Gheddafi non concede al suo popolo che solo due opzioni: schiavitù o morte. Gli USA, da parte loro, hanno fatto capire quale sia la loro soluzione per la crisi: e cioè sia Gheddafi che gli USA. E' certo che i ribelli libici abbiano ancora il morale alto nonostante tutto, ma è anche certo che il destino della rivoluzione, incluso il destino di ogni libico che si è sollevato per la propria liberazione, sembra ora veramente compromesso.
Molti resoconti danno per certo che un grosso contingente di poliziotti e di teppisti del regime stia preparando un nuovo attacco contro i manifestanti in Piazza Taqeer. Ma ancora una volta, i giovani sembrano essere determinati nel tenere in vita la loro rivoluzione.
Il Bahrain ospita una delle più grandi basi militari USA nella regione e nel mondo, per cui nessuno può dire che un intervento saudita possa avvenire senza il consenso degli USA. Il che significa che questi regimi, queste dittature, si accingono a mettere in atto la più dura repressione possibile contro i loro popoli al fine di mettere fine all'ondata di ribellioni e di proteste che chiedono libertà, uguaglianza, partecipazione politica ed una vita dignitosa per tutti.
E' chiaro che a volta, a causa della brutalità della repressione dei regimi o della debolezza popolare, non si possa vincere senza sostegno internazionale delle masse di altri paesi. Infatti, questo è molto più di un appello alla solidarietà o ad un supporto temporaneo. Questo è un appello ad azioni unitarie contro i nostri stessi nemici. Se è vero che alcuni rivoluzioni non possono vincere solo sulla base dell'azione delle masse a livello locale, è anche vero che queste dittature non possono sopravvivere o mantenere la loro repressione senza il sostegno delle grandi potenze mondiali, dei centri del "nuovo ordine" globalizzato, le potenze imperialiste. Se esse sono alleate, allora anche noi dobbiamo essere alleati nelle nostre lotte, noi, le masse sfruttate di tutto il mondo. E' chiaro che i nostri popoli hanno di fronte gli stessi nemici, che la nostra vittoria è anche la vostra vittoria e che la nostra sconfitta è anche certamente la vostra.
Ricordiamo ancora l'insorgere del movimento contro la guerra prima e durante l'invasione di USA e Regno Unito in Irak; ma quel movimento non poté cambiare il corso degli eventi che poi seguirono. Questo fu vero in parte anche a causa della natura di chi si opponeva allora all'aggressione imperialista. Purtroppo quello che allora si opponeva alle potenze imperialiste era un regime repressivo, odiato dal popolo, per cui la sua sconfitta era una certezza, ed il movimento contro la Guerra segnò uno stop. Ora, coloro che stanno lottando sono le masse stesse, in modo davvero coraggioso. Bisognerebbe conoscere da vicino la determinazione ed il coraggio di coloro che sono scesi in strada contro alcune delle più brutali e sanguinarie dittature sulla faccia della Terra, come quelle in Egitto, Tunisia, Libia, Yemen, Bahrain, Irak, e persino nelle province occidentali dell'Arabia Saudita. A centinaia sono morti (migliaia nel caso della Libia), a migliaia sono rimasti feriti in questa lotta che è ancora in corso quasi ovunque nella regione. Il popolo ha combattuto coraggiosamente nelle strade, a mani nude, con le bottiglie molotov e con la determinazione di voler conquistare la libertà contro poliziotti super-armati e contro gli scagnozzi dei governi, ed in certi casi persino contro gli stessi militari.
Le masse sono ovunque pronte per una lotta più dura, una lotta per il loro futuro e per la libertà, pronte a lanciare un contrattacco contro i loro sfruttatori. Come è successo in Tunisia ed in Egitto ed altrove nel mondo arabo, i popoli di ogni dove sono stufi e disposti a ritornare alla lotta più che mai. Oltre alle urgenti azioni di solidarietà, si può dare inizio a nuove iniziative di protesta ed altre forme di azione diretta, su una scala ancora più ampia, contro i nostri comuni nemici, a difesa dei nostri comuni interessi.
Facendo parte della sinistra libertaria, sono profondamente convinto che le lotte in corso in Medio Oriente perseguano obiettivi chiaramente libertari, ma questo non è il tempo per il settarismo tra le file della sinistra rivoluzionaria internazionale, tra le organizzazioni anticapitaliste e tra gli attivisti. Senza rinunciare ai fini libertari delle lotte e senza usare mezzi autoritari, questa lotta deve essere la battaglia comune di tutti i rivoluzionari e di tutti gli attivisti anticapitalisti e, soprattutto, la battaglia per gli interessi comuni delle masse ovunque. Mi rendo conto che le rivoluzioni sono in corso e che si può sia vincere che essere sconfitti. Dopo quelle che sono sembrate "facili" vittorie in Tunisia ed Egitto (ma in realtà non è così ovviamente), ora siamo nella parte più difficile della nostra lotta, e come il movimento dei lavoratori ben sa fin dalle sue origini, una tale lotta può essere vittoriosa solo a livello internazionale.
La lotta in corso non è un'eccezione. Naturalmente, queste lotte non sono di quelle a carattere puramente proletario e lo stesso proletariato locale vi ha avuto finora un ruolo minore. Ma la verità è che tali lotte hanno un potenziale molto alto per un indipendente movimento di massa dei lavoratori. Proprio ora, di fronte all'occupazione militare saudita, i sindacati del Bahrein hanno indetto uno sciopero generale, mentre i manifestanti stanno le strade principali del piccolo paese. Gli operai in Tunisia, nella città mineraria di Métlaoui, si stanno scontrando con la polizia mentre protestano per le loro rivendicazioni e ci sono già 2 morti nella città su cui il governo tunisino ha imposto in coprifuoco. Le cose si stanno mettendo peggio anche in Piazza Taqeer a Sana'a, nello Yemen, dove la dittatura sembra preparare un massacro su vasta scala.
I manifestanti in Libia, Yemen e Bahrain saranno ancora più coraggiosi e più forti se potranno sentire un sostegno internazionale tale da fare la differenza in questo periodo critico che vede le masse arabe in lotta per la loro libertà.
Mazen Kamalmaz
anarchico siriano
Traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali