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Obama e l'America Latina: un imperialismo amichevole?

category nord america / messico | imperialismo / guerra | opinione / analisi author Wednesday June 11, 2008 17:37author by José Antonio Gutiérrez D. Report this post to the editors

Con la nomina ufficiale di Obama a candidato del Partito Democratico per le prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti, sono in molti coloro che sperano in lui per la fine della politica estera aggressiva ed imperialista degli USA. Un saggio proverbio dice che non importa di che colore sia il gatto finché continua ad acchiappare i topi. Eppure nell'ambito della sinistra latino-americana sono in molti a non rammentarlo ed a nutrire aspettative verso Obama, che ha ottime chances per subentrare a Bush alla guida della Casa Bianca. [ Castellano] [ English]
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Obama e l'America Latina: un imperialismo amichevole?


Il seguente articolo cerca di dissipare le false speranze che vengono riposte in Obama perché metta fine alla politica imperialista degli Stati Uniti. Si affianca, ma in una prospettiva latinoamericana, all' articolo di Wayne Price su Obama.

Con la nomina ufficiale di Obama a candidato del Partito Democratico per le prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti, sono in molti coloro che sperano in lui per la fine della politica estera aggressiva ed imperialista degli USA [1]. Un saggio proverbio dice che non importa di che colore sia il gatto finché continua ad acchiappare i topi. Eppure nell'ambito della sinistra latino-americana sono in molti a non rammentarlo ed a nutrire aspettative verso Obama, che ha ottime chances per subentrare a Bush alla guida della Casa Bianca.

Che differenza c'è tra un nero Democratico ed un bianco Repubblicano?

"Oh, ma lui è un candidato nero!" ci hanno detto. Come se la presenza di un nero - sì solo 1! - negli ingranaggi di un meccanismo istituzionale razzista possa spostare qualcosa per gli immigrati e gli abitanti dei ghetti degli Stati Uniti. Ed a questo proposito va ricordato che Obama è stato già obbligato a prendere le distanze dal suo pastore Jeremiah Wright, noto per le denunce contro il razzismo istituzionalizzato negli USA, ed ha dovuto ricorrere a piene mani alla quella retorica ormai screditata che ancora parla degli Stati Uniti come della "terra delle opportunità". Essendo un nero di fresche radici africane e quindi una sorta di corpo alieno nelle tradizionali sfere del potere statunitense, Obama sente sulle sue spalle una pressione che nessun altro candidato rivale ha dovuto subire e che lo costringe a dimostrarsi affidabile per la plutocrazia yankee. Obama va in questa direzione, con un fervore mai visto verso i valori ed il progetto del modello americano. Con il fanatismo del neo-convertito, vuole dimostrare il suo credo ai suoi e lo fa in un modo che non serve a coloro che già bruciano di fede.

Ci sono coloro i quali pensano che il colore della pelle, dovuto a qualche curioso effetto intellettuale ed emozionale della melanina, potrebbe rendere il potenziale capo di stato degli USA più sensibile alle sofferenze del Terzo Mondo e delle sue nuove colonie. Forse che la presenza di Condoleeza Rice nella precedente amministrazione ha portato qualche cambiamento significativo nella politica USA verso il Medio Oriente o l'America Latina? Magari c'è anche stato, ma in senso peggiorativo. E così Colin Powell ha forse marcato qualche differenza nel governo Bush oppure ha impedito l'invasione di Afghanistan, Iraq o il Piano Colombia?

"Ah, ma lui è un democratico!" ci hanno detto. Ma si dimentica che fu Kennedy, anche lui Democratico, che spinse per l'invasione della Baia dei Porci (Cuba) e che fu sempre lui che, applicando la teoria del bastone e della carota, sostenne per l'America Latina il bluff sviluppista dell'Alleanza per il Progresso, mentre andava implementando la "Dottrina per la sicurezza Nazionale"! Si dimentica che fu Clinton a far bombardare l'Iraq (1998) e la Somalia (1994)! Senza contare i morti nei Balcani... Si dimentica che fu il criminale embargo imposto da Clinton sull'Iraq, a provocare, secondo dati UNICEF, la morte di almeno 500,000 bambini! Si dimentica che fu Clinton a dare inizio alla storia delle armi di distruzione di massa dell'Iraq!

Obama ed il (vecchio) Nuovo Ordine Mondiale

Obama è senza dubbio critico sull'invasione dell'Iraq, ma non è favorevole alla fine dell'occupazione, limitandosi solo alla riduzione del personale militare, che resterà perché necessario a garantire la lealtà del regime iracheno, per addestrare l'esercito iracheno e per "combattere la minaccia di Al-Qaeda" [2]. Le sue critiche all'linvasione dell'Iraq sono di carattere formale e non sostanziale; non si concentrano sui costi umani che paga il popolo iracheno, né si interroga sulla logica perversa degli interessi petroliferi che stanno dietro l'occupazione; si limita a criticarne il peso eccessivo sul bilancio federale USA. Pare proprio che di fronte alla questione irachena, le differenze tra Democratici e Repubblicani siano più di natura quantitativa che qualitativa. Pare proprio che avremo una guardia pretoriana yankee in Medio Oriente... per sempre.

Sulla questione palestinese, Obama è stato chiarissimo: in marzo, ebbe modo di criticare quella "visione la quale ritiene che i conflitti in Medio Oriente siano dovuti soprattutto all'azione degli alleati degli USA come Israele, invece che cercarne le ragioni nelle ideologie perverse e cariche di odio dell'islam radicale" [3] C'è qualcuno che sa spiegare qual è la differenza tra la visione di Obama sul Medio Oriente e quella che hanno i falchi del Pentagono? Al pari di Bush, Obama non è capace di "vedere" il legame che esiste tra il conflitto in Palestina e certi "dettagli minori" quali l'occupazione delle terre palestinesi, il terrorismo di stato di Israele (uno Stato fondato, non lo si dimentichi, sull'esproprio della terra e sull'evacuazione violenta e forzata dei Palestinesi), il razzismo istituzionale che vige in Israele,, del tutto simile per molti aspetti alla apartheid che c'era in Sud Africa, se non addirittura peggiore, come accade nella Striscia di Gaza. Se si tengono presenti questi fattori, ci si rende conto di quanto Obama faccia il furbo...

Ma qual è la posizione di Obama sull'America Latina? Anche in questo caso il suo programma è molto chiaro e muove da critiche alla politica di di Bush nell'area. "Ci siamo allontanati dall'America Latina. La nostra spesa globale per aiuti esteri all'America Latina è pari al 2.7 miliardi di dollari, approssimativamente quanto spendiamo in una settimana in Iraq. Non c'è da sorprendersi allora, se si vedono in giro personaggi come Hugo Chavez e paesi come la Cina che occupano il vuoto lasciato da noi, a causa della nostra negligenza." [4]

Una Nuova Alleanza per il Progresso? Ci serve? La vogliamo?

Cosa offre Obama all'America Latina? Forse qualcosa di peggiore rispetto a Bush: certamente più intervento, maggiore dominio, maggiore interferenza negli affari interni, più morte. La politica del meno peggio diventa così un crudele paradosso nella grandeur imperiale che Obama lascia intravedere quando parla del suo "cortile di casa". Ora che gli USA sono stati soppiantati sui mercati latinoamericani dalla Cina e dalla UE [5], che stanno penetrando trionfalmente con i loro Accordi di Libero Scambio, ma anche dalla nuova potenza regionale emergente del Brasile (senza dire dei brividi che dà a Washington e della minaccia che rappresenta per l'egemonia USA il progetto di unità regionale guidato da Chavez), Obama dice apertamente che è pronto a riprendersi il terreno perduto ed a trasformare l'America Latina in un campo di battaglia. La competizione per i nostri mercati è altrove e non ha importanza chi sarà il vincitore nella globalizzazione, dato che a rimetterci sarà solo la nostra gente.

E per fugare ogni ombra di dubbio sulle sue pretese imperiali sulla nostra America, Obama ha declinato il suo programma completo verso l'America Latina il 23 maggio scorso in un discorso tenuto presso la Fondazione Cuba America a Miami (e dove, se no?) [6]:

  1. Relazioni diplomatiche dirette con Cuba, ma senza togliere l'embargo.
  2. Isolare il Venezuela ed i suoi alleati nella regione, tacciandoli di sostenitori delle FARC-EP.
  3. Le FARC-EP hanno per Obama lo stesso ruolo che ha Al-Qaeda in Medio Oriente: sono la scusa perfetta per giustificare un intervento nell'area. Infatti, Obama si spinge fino a dire che non sarà tollerato che i militanti di questa organizzazione si trovino dei santi in paradiso fuori della Colombia, né sarà tollerato ai regimi locali qualsivoglia sostegno ad essi, con chiaro riferimento al Venezuela ed all'Ecuador, già attaccati dai media statunitensi.
  4. Assoluto sostegno al Piano Colombia ed al regime fascista di Uribe nel paese - ma Obama resta comunque contrario ad un accordo di libero scambio con questo paese, di modo da non contrariare i suoi sostenitori negli USA che restano fortemente contrari ad una maggiore liberalizzazione degli scambi con la Colombia. Vedremo se sarà così anche dopo le elezioni.
  5. Aumentare il budget per il Piano Merida, il quale con il pretesto della "Guerra alla Droga" (una sorta di locale variante della Guerra al Terrore), non è altro che l'ultimo meccanismo di controllo sociale sull'America Latina. Ma Obama è andato oltre, dichiarando che egli intende espandere più a sud l'attuale area di operazioni in Messico ed America Centrale... ce l'ha forse con l'asse delle Ande che corre dal Venezuela alla Bolivia?
Niente di nuovo sotto il sole. Tranne una politica di intervento più aggressiva, cosa del resto ben nota dalle nostre parti, e la continuazione di un vecchio paternalismo, anche se in forma più baldanzosa.

La politica di Obama verso l'America Latina non è dunque diversa da quella di Bush verso il Medio Oriente, salvo che per un adattamento dei nemici alle circostanze locali e della storia: per cui le FARC-EP stanno al posto di Al-Qaeda, la Guerra alle Droghe al posto della Guerra al Terrore, Chávez al posto di Saddam Hussein ed il Venezuela al posto dell'Iran. Ed il progetto regionale indipendente di Venezuela, Bolivia ed Ecuador, che si muove senza il consenso di Washington, costituisce il nuovo "Asse del Male".

Obama descrive il Venezuela come un regime autoritario, dalla politica diplomatica mercantile a colpi di slogan Anti-Americani, che riproduce le "false promesse" di quelle "ideologie fallite del passato" [7]. E che cosa offre invece Obama? Sostegno incondizionato per i regimi autoritari come quello di Uribe [8], politica diplomatica a colpi di dollari - più intervento economico, offerte di microcredito, ed affari sporchi per aumentare la nostra dipendenza - e vuote promesse in nome di ideologie fallite come il Washington Consensus. Tutte queste banalità, tuttavia, sono ancora nel segno della vecchia Dottrina della Sicurezza Nazionale. E nel tentativo di riciclare questi programmi di intervento, Obama si spinge persino a lanciare niente meno che una Nuova Alleanza per le Americhe [9], molto simile a quel fiasco che fu la Alleanza per il Progresso lanciata da Kennedy negli anni '60.

Obama go home!

E' del tutto naturale che Obama incrementi la virulenza della politica imperialista verso l'America Latina; in fondo, egli sa che diventerà il comandante in capo di una nave che sta affondando, di un impero impantanato in un mare di guai politici, economici e militari. La profondità della crisi degli USA questa volta non è la risultante dei desideri allucinati di un pugno di sinistrorsi utopisti - oggi sono invece i potenti come Soros ed economisti come Stiglitz i principali profeti della nuova crisi. Ogni impero in crisi cerca di risollevarsi in un aumento del livello di violenza, proprio come fa uno che sta per annegare e che cerca di tenersi a galla smanacciando alla cieca sulla superficie dell'acqua. Così sta facendo Obama con le minacce rivolte al Venezuela ed all'Iran.

Ogni annuncio serve solo a ridare luce alla sua immagine, a far vedere una qualche novità su una facciata che nasconde invece una politica ormai finita. Ed è stato proprio questo declino dell' "American Way" che ha reso possibile ciò che nessuno pensava potesse mai accadere... un candidato nero! Il capo perfetto per questa crisi, un'operazione cosmetica affinché l'essenza del sistema di dominio resti inalterata: del resto l'imperialismo non ne ha mai fatto una questione di melanina.

Certamente la politica imperiale degli USA non è cosa che tocca decidere ad un singolo presidente: essa è imperniata nell'apparato di stato yankee, nelle forze sociali che danno forma alla vita della nazione, e c'è una sola forza che può alterare questo sistema di cose, sono le lotte popolari dal basso, alla base. Perché è bene ricordarsi di una cosa che noi latinoamericani tendiamo frequentemente a dimenticare: gli USA sono anche il popolo, la classe lavoratrice. Se un cambiamento ci sarà, dipenderà da questi. Un presidente, al massimo, può decidere quale modello imperialista vuole applicare, se un modello alla Neanderthal oppure un "consenso obbligato" con la forza.

Sarà bene non farsi false illusioni. L'imperialismo non può essere riformato, né può essere sconfitto nell'urna elettorale. Può essere sconfitto solo nelle strade, nei posti di lavoro, nelle scuole e nelle università, con le lotte nelle campagne e nelle città, quelle lotte che facciamo in ogni angolo del pianeta. Per quanto le lotte siano dure e difficili, sono l'unica scelta realistica che abbiamo.

Non ce lo dimentichiamo, negli USA, c'è anche il popolo. Ma come fu per la caduta della dittatura Salazarista in Portogallo, la spinta iniziale venne dalle lotte anticoloniali in Africa (Angola, Mozambico, Guinea-Bissau), quale innesco per la Rivoluzione dei Garofani. L'imperialismo USA e la dittatura globale cadranno con la spinta delle nostre lotte anti-coloniali in Medio Oriente ed America Latina. Ma è una lotta che appartiene al popolo, alla classe lavoratrice, che non potrà contare su nessun altro alleato che sulla propria solidarietà reciproca: se Ayiti (Haiti), se la Colombia, se tutta l'America, se la Palestina, se il Medio Oriente, pensano che le risposte ai loro enormi problemi possano arrivare dalla Casa Bianca, allora resteranno ad aspettare per l'eternità...

José Antonio Gutiérrez D.

05 giugno 2008

Traduzione a cura di FdCA-Ufficio relazioni Internazionali


Note:

[1] Una dimostrazione di ottimismo che si avvicina al delirio è rappresentata dalla seguente nota redazionale http://espanol.news.yahoo.com/s/ap/080604/latinoamerica/aml_pol_eeuu_elec_latinoamerica
[2] http://www.barackobama.com/issues/iraq/ http://www.ontheissues.org/Celeb/Barack_Obama_War_+_Peace.htm
[3] http://electronicintifada.net/v2/article9427.shtml
[4] http://www.ontheissues.org/Celeb/Barack_Obama_War_+_Peace.htm
[5] http://www.anarkismo.net/newswire.php?story_id=8809
[6] http://espanol.news.yahoo.com/s/23052008/54/latinoamerica-obama-permitir-viajes-familiares-cuba-mantendr-embargo-econ-mico.html
http://espanol.news.yahoo.com/s/23052008/54/internacional-obama-considera-necesaria-nueva-alianza-latinoam-rica.html
http://espanol.news.yahoo.com/s/ap/080523/eeuu/amn_pol_obama_latinoamerica
[7] http://espanol.news.yahoo.com/s/23052008/54/internacional-obama-considera-necesaria-nueva-alianza-latinoam-rica.html
[8] Vedi http://www.anarkismo.net/newswire.php?story_id=8977 e http://www.anarkismo.net/newswire.php?story_id=9006
[9] http://espanol.news.yahoo.com/s/ap/080523/eeuu/amn_pol_obama_latinoamerica

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