Lo scopo delle menzogne mediatiche è quello di criminalizzare gli anarchici, le cui lotte danno fastidio. La violenza fascista (90 aggressioni in Italia in un anno, diverse anche locali) non si ferma con le sole iniziative culturali. I compagni che resistono, memori della lotta partigiana, hanno tutta la nostra solidarietà.
Ma gli articoli di giornale sulla presunta spedizione punitiva di 20 anarchici contro quattro poveri militanti della Fiamma Tricolore superano abbondantemente la vergogna.
I fatti sono questi (e, purtroppo per i giornalisti, tanta gente che era presente può confermarli).
Sabato 27 febbraio, a Rovereto, un gruppetto di fascisti staziona all’esterno del bar De Min. Dopo un po’ vengono raggiunti da altri militanti della Fiamma da loro chiamati. Alla fine sono 7-8. All’Einstein – bar poco lontano – c’è un gruppo di anarchici (una decina).
A un certo punto un fascista si avvicina ai compagni cominciando provocatoriamente a scattare delle foto col cellulare. Diversi ragazzi gli dicono di smetterla. Un altro fascista, all’improvviso, colpisce una compagna con una bottigliata in pieno volto (provocandole pesanti lesioni). A quel punto i compagni e le compagne reagiscono.
Il fascista finito al Pronto Soccorso (candidato sindaco della Fiamma e noto picchiatore) si presenta ora come povera vittima, inventandosi un’aggressione da parte di più di 40 anarchici (!) nonché mazze chiodate, coltelli e catene che nessuno aveva.
Semplicemente, questi nipoti del Duce (personalmente responsabili di svariate aggressioni a ragazzi di sinistra o alternativi) non avevano, sabato scorso, la Celere a difenderli. E i compagni non sono stati lì a prenderle.
Come al solito, i fascisti sono andati a piagnucolare dagli sbirri. Infami senza dignità.
La versione dei giornali è dunque completamente rovesciata.
Lo scopo delle menzogne mediatiche è quello di criminalizzare gli anarchici, le cui lotte danno fastidio.
La violenza fascista (90 aggressioni in Italia in un anno, diverse anche locali) non si ferma con le sole iniziative culturali. I compagni che resistono, memori della lotta partigiana, hanno tutta la nostra solidarietà.
Rovereto, primo marzo 2010