezzo da pagare.

La società in cui oggi viviamo sta vivendo una quadruplice crisi - economica, ecologica, sociale e politica - che deriva dal sistema capitalistico e statale, da un'organizzazione basata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, come pure sulla gerarchia, sulla dominazione e sullo sfruttamento.

La crisi colpisce anche alcuni settori della borghesia, a causa della logica competitiva inerente al sistema capitalistico, ma colpisce innanzitutto i lavoratori occupati o disoccupati, mentre un vasto settore della borghesia continua ad accumulare ricchezza spostando il fardello della crisi sulle spalle del proletariato, riuscendo in alcune sue componenti a trarre anche vantaggio dalla situazione per rafforzare la propria posizione.

Crisi economica

L'organizzazione capitalistica dell'economia è basata sulla continua ricerza del profitto, cioè la crescita del capitale attraverso l'appropriazione del plusvalore, vale a dire, il furto del prodotto del lavoro collettivo degli operai tramite la proprietà privata dei mezzi di produzione.

Per la realizzazione del profitto, beni e servizi devono essere trasformati in merci, cioè essere essere oggetti di un mercato di scambi che assegna loro un valore in termini capitalistici.

Per questo, è necessario che il sistema capitalistico mantenga costante l'offerta e corrispondente la domanda, creandola anche artificialmente se necessario. La graduale saturazione del mercato (effettiva, in quanto la sola cosa che il capitalismo tiene in considerazione è la domanda di coloro che possono pagare) costringe l'apparato produttivo a rinnovare continuamente l'offerta attraverso la creazione di nuovi prodotti insieme all'organizzazione della obsolescenza nel breve periodo dei manufatti.

Inoltre, la necessità per la classe al governo di acquisire una quota di maggiore ricchezza, porta a mantenere ed incrementare il tasso di profitto con ogni mezzo: aumentando l'orario di lavoro e tagliando i salari diretti ed indiretti oppure aumentando la produttività con l'aumento dei ritmi, ecc..

L'attacco al salario diretto ed indiretto deprime il potere d'acquisto dei lavoratori e dunque deprime la domanda.

Tuttavia, per poter realizzare profitti, i capitalisti devono completare lo scambio di beni e servizi, cioè vendere i loro prodotti a consumatori capienti.

Il capitalismo, fin dagli anni '70, ha cercato di risolvere questa contraddizione attraverso lo sviluppo del credito per stimolare artificialmente la domanda.

Ma lo sviluppo del credito ha portato ad una seconda contraddizione: affinché si realizzi il profitto è necessario che i debitori (lavoratori, imprese, Stati, ecc.) rimborsino il credito allo scopo di alimentare il circuito economico. Ma la pressione del capitale ad abbassare i salari ed il desiderio di acquisire una quota crescente di ricchezzza conduce inevitabilmente a difficoltà di ripagamento dei debito a tutti i livelli.

La solvenza della domanda pone nuovi problemi e così le condizioni dell'acquisizione di profitto per i capitalisti incontra ulteriori difficoltà.

Questo fa crescere la competizione all'interno della borghesia capitalista per il controllo dei mercati, sia a livello nazionale che internazionale.

Crisi ecologica

Il modello economico capitalista è basato sulla crescita della produzione della ricchezza. Tuttavia, la natura finita delle risorse naturali, sopratttutto delle risorse energetiche, si pone in contraddizione con la logica della crescita.

L'inquinamento, generato dal sistema economico capitalista, mettendo in pericolo l'ecosistema, oltre ad impattare direttamente sulle vite degli esseri umani, è un costo crescente che pesa indirettamente sulla organizzazione economica, anche se tale costo fosse assunto tutto dai lavoratori e non dai capitalisti che ne sono responsabili.

Le limitate risorse energetiche portano a prezzi più alti dell'energia, che si riflettono sui costi di produzione dei beni e dei servizi. Per compensare tutto ciò e per continuare a vendere beni e servizi preservando prezzi "competitivi" nel contesto della competizione capitalista, la borghesia è ricorsa sempre di più all'unica flessibilità di cui dispone: quella di abbassare il cosiddetto "costo del lavoro", in realta quella del declino della remunerazione del lavoro. Questo viene fatto con l'abbassamento dei salari e con l'aumento dell'intensificazione del lavoro per aumentare la produttività, a parità o a riduzione di salario.

Similarmente, la limitazione delle risorse energetiche porta ad un'aspra competizione internazionale per il controllo delle risorse.

La competizione per il controllo delle risorse e dei mercati si sta dispiegando a livello internazionale tramite situazioni di guerra, con cui le borghesie nazionali, tramite coalizioni o unilateralmente, cercano di assicurarsi ed espandere il loro accesso alle risorse.

Crisi sociale

In un contesto in cui le contraddizioni del sistema capitalistico creano una situazione di crisi ecologica ed economica, la borghesia cerca di attraversarla scaricandone le conseguenze negative sulle spalle dei lavoratori. Questo comporta un attacco brutale contro le condizioni di vita del proletariato, per estorcere una maggiore fetta della ricchezza creata. Il che conduce alla liquidazione del "compromesso" post-2GM, cioè conquiste sociali operaie, sicurezza sociale, servizi pubblici, ecc.. Questi attacchi condotti dagli Stati nel nome della "austerity", della "ripresa economica" e del "pagamento del debito" stanno portando settori sempre più consistenti delle classi sfruttate verso la povertà e la precarietà. Questi attacchi colpiscono più violentemente la maggior parte dei settori oppressi e sfruttati delle classi popolari, specialmente le donne, le/i migranti, le etnie.

La crisi si presenta anche con un inasprimento delle relazioni fondate sull'oppressione patriarcale: discorsi reazionari che vogliono il confinamento delle donne in casa, che sfidano il diritto all'aborto, che vogliono mettere fine all'indipendenza economica di molte donne, la violenza crescente contro le donne. Inoltre, la disoccupazione è più alta tra le donne che tra gli uomini, ma i lavoratori disoccupati che ricevono sussidi sono di più delle lavoratrici che ricevono sussidi.

Questi attacchi danno luogo ad una deterioramento delle relazioni umane nelle stesse classi sfruttate, dal momento che la logica del capitalismo è la competizione tra i proletari per la loro sopravvivenza in un contesto di povertà e di disoccupazione di massa.

Crisi politica

In questo contesto, lo storico ruolo dello Stato quale sostegno della borghesia e difensore dello sfruttamento e dell'oppressione capitalisti appare più nitidamente agli occhi dei lavoratori.

Mente giunge al collasso il mito di uno Stato "protettivo" e del "welfare", quale cosiddetto "strumento neutrale" presunto per "servire la comunità", anche l'edificio della "democrazia" rappresentativa (sic) viene giù. Così, le rivolte popolari si sviluppano in maniera crescente, anche in aree in cui finora l'autorità dello Stato si fondava saldamente nel nome di una presunta "legittimazione democratica".

Per far fronte a questa situazione, i politici e la borghesia ricorrono sempre di più al nazionalismo per dividere il proletariato e per trovare capri espiatori allo scopo di proteggersi dalla rabbia popolare. Similarmente, cresce nel mondo la tentazione del fascismo, il quale riceve appoggio crescente da alcuni settori della borghesia, che lo vedono come un modo per "portare ordine" agli effetti delle contraddizioni capitalistiche, senza che vengano in discussione i suoi privilegi.

Anche se assume forme differenti a seconda della realtà locali, il fascismo si trova ad essere promosso in un modo sempre più aperto, per prevenire una crisi politica - che si sviluppa in connessione con la crisi economica, sociale ed ambientale - che abbia come sbocco una rivoluzione sociale. Sostenere il fascismo significa anche mobilitare il proletariato per sostenere la borghesia nazionale, nel nome di una "sacra unità" all'interno di una guerra economica condotta dai diversi gruppi, settori e blocchi capitalisti.

Qual è l'alternativa?

Noi non crediamo, diversamente dai marxisti, che le contraddizioni del capitalismo portino meccanicamente al suo collasso.

L'attuale quadrupla situazione di crisi - politica, economica, ecologica e sociale - non comporta l'automatismo della rivoluzione sociale e del comunismo. Il capitalismo ha mostrato nel passato la sua capacità di adattamento. La Borghesia ha accumulato una copiosa esperienza e non ha mai esitato a ricorrere alla guerra ed al fascismo, quando ha ritenuto che fossero utili a difendere i suoi interessi. Per cui il proclamarsi "democratico" da parte di questo o quello restano parole al vento o prive di contenuto quando sono in gioco gli interessi fondamentali (della borghesia).

Comunismo libertario o barbarie capitalista

Quindi, la rivoluzione sociale si rende sempre più necessaria, per mettere fine alla barbarie capitalista. Questa rottura rivoluzionaria può scaturire solo dallo sviluppo delle lotte e dell'auto-organizzazione popolare, e non dal lavoro di quale "saggio supremo", né da qualche "oratore mandato dalla provvidenza" e nemmeno dal cosiddetto "partito avanguardia." Perché lo Stato non può essere uno strumento di trasformazione sociale nella prospettiva dell'emancipazione individuale e sociale.

Questa lotte, radicate nei bisogni fondamentali e nelle aspirazioni delle classi popolari (casa, cibo, vestiario, libertà di movimento, difesa della propria integrità personale, cura dei propri talenti ...), costruiscono le capacità collettive di gestione delle classi popolari e favoriscono l'organizzazione del mutuo appoggio. Esse sono il terreno su cui può svilupparsi l'organizzazione popolare e di base contro il potere dello Stato (mettendo in crisi le fondamenta dello "Stato organizzatore"), l'espropriazione della borghesia e la messa in comune dei mezzi di produzione, la loro gestione federalista su basi territoriali ed industriali.

Lo sviluppo dell'organizzazione autonoma popolare e di base non può essere realizzato a colpi di slogans, bensì tramite un lavoro quotodiano che punti a costruire forti e durevoli strumenti di resistenza.

Questo è un compito prioritario per tutti coloro che considerano il mutamento sociale e la rivoluzione non alla stregua di miti di mobilitazione bensì come obiettivi concreti, nonostante le difficoltà del periodo.

Questo è l'unico modo per mettere fine allo sviluppo del "cannibalismo sociale" all'interno delle nostre classi sfruttate.

Oggi, lo sviluppo delle lotte deve far fronte a parecchi ostacoli:

  • La convergenza di fatto tra il sistema capitalista, il sistema patriarcale ed il sistema razzista, che porta la divisione tra gli sfruttati, causando l'alleanza di una porzione degli sfruttati con il sistema dominante.
  • La disorganizzazione di una gran parte delle classi sfruttate, collegata alla atomizzazione sociale, al declino individualistico, alla logica di "ciascun per sé", ma anche all'incapacità delle attuali forme di organizzazione di farsi carico delle preoccupazioni della maggioranza degli sfruttati.
  • Il peso delle ideologie stataliste che ancora propongono, in modo mistificatorio, lo Stato come un rimedio allo sfruttamento capitalistico, e la sua conquista come un compito strategico.
  • La burocratizzazione e l'integrazione di parti delle organizzazioni popolari, le quali indeboliscono la loro collettiva forza emancipatoria, essendo in parte nelle mani di un minoritario ceto dirigente.
  • La convinzione collegata alla forza dell'ideologia dominante, che non vi è alcuna alternativa a causa della scarsa diffusione delle idee antiautoritarie. Questo fatalismo viene attentamente alimentato dagli apparati ideologici, ma anche dalle consecutive sconfitte sociali.
Questi ostacoli non sono inevitabili, e spetta a coloro che rifiutano la barbarie capitalista rimuoverli sviluppando vere forme collettive di organizzazione, combinando democrazia diretta e federalismo, affrontando tutti i sistemi di dominazione e di sfruttamento ed inserendosi socialmente e adeguatamente in una prostettiva internazionale.

Rimuovere queste barriere ci permetterebbe di creare le opportunità per rompere con il capitalismo e con lo Stato, per mettere fine alla crisi economica, sociale, ambientale e politica.

Per dare risposte ai bisogni della popolazione e alla crisi economica e sociale, noi ci battiamo per una società senza classi e senza Stato, in cui venga messa fine alla proprietà privata dei mezzi di produzione e di scambio, per liberarci infine dalle ineguaglianze e dallo sfruttamento.

Noi ci battiamo per un'organizzazione sociale basata sull'autogestione della società e sul federalismo quale risposta alla crisi politica ed ecologica. E questo per garantire effettiva uguaglianza politica e per farci carico collettivamente delle questioni ambientali.

Queste proposte di "rottura" esprimono la duplice determinazione a rispondere sia alla crisi che stiamo affrontando sia a permettere la realizzazione personale di ciascun individuo.


Mozione adottata dal 5° Congresso della CGA, 1, 2, 3 November 2012. Traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali.

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