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recensione
Tuesday May 22, 2012 20:24 by Gino - FdCA
Recensione di "Nestor Machno: Bandiera nera sull'Ucraina" Il libro edito da Eleuthera ha il pregio di riportare alla luce quella che fu, ormai cento ani fa la rivoluzione russa, attraverso l'esperienza e le lotte che caratterizzarono il sud dell'Ucraina, dove il tentativo makhnovista di costruire una società liberata dallo sfruttamento dell'uomo sull'uomo si tradusse in un grande tentativo anarchico di formare istituzioni democratiche sotto controllo dei lavoratori, i soviet, che tanta speranza stavano dando ai popoli in lotta, sottraendoli con le armi al controllo del partito bolscevico. Nestor Machno secondo Alexander V. ShubinNestor Machno. Bandiera nera sull'Ucraina. Guerriglia libertaria e rivoluzione contadina (1917-1921) Alexander V. Shubin traduzione di Sara Baglivi
ISBN: 978-8896904077
La durezza della guerra civile, prima contro le armate della reazione internazionale, in fine contro l'armata rossa decisa a conquistare alla causa statalista anche quest'angolo di Ucraina ribelle sono ben narrate dall'autore, per altro con una fonte bibliografica imponente, e questo toglie giustamente ogni aspetto agiografico alla pubblicazione. Emerge nel testo il ruolo del comandante, di un Makhno osannato dalla folla e dai contadini, della creazione nei fatti del culto della personalità di questo capo guerrigliero che sembra uscire dal romanzo di Scholokov, Il placido Don, che seppur opera colossale quando tratta di Makhno lo definisce un autentico uomo di Stato, interno alla vulgata bolscevica del "banditismo" makhnovista. Se il bravo storico riesce nella propria narrazione a porre in risalto la dinamica militare dello scontro, il tentativo politico di costruire attraverso dei soviet autonomi l'autogestione sociale viene ad essere rinchiuso nel falso antagonismo autorità/libertà, così caro a certi anarchici. La narrazione si conclude con l'esilio di Makhno e di coloro che con lui riuscirono a raggiungere Parigi dopo la vittoria del fronte bolscevico, non poteva mancare nel testo la disputa sulla "Piattaforma" ed il "tradimento" di Aršinov . A cento anni di distanza sembra ancora non compreso quel tentativo di rinnovamento dell'anarchismo, l'autore, ripercorre le critiche che dall'inizio hanno caratterizzato il dibattito, finendo per decretare la fine della Machnovščina con il conseguente fallimento della "Piattaforma". Esclude quindi la possibilità degli anarchici ad essere dei rivoluzionari, la piattaforma è infatti il tentativo del gruppo degli anarchici russi di darsi una struttura libertaria in grado di sostenere uno sforzo rivoluzionario ed armato che non consegnasse in mano ai bolscevichi ed al partito leninista le aspirazioni libertarie dei lavoratori organizzati nei Soviet. Reduci da una disfatta, incapaci di gestire la fase rivoluzionaria, senza via di uscita che non fosse quella della sottomissione al bolscevismo oppure di prendere la via dell'esilio, questi anarchici posero il problema, storico, dell'organizzazione rivoluzionaria come mai nessuno nel campo libertario aveva fatto. I critici del makhnovismo, ai quali si può aggiungere il lavoro di A. V. Shubin nelle proprie conclusioni , non sfuggono a questa grande contraddizione, chi e come si fa la rivoluzione, dilemma che qualche anno dopo investì gli anarchici spagnoli, anch'essi non sopravvissero al fallimento rivoluzionario, e solo un Durruti e pochi altri capirono quello che stava accadendo cercando nella risposta organizzativa il bandolo di una matassa intrigata. Denunciando l'impotenza di certo anarchismo di fronte al fatto rivoluzionario ed all'impossibilità di dotarsi di strumenti idonei all'atto armato di massa. Critiche ovvie per altro quelle di certo anarchismo, l'esercito degli insorti makhnovisti era un esercito a tutti gli effetti, ed esercitava un controllo militare e politico sull'area di azione, il comunismo applicato tendeva ad una centralizzazione dell'economia, e qui l'autore ci ricorda che con il libero mercato questo non avviene. Peccato, questo pregevole lavoro avrebbe potuto dare risposte che ancora a cento anni dei fatti non si vuole dare, ricollocare l'anarchismo rivoluzionario nel campo di classe, ma ancor più tagliente è il giudizio sul "tradimento" di Aršinov, fucilato da Stalin perché accusato di voler ricostruire l'organizzazione anarchica nella URSS della dittatura del partito bolscevico. Occasione persa perché ancora una volta non si è affrontata la questione della rivoluzione, e la mancanza di risposte forse serve a sottolineare che gli anarchici, che sono rivoluzionari per antonomasia non sono il soggetto più adatto a fare la rivoluzione, tragica sorte.
Gino |
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