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Tuesday June 12, 2012 00:28 by Paul B. - Workers Solidarity Movement
Nella prossima settimana la Spagna entra in zona salvataggio. Nonostante i segnali sempre più forti di catastrofe imminente che giungono da Madrid, la battaglia tra le istanze del capitalismo spagnolo da una parte e Bruxelles, Berlino e Francoforte dall'altra, è riuscita per ora a scongiurare l'ora del giudizio. Ma riusciranno a raggiungere lo scopo di impedire la caduta della Spagna prima delle seconde elezioni in Grecia? [English] Spagna: un salvataggio per affogare non per stare a gallaNella prossima settimana la Spagna entra in zona salvataggio. Nonostante i segnali sempre più forti di catastrofe imminente che giungono da Madrid, la battaglia tra le istanze del capitalismo spagnolo da una parte e Bruxelles, Berlino e Francoforte dall'altra, è riuscita per ora a scongiurare l'ora del giudizio. Ma riusciranno a raggiungere lo scopo di impedire la caduta della Spagna prima delle seconde elezioni in Grecia? Due giorni fa l'asta dei titoli del debito spagnolo era stata vista come il probabile punto di crisi. La Spagna partiva dalla posizione di essere oltre il limite tecnico dei 450 punti base fissato dalla principale casa di compensazione europea quale massimo spread tra i suoi titoli a 10 anni e quelli di un paniere di rating AAA a 10 anni dell'Eurozona. Essendo rimasta oltre questa soglia per più di 5 giorni, è scattato il meccanismo tecnico che aveva portato al salvataggio di Irlanda e Portogallo degli ultimi due anni. La spiegazione più semplice è che le banche che possiedono titoli nazionali devono pagare una tassa alla casa di compensazione, la quale agisce da garante, per poter temporaneamente scambiare i titoli in contante equivalente. Questa tassa è chiamata "margin call" e deve essere coperta con una compensazione più alta. Se la compensazione di margin call richiesta supera la base del 5% e va al 15%, allora le banche in possesso di questi titoli in prestito per contanti, si trovano a dover improvvisamente reperire ulteriore contante per pagare un più alto margine. Se tutto il loro denaro è in titoli nazionali, allora esse devono vendere un po' di titoli a qualsiasi prezzo per poter pagare il margin call. I prezzi dei titoli vanno giù, le agenzie di rating abbassano la loro valutazione, la casa di compensazione aumenta di nuovo il margine, creando così la "spirale della morte" che ha costretto Irlanda e Portogallo al salvataggio della Troika - non perché lo Stato fosse in quel momento fallito, ma perché le loro banche si trovavano a pochi giorni da un crollo dei flussi di contante. Eppure, sebbene lo scorso lunedì fossero 6 giorni lavorativi che la Spagna avesse superato il limite tecnico per la "zona della morte", i mercati londinesi erano chiusi per l'ignomignoso giubileo della monarchia. Sia lunedì che martedì. Ma mercoledì quando i mercati di Londra hanno riaperto, lo spread era sceso a 447 punti base, e dopo 9 giorni di calendario in rosso, la Spagna era nuovamente e temporanemante salva. Tuttavia, quando martedì Cristóbal Montoro, il ministro delle finanze spagnolo ha dichiarato in un'intervista radiofonica che la Spagna era stata tenuta fuori dai mercati dei capitali, stava dicendo in quel momento nient'altro che la verità. Anche se ha dovuto sbattere i pugni, pare che le sue parole abbiano avuto l'effetto desiderato, quando i mercati hanno aperto il mattino seguente, i praticanti delle oscure arti nella BCE avevano fatto la loro magia, anche se solo temporaneamente. Certamente in questa fase, non è un segreto che gli unici acquirenti che mercoledì 6 giugno hanno comprato i titoli del debito spagnolo siano state proprio le banche spagnole, le quali sono in balia dello Stato nazionale per poter continuare ad esistere. Sembra anche probabile (ma le cifre sono difficili da avere) che la maggior parte delle banche spagnole che detengono debito sovrano stiano ora vendendo direttamente alla BCE piuttosto che sul mercato dei pronti contto termine. Fatto sta che questa settimana è stata segnata da una gran quantità di telefonate ad alto livello, non solo tra gli attori europei, ma anche una telefonata al livello del G7 di mercoledì 6 giugno. I media hanno riportato con una certa sorpresa la telefonata del rappresentante giapponese sul fatto che un exit della Grecia (o Grexit, quale recente, pessimo, neologismo finanziario) non era stata discusso. Presumibilmente perché era la Spagna l'argomento principale di conversazione. Il fatto che la Spagna, la quarta economia europea, fosse sempre "troppo grossa da salvare" negli stessi termini dei "3 piccoli porcellini" Portogallo, Irlanda e Grecia, con gli esistenti fondi di salvataggio (EFSF ed EFSM) [1], è stato a lungo un fatto acquisito nel panorama politico della crisi europea. Ora che la Spagna si trova davvero in zona salvataggio, la zuffa su quello che accadrà si è fatta abbastanza accesa. La Germania vuole evitare a tutti i costi un pieno salvataggio dello stato spagnolo nel suo complesso, per il quale al momento non ci sono fondi sufficienti, imponendo alla Spagna le stesse restrizioni che la Troika ha voluto imporre tramite i "Memorandum di Intesa", ai 3 porcellini, in cambio solo del denaro sufficiente a salvare le banche spagnole. Il governo spagnolo non è comprensibilmente un fan di questo piano. Vuole invece che sia la Troika a fornire il denaro direttamente al fondo di salvataggio delle banche (con lo sfortunato acronimo FROB - Fund for Orderly Bank Restructuring- che in inglese vuol dire gingillo, ndt), senza imporre una regola di intervento economico diretto dallo stato - o facendo assumere allo stato i costi del salvataggio all'interno del bilancio del debito sovrano, come si è già fatto in Irlanda ed altrove.. Naturalmente, se il piano di "salvataggio leggero" si farà prima delle seconde elezioni in Grecia di domenica 17 giugno, allora i 3 piccoli porcellini si renderanno conti che la rovina dei loro paesi per il pagamento del salvataggio delle loro banche nazionali è dovuta alla applicazione di 2 pesi e due misure, una per loro piccoli ragazzini ed un'altra per i grandi decadenti come la Spagna. Questa manifesta ingiustizia non potrebbe che rafforzare gli argomenti dei partiti greci contrari alla austerità per i quali l'accordo fatto per la Grecia è ingiusto e dovrebbe essere rinegoziato senza uscire dalla Eurozona. "Vogliamo quello che vuole la Spagna", sarebbe uno slogan potente. Da qui i tentativi della diplomazia del megafono sui media di questa settimana per far sapere che una decisione su un piano del genere deve attendere le indagini in corso sulla reale solvibilità del sistema bancario spagnolo. La prima di queste indagini, a cura del FMI, darà i suoi esiti lunedì 11 giugno. La seconda, di analisti esterni dell' Eurostat incaricati dallo stato spagnolo al momento del salvataggio di Bankia, darà i suoi esiti non prima del 20 giugno - una data convenientemente successiva alle elezioni greche ed abbastanza in tempo per l'inizio del G20 in Messico, dove la Spagna, presumibilmente, potrebbe trovarsi alla mercé del consiglio di amministrazione dell'attuale crisi mondiale. Ma le notizie di venerdì 8 giugno sembrano far affievolire le speranze di una dilazione del salvataggio a fine giugno. La Reuters ha fatto sapere che è prevista una conferenza dei ministri europei delle finanze per il 9 giugno, dopo di che la Spagna annuncerebbe il suo salvataggio. La notizia sembra corroborata da altre fonti, anche se viene veementemente negata da fonti governative spagnole. Gli osservatori irlandesi e portoghesi riconosceranno in questo rincorrersi di annunci e smentite che il salvataggio sta per essere annunciato e che sia imminente. Il gioco, a quanto pare, è servito. Se il 10 giugno il salvataggio sarà la piena resa incondizionata alla mercè dei voleri della Troika, come fin dall'inizio voleva la Germania, oppure se sarà come vuole la Spagna, l'opzione del "salvataggio leggero" del fondo EFSF che finanzia direttamemte il FROB, senza alcun vincolo, o se sarà qualche combinazione tra le 2, lo sapremo al più presto. Qualunque sia la forma finale dell'accordo, è destinata sollevare domande sugli attuali regimi punitivi imposti ad Irlanda, Portogallo e Grecia. Staremo a vedere...
Paul B.
Traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali.
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