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Monday April 11, 2011 11:56 by Viap - FdCA
Per un nuovo modello contrattuale Dopo solo due settimane dalla riunione del Consiglio Direttivo Nazionale (CDN) che ha deciso lo sciopero generale del 6 maggio, viene fatto circolare in CGIL un documento dal titolo PER UN NUOVO MODELLO CONTRATTUALE, senza alcuna discussione preventiva interna e lanciato - come si suol dire - dalla Segreteria. MODELLO CAMUSSODopo solo due settimane dalla riunione del Consiglio Direttivo Nazionale (CDN) che ha deciso lo sciopero generale del 6 maggio, viene fatto circolare in CGIL un documento dal titolo PER UN NUOVO MODELLO CONTRATTUALE, senza alcuna discussione preventiva interna e lanciato - come si suol dire - dalla Segreteria. Esiste quindi all’interno della Confederazione una questione di metodo radicato nel gruppo dirigente (Segreteria), che risulta ormai estraneo alla volontà della discussione e al confronto. Tanto che pare, al di là del contenuto, calato apposta per rinsaldare (richiamare) la maggioranza dopo il CDN che aveva deciso lo sciopero. E tanto più, in particolare, che all’interno di quel CDN aveva prevalso una discussione vera partendo dalla realtà, dopo l’accordo separato del commercio, la prima vera discussione dai tempi del congresso, con uno scontro sullo sciopero che aveva visto schierarsi territori e categorie a favore, mentre altri - Segreteria compresa - subivano la decisione di indirlo. Inoltre va sottolineato che le categorie in maggioranza hanno dato l’indicazione delle 8 ore di sciopero oltre a regioni e province. Occorre aggiungere e registrare, dopo il pesante scontro congressuale, l’entrata della "CGIL che vogliamo” nella segreteria regionale dell’Emilia Romagna, oltre che nelle segreterie delle Camere del Lavoro di Genova e Savona e dello SPI del Piemonte. Pare quindi farsi strada, dato il fallimento della linea strategica e la drammaticità dello scontro in atto, una apertura alla gestione e alla discussione in alcuni territori che tiene conto del pluralismo esistente. Nel merito, il documento che ha per titolo ” Per un nuovo modello contrattuale” si pone l’obiettivo di far “rientrare” la CGIL, riproponendo la concertazione, adattandosi all’esistente prodotto dai padroni, in stretto rapporto con governo e CISL (tralasciamo la UIL per ovvie ragioni). Il documento “Per un nuovo modello contrattuale” è composto di 8 capitoli suddivisi in punti: il tutto non propone l’avvio della discussione sulla contrattazione, ma fissa i punti che permetterebbero alla Confederazione di "rientrare", avendo come interlocutore dell’operazione la Confindustria, mai attaccata negli ultimi tempi, anzi ponendola alla base del piano per lo sviluppo del paese, versione corrente del patto fra produttori (lavoratori e padroni). Al primo punto del documento sta un bilancio dell’attività contrattuale a larga maggioranza unitaria (83 CCNL firmati su 89), ma anche la contrattazione aziendale (esclusa FIAT) in larga misura unitaria, apoteosi unitaria quella sociale (con regioni e comuni). Quindi i rapporti con Confindustria ci sono, anzi occorre partire da qui per mettere a regime un definito e condiviso modello contrattuale. Peccato che i contratti non unitari (e separati voluti da Confindustria, padroni vari e blocco nel settore del Pubblico Impiego) rappresentino la maggioranza delle/i lavoratrici che nei fatti si trovano senza CCNL. Sul piano salariale si è andati andati oltre l’IPCA, ma poco importa se non c’è il recupero dell’inflazione e se nel paese esiste un regime di bassi salari non eludibile. I contratti unitari hanno rafforzato la bilateralità non sostitutiva delle funzioni del pubblico ed anche qui è esattamente l’opposto, visto che è lo Stato stesso che definisce le funzioni che delega agli enti bilaterali. Ma la vera operazione sta nel punto che analizza il contesto socio-economico (non entriamo nella confusa e dilettantesca analisi per altro funzionale), la crescita e l’aumento della produttività, ottenendo la quale in sede aziendale, si avrebbe un’equa distribuzione salariale. Il resto vien da sé: CCNL leggero, non prescrittivo e massima espansione della contrattazione aziendale, una sorta di supermarket dove tutte le esigenze possono essere soddisfatte e il ruolo centralizzato a livello confederale di stabilire la cornice di settore condivisa tra le parti Si afferma la esigibilità del ruolo confederale, quindi scomparsa totale della democrazia diretta e del ruolo delle/i lavoratrici nel validare - attraverso lo strumento referendum - le piattaforme e gli accordi; nessuna riforma delle RSU, ma si caldeggia l’entrata di loro rappresentanti nelle amministrazioni; ora sicuramente non dove si compilano le distinte base, per cui spetta alla CISL scrivere questa parte (la famosa partecipazione). L’inquadramento professionale si sposta in sede aziendale, ma senza linee guida si apre in questo modo ai salari di linea, di reparto, di posto singolo di lavoro. E la chicca finale, vero marchio di fabbrica, è il ritorno alla concertazione in modo autoritario: “I partecipanti tutti sono vincolati nei comportamenti una volta firmati gli accordi”. Vien da domandarsi ma quali sono gli obiettivi socio-economici per un sindacato in sì fatta minestra? Esercizio retorico chiederselo per i lavoratori. E’ sicuramente peggiorativo rispetto all’accordo del luglio ’93. IL prossimo CDN è fissato per il 12/13 maggio: risulta evidente che diventa centrale lo sciopero del 6 maggio, la sua riuscita e in termini di ampia mobilitazione . Viap |
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