user preferences

Recent articles by Gianni Cimbalo
This author has not submitted any other articles.
Recent Articles about Internazionale Religione

Φεντεραλισμa... Jan 13 16 by Μ. Μπακούνιν 

Sam Harris, New atheism and Islam Aug 06 15 by Mazen Kamalmaz

Ο Θεός είναι τ&... Apr 12 15 by Μιχαήλ Μπακούνιν

Laicità come strumento di educazione alla convivenza

category internazionale | religione | opinione / analisi author Friday January 11, 2008 22:02author by Gianni Cimbalo Report this post to the editors

In considerazione della portata generale del concetto di laicità che incide sulla tutela multilivello dei diritti e sulle relazioni tra le istituzioni e le confessioni religiose, nelle considerazioni che seguono si svilupperà una riflessione che prescinde in parte dal significato attribuito al termine laicità dall'ordinamento italiano, per sviluppare alcune considerazioni generali "di sistema", soprattutto de jure condendo.



Laicità come strumento di educazione alla convivenza

Nozione:

Il termine laicità nasce nel XIX secolo dalla radice laïc. Questo termine, che nell'ambito religioso indicava la non appartenenza al clero, si trasforma in laïcque per indicare colui che si colloca sotto il segno della laicità, ovvero si emancipa da una confessione, privilegiando il suo ruolo di membro della società civile .

Il termine laico tuttavia assume uno specifico significato in ambito giuridico nei sistemi di civil law e viene utilizzato per sottolineare l'emancipazione dell'ordinamento giuridico dalla tutela di qualsiasi confessione religiosa . L'elaborazione del concetto di laicità si sviluppa nello spazio aperto dall'introduzione nelle Carte Costituzionali moderne del principio di separazione tra Stato e confessioni religiose e consente, alle istituzioni civili di creare un proprio autonomo catalogo di valori ai quali ispirare le regole di convivenza fatte poi proprie dagli ordinamenti .

La "manipolazione concettuale" di questo termine da parte degli ordinamenti giuridici ha portato ogni Paese a dare una propria configurazione del principio di laicità, al punto che questo è uno dei pilastri che concorre oggi, in molti ordinamenti, a definire la forma di Stato . L'assunzione del principio di laicità tra i formanti degli ordinamenti giuridici degli Stati consente la migrazione di questo principio nel diritto internazionale e contribuisce in modo sostanziale a conferirle la capacità di mediare tra ordinamenti permeati da differenti valori etici, alla ricerca di denominatori comuni . Proprio a causa del valore che il principio di laicità assume, esso viene utilizzato dagli Stati che danno vita all'Unione europea in un modo originale e nuovo, al punto da divenire in questa accezione uno dei parametri attraverso i quali si garantisce la concorrenza in materia di confessioni religiose . Il principio di laicità così utilizzato concorre a definire un concetto nuovo di confessione religiosa: per l'Unione esse sono "agenzie del sacro", ovvero di soggetti che operando sul mercato cercando di soddisfare la domanda e i bisogni di spiritualità e di fede, offrono il proprio "prodotto" . E' interessante notare che l'adozione di questo criterio di classificazione delle confessioni consente di tenere conto e regolamentare le attività economiche poste in essere da loro e da qualunque altro soggetto che chiede agli ordinamenti nazionali, e a quello comunitario, il riconoscimento della personalità giuridica in ragione del fatto che i suoi fini sono quelli di dare una risposta a domande di carattere etico che consentono il concreto realizzarsi di valori sul piano esperienziale e spirituale, oltre che materiale .

In considerazione della portata generale del concetto di laicità che incide sulla tutela multilivello dei diritti e sulle relazioni tra le istituzioni e le confessioni religiose, nelle considerazioni che seguono si svilupperà una riflessione che prescinde in parte dal significato attribuito al termine laicità dall'ordinamento italiano, per sviluppare alcune considerazioni generali "di sistema", soprattutto de jure condendo.

1.1. La laicità come valore.

La laicità viene assunta dagli ordinamenti come strumento per emanciparsi dalla tutela ecclesiastica, come principio fondante per far fronte al bisogno di costruire valori propri ai quali ispirarsi, per indicare ai cittadini i principi cardine della convivenza civile. Il perseguimento della ricerca della felicità attraverso la garanzia per tutti della libertà, dell'uguaglianza e della fratellanza, valori tipicamente laici propugnati dalla rivoluzione francese, rappresenta un momento fondante di una nuova etica destinata a porre le basi del superamento della visione cristiana della vita e dell'"ordine sociale naturale" che essa propugna.

Niente più rispetto dei ruoli sociali e accettazione supina della condizione di origine, niente più rassegnazione ad accettare la disuguaglianza e l'obbedienza, ma opzione per una vita vissuta per sé, nell'aspettativa di realizzare sulla terra la felicità. Assunzione piuttosto della visione protestante dell'emancipazione attraverso le opere, introiezione di quella visione dell'uomo che il mercantilismo prima, il capitalismo poi hanno dato con l'elevazione della libertà al di sopra di ogni potere altro da sé, e quindi anche da Dio; dell'uguaglianza come rigenerazione costante del momento della creazione, di quel cammino tendenziale che consente a tutti gli uomini – partendo dalla medesima condizione – di raggiungere i traguardi più grandi, di realizzare la propria personalità, anche sovvertendo, se necessario, l'ordine sociale, alla ricerca della felicità in questa vita. La felicità è di questo mondo e può realizzarsi mediante valori profani quali il piacere, la consapevolezza di sé, la conoscenza dell'universo, la scoperta delle leggi della natura, il prevalere sulla malattia, attraverso la medicina e lo sviluppo della ricerca scientifica; e tutto ciò alla ricerca della piena realizzazione dell'uomo. In questa prospettiva di autogestione della propria umanità l'uomo disconosce ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio per affermare che tutto è dell'uomo .

Più tardi il comunismo, assunto come condizione ideale dell'uomo, porterà all'estremo questa ricerca, teorizzerà il superamento della religione come oppio dei popoli . Una intera gamma di percorsi esistenziali e di vita appariranno possibili all'uomo . La chiave per scegliere quale soluzione adottare non potrà che essere la libertà, altro valore laico, in quanto nella sua pienezza esso si realizza rompendo le catene imposte dall'idea stessa di Dio all'uomo e alle sue possibilità. Non vi è infatti chi non veda che lo stesso peccato originale discende dalla disobbedienza a Dio in nome della libertà, in ragione della ricerca comunque della conoscenza attraverso la sperimentazione di ogni esperienza, al punto che – come acutamente rilevato dai padri inquisitori – lo stesso merito sperimentale rappresenta la negazione del principio di obbedienza, è atto di orgoglio derivante dal conoscere .

La rivisitazione del concetto di libertà, operata in Francia alla fine del XVII secolo in applicazione dei principi propugnati dall'illuminismo, porta dunque con se una nuova visione del mondo. La libertà affermata dalla "Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e del cittadino" segna la liberazione e l'affrancamento dalla tutela di Dio, anche dal Dio cristiano nel quale tutto ha origine e tutto si ricompone. E' la liberazione della scienza e della conoscenza, è la rivalutazione del metodo sperimentale come strumento dell'indagine scientifica, è la coscienza della indagabilità della natura e delle sue leggi che sono frutto di un ordine naturale e al tempo stesso casuale, che prescinde o almeno può prescindere dalla volontà di Dio . La stessa creazione è in discussione, sostituita da ipotesi sull'origine della vita e delle specie, tutte necessariamente vere, tutte probabilmente false, e comunque meritevoli di essere discusse, verificate, attraverso il metodo scientifico, attraverso le sperimentazioni e le analisi costruite dall'intelletto, dalla speculazione scientifica .

Ma la libertà non vive da sola ed essa non è completa, non si realizza – come si è detto – senza l'uguaglianza, la quale è la negazione delle differenze sociali, è l'affermazione delle pari opportunità, è la garanzia della felicità possibile, presuppone il pari accesso alla conoscenza per tutti, è l'annientamento del personalismo cattolico, dove ognuno nasce schiavo del peccato originale, si emancipa in Dio, accetta la vita che gli è data, sceglie grazie al libero arbitrio, ma tra i percorsi possibili, tutti diversi in nome di una diversità programmata e immodificabile di destini segnati dalla ricerca della salvezza in Dio, in una vita che è solo di passaggio verso quella vera, nei cieli . Oppure è negazione della predestinazione propria della teologia protestante, del destino già scritto nel grande libro della vita: esso può essere mutato, grazie alla volontà, da ogni essere umano al quale una società laicamente solidale, fraterna, garantisce pari opportunità, pari diritti, uguali libertà .

Questi valori si trasfondono negli ordinamenti attraverso le Costituzioni, transitano nel diritto positivo, impregnano di sé la legge penale come quella civile, contribuiscono a creare un catalogo dei diritti e dei doveri che, come una galassia, si espande in tutte le direzioni, costringendo lo stesso diritto naturale e soprattutto i diritti divini a scendere a patti, a mediare norme possibili, a modificare se stessi, a secolarizzarsi se non vogliono scomparire, sommersi dalla capacità aggregante e espansiva del bisogno di felicità e di benessere.

Attraverso il diritto internazionale questi valori si fanno globali e costringono ordinamenti altri, nati sotto il segno di altre culture, di altri Dei, di altre etiche, a misurarsi, quanto meno a mediare l'interpretazione e il vissuto dei propri precetti, a secolarizzarsi poter sopravvivere .

Da qui la laicità come valore che racchiude in se la portata dirompente e rivoluzionaria della libertà, della uguaglianza, della fratellanza, tra loro combinate, che separano l'uomo da Dio, che ne fanno un essere altro, individuo, libero di confrontarsi e di crescere forte del valore di se.

1.2. Le radici non religiose della laicità.

Così intesa la laicità non è un valore di derivazione religiosa. Essa prescinde da Dio, è tutta impregnata dei valori dell'uomo, del suo bisogno di umanità, del suo desiderio e della sua esigenza di uguaglianza, della sua aspirazione alla conoscenza, della sua debolezza, delle sue incoerenze, delle sue miserie, delle sue contraddizioni, dell'assenza di una verità rivelata e perciò certa, perché ricca dell'incertezza e del dubbio, della mancanza di conoscenza, del bisogno di verificare e scoprire una lettura possibile dell'universo e del mondo, ma non per questo certamente vera .

Così intesa la laicità è quanto di più lontano vi sia dal cristianesimo, come da ogni religione, è un parametro, un criterio etico con una propria storia e proprie radici, un valore fondante della natura stessa dell'uomo che ha in mano il suo futuro, la sua vita e la costruisce in un mondo di verità relative, tutte vere e molteplici, perché possibili, perché parte dell'uomo e della sua capacità di conoscere, immaginare, creare, sognare senza i paletti posti da una verità rivelata, immutabile, scritta nella storia .

In questo senso la laicità è uno strumento di creazione di un'etica possibile e relativa che permette all'uomo di essere diverso e al tempo stesso uguale; diverso, unico, irripetibile e egualmente libero, di non essere prigioniero di un gregge, tenuto insieme dal pastore e dai suoi cani, ma di essere individuo nella moltitudine e insieme fratello del suo simile, compagno nella costruzione di un mondo possibile che lascia libero ognuno di ricercare se stesso nella propria umanità e al tempo stesso, non paradossalmente, in un Dio.

2. La laicità come strumento di governo.

Intesa in questo modo la laicità è strumento essenziale di governo, di gestione della fase. E' il valore necessario per gestire la diversità, le appartenenze in società ormai pluriculturali che solo in parte divengono multiculturali , ma conservano e perseguono spesso la ricerca in modo sempre più determinato delle diversità, che cercano di ricostruire le proprie radici con la contraddizione di vivere in uno spazio comune, rivendicato come proprio e esclusivo, ma da condividere con altri.

Prive dello strumento della laicità le società non riescono a conservare il bene fondamentale che è quello della pace, non riescono a realizzare la convivenza dei diversi, non possono gestire il relativismo dei valori e delle conoscenze, le diversità dei comportamenti e degli stili di vita . Non possono gestire le diversità di genere, le convivenze, le separazioni, l'educazione della prole, la trasmissione dei valori, le eredità della storia, le stesse tradizioni .

La laicità assume perciò il valore di formante culturale, di strumento operativo che permea di se l'ordinamento, si inserisce, si insinua nelle norme che regolano i diversi istituti giuridici, li plasma e li rende tra di loro coerenti, contribuendo a fornire al sistema giuridico i caratteri di strumento di libertà e di efficace gestione dei conflitti .

Anche la dove gli ordinamenti ricorrono agli statuti personali la laicità deve operare come comun denominatore, come elemento che concorre a costituire la base del sistema . Essa diviene parte essenziale, nucleo del pluralismo ideologico che fa da collante tra i differenti segmenti sociali . Il pluralismo giuridico e quello normativo non potrebbero efficacemente fare sistema senza ricorrere alla laicità come valore . Prova ne sia che quant'anche numerosi ordinamenti giuridici acconsentono a che sia il diritto dei privati, attraverso lo strumento dell'arbitrato, a regolare rilevanti rapporti sociali come quelli del matrimonio o i rapporti ereditari, magari ricorrendo ai diritti religiosi, il limite invalicabile è posto dalla possibilità del soggetto di ricorrere sempre e comunque alla tutela della legge generale, alla protezione di quel diritto dello Stato che geneticamente ha assunto la laicità come suo tratto distintivo e caratterizzante .

2.1. Dei gruppi.

Le Costituzioni del secolo scorso hanno la propensione a proteggere sia l'individuo che le formazioni sociali delle quali egli fa parte, riconoscendo che la piena realizzazione della persona avviene anche nell'ambito di queste e che nella vita di relazione si sviluppano quei comportamenti di solidarietà e di collaborazione che consentono il perseguimento di obiettivi economici, etici, culturali, religiosi . In questa visione lo Stato e la società si arricchiscono del contributo di differenti aggregati sociali che insieme alla famiglia e alle istituzioni concorrono a costituire gli ambiti differenti nei quali si sviluppa la persona umana. La tutela assicurata alle formazioni sociali – sancita nella costituzione italiana dall'art. 2 – va oggi certamente rivisitata, vigilando affinché questa non divenga uno strumento attraverso il quale limitare, a volte fortemente, la libertà della persona . Se è vero che è coerente con la nostra Carta costituzionale consentire la piena attuazione dell'art. 8 cost. stipulando intese con un numero sempre maggiore di confessioni dobbiamo avere chiaro che l'accordo stipulato non può consegnare i cives fideles nella completa e incontrollata gestione della confessione . L'accordo stipulato con le confessioni deve essere positivamente segnato dalla laicità e ciò significa far si che ogni deroga del fedele alla legge generale, accettata in nome dell'adesione alla confessione sia accompagnata da un atto di manifestazione della volontà, assolutamente libero da ogni influenza e condizionamento. Occorre inoltre che sia garantito in qualsiasi momento o condizione il diritto di recedere dall'appartenenza confessionale .

L'ordinamento non può mai e in ogni caso accettare che i diritti vengano negoziati, tanto più quanto questo avviene con gruppi etnici o confessionali che richiedono il rinvio ad un diritto autoprodotto . Il requisito della laicità delle istituzioni pubbliche deve essere anzi la condizione posta alle confessioni e accettata come inderogabile perché esse possano accedere alla trattativa, avendo chiaro che così operando si chiede alle confessioni di secolarizzarsi. Esse potranno ben rifiutare questo rapporto, ma non potranno chiedere allo Stato e alle istituzioni alcun supporto per far vivere il loro integralismo e soprattutto per imporre ai membri del culto determinati comportamenti .

Proprio per questa funzione positiva che svolge la laicità è oggi strumento e metodo insostituibile di governo di una società che vuole essere portatrice di valori di libertà e sceglie di non indulgere nella realizzazione di enclaves in nome di un malinteso diritto di libertà, del rispetto delle radici e dei valori culturali, delle credenze religiose, di un etnia o di un popolo , in quanto l'esperienza del diritto internazionale ci mostra che vi sono valori e diritti umani di fronte hai quali ogni altro valore, benché condiviso e radicato, deve cedere, cancellato dalla storia . Un esempio per tutti: la schiavitù comunque intesa!

Proprio per queste sue caratteristiche la laicità non può che essere un valore assoluto, valido e applicabile per tutti i gruppi. Si tratta tuttavia di un valore "speciale", poiché esso produce un metodo di approccio ai problemi, delle categorie di valori come il rispetto dell'altro, l'uguale dignità di tutte le culture e le religioni e le opzioni del credere, la tolleranza. Non può perciò esistere una laicità relativa che si tradurrebbe in una lettura a opera del gruppo maggioritario – sia esso religioso, culturale, etnico – di valori imposti agli altri, finendo per trasformarsi in uno strumento di dominio e di oppressione, invece che di libertà .

Ne bisogna pensare che sul piano dei valori etici il solo associazionismo possibile sia quello religioso perché formazioni sociali possono far proprio, del valore della non aconfessionalità, la ragione sociale del loro stare insieme .

2.2. Delle persone.

Per vivere veramente, per operare, la laicità deve essere condivisa, innanzi tutto a livello individuale. Essa deve tradursi in comportamenti e metodo, divenire elemento che qualifica l'agire quotidiano. Lo Stato non può che assicurare a tutti il diritto di liberarsi, in qualsiasi momento, di tutti i vincoli che sono imposti da credenze religiose, da convinzioni e abitudini culturali o etniche . Nel nostro ordinamento questo diritto è generale e assoluto, appartiene a cittadini e stranieri ed è sancito dall'art. 19 della nostra Costituzione che, nel mentre riconosce a tutti il diritto di professare e celebrare il culto, di farne propaganda, riconosce egualmente il diritto di non avere alcun culto, di non celebrare riti religiosi e di manifestare in alcun modo un'appartenenza religiosa . Non diciamo niente di nuovo la dove richiamiamo il combinato disposto dell'art. 19 e l'art. 3, ma forse sottolineano una esigenza divenuta sempre più urgente quando rileviamo che all'interno delle formazioni sociali, soprattutto religiose, i principi da esso sanciti devono operare sia nel senso di garantire l'uguaglianza che di rimuovere gli ostacoli individuati dallo stesso art. 3 Cost. .

Oggi che tornano a manifestarsi nelle società occidentali integralismi religiosi, etnici, culturali è bene che si torni a sostenere i valori della non appartenenza, la neutralità dei servizi e delle prestazioni pubbliche, la laicità della scuola, la piena giurisdizione dello Stato in materia di unioni affettive e matrimoniali, di tutela dei minori e dei soggetti deboli. Di fronte agli interrogativi posti dalla medicina e dalla ricerca nel campo della tutela della vita e della procreazione lo Stato rivendica oggi il proprio diritto a intervenire . Ma la sua legislazione non può che essere guidata dal valore della laicità, assunto come centro dell'intero patrimonio di esperienze valoriali, se le norme emanate vogliono conseguire una comune condivisione, vogliono unificare la società intorno a valori accettati da tutti . La creazione di enclaves omogenee al loro interno costruite in base ad appartenenze, etniche e/o culturali e/o religiose, distribuite sul territorio, tra le quali le persone transitano al mutare o manifestarsi del loro senso di appartenenza, costituisce un progetto di gestione della società e del territorio che porta alla dissoluzione delle identità collettive, all'incentivazione di un microcosmo di egoismi che esclude soprattutto la persona, la sua unicità, la sua personalità, la sua capacità di relazionarsi e vivere individualmente, oltre che in gruppo, la sua diversità, di evolversi e mutare con le esperienze, l'età, lo sviluppo delle relazioni sociali .

3. Lo status di cittadino.

Le richieste di riconoscimento di particolari e specifiche identità, manifestate dai gruppi di nuovo insediamento sul territorio, ingenerano nei residenti la ricerca delle proprie radici e la rivendicazione orgogliosa della propria storia . Da qui la tendenza a esaltare la qualifica di cittadini, a restringere la possibilità di acquisizione giuridica di essa per i nuovi venuti, la rivendicazione orgogliosa del diritto di sangue e la tendenza a ritenere connaturati allo status di cittadino valori condivisi, spesso associati al godimento di particolari benefici . Il possesso della cittadinanza diviene, insomma, lo strumento di difesa di privilegi e prerogative che non si vogliono condividere con altri e il bagaglio di valori e di principi etici di riferimento diviene la condizione da osservare richiesta a coloro che vogliono ottenere la cittadinanza. Questo percorso acquista le caratteristiche di un passaggio al campo avverso, di cesura dei vecchi rapporti a favore della potenzialità di intrecciarne di nuovi. In queste condizioni il percorso rischia di essere un transito da vecchi a nuovi integralismi, più radicalmente vissuti a causa del bisogno del "convertito" di farsi accettare . Il nuovo arrivato sarà il meno critico, il più ligio al rispetto delle regole, proprio per non sentirsi rinfacciare la propria origine, il meno pronto a discutere e a confrontarsi, il più impegnato ad opporsi a coloro che non si integrano e che rivendicano una propria identità .

Assumere la laicità come valore, che ha come prima conseguenza la neutralità delle istituzioni e dei servizi da esse erogate, è l'antidoto più potente a questa nuova forma di integralismo che spesso degenera in forme di razzismo prevalentemente verso gli appartenenti ai gruppi religiosi, etnici e culturali di provenienza altra. Lo strumento principale per la diffusione e la condivisione dei valori di laicità è, non a caso, la scuola, pubblica e gratuita, vero strumento per rimuovere quegli ostacoli che l'art. 3 della nostra Costituzione indica come causa di disuguaglianza .

3.1. La transizione verso lo status di cittadino.

La transizione verso lo status di cittadino inizia non solo con la conoscenza della lingua – considerato tra l'altro che oggi più lingue si possiedono, più si è competitivi sul mercato del lavoro – ma soprattutto con la contaminazione culturale, alimentare, religiosa, comportamentale . Ciò non vuol dire che il processo si compia con l'assimilazione, poiché questa sarebbe foriera di divisioni ulteriori o integralismi, né con l'esasperato mantenimento della diversità, ma con l'assunzione dei valori di laicità e tolleranza che educano ad accettare il diverso da se e a integrarlo nella propria esperienza esistenziale. L'insistere sulla concessione dei diritti elettorali senza una effettiva equiparazione, che preceda l'acquisizione della cittadinanza, relativamente al diritto al lavoro e a una retribuzione non differenziata rispetto al mercato del lavoro, in ragione del mancato possesso della cittadinanza; l'adozione di analoghi principi per ciò che attiene il diritto di accesso alle professioni, agli studi, alle cure mediche, alla casa e alla possibilità di accesso al credito è mera demagogia.

In questo catalogo di diritti, la cui garanzia deve precedere l'acquisto della cittadinanza, un valore centrale è costituito dal rispetto delle appartenenze religiose per le quali, se non può essere accettata alcuna pratica di assimilazione, al tempo stesso bisogna rifuggire dal lasciare il "cittadino in ingresso" in balia della confessione di origine . Un patto di non belligeranza, stipulato in nome del separatismo tra poteri pubblici e confessione religiosa, con riconoscimento della reciproca autonomia, sarebbe inaccettabile se non mitigato dall'imposizione del principio della laicità, del pluralismo delle appartenenze, della tolleranza, soli presupposti al riconoscimento delle identità e delle specificità . La presenza di gruppi religiosi con un accentuato orientamento fondamentalista rende inevitabile – a nostro avviso – il ricorso a un "nuovo giurisdizionalismo" il cui carattere distintivo è costituito proprio da una laicità assoluta dei poteri pubblici a tutti i livelli delle autonomie istituzionali .

3.2. L'acquisizione di una nuova cittadinanza.

Così conseguita la cittadinanza diviene valore fondante di un patto di convivenza rinnovato, dove le autonomie non sono più frutto delle appartenenze, ma strumento più efficace di gestione del territorio, al fine di conseguire una maggiore efficienza delle istituzioni e di fornire a tutti l'accesso a una migliore qualità della vita .

E' perciò che i valori ai quali abbiamo fatto riferimento vanno trasferiti e vissuti non solo nelle istituzioni, ma anche e soprattutto nelle formazioni sociali quali il sindacato, la cooperazione, la scuola, la stessa famiglia o le unioni di fatto, con uno sforzo creativo alla ricerca di nuovi luoghi di incontro, di un fecondo incontro tra le culture. Non intendiamo riferirci al multiculturalismo che coltiva le appartenenze, né un sincretismo nemico delle specificità e del sentire dell'individuo ma un tentativo di andare oltre l'assimilazione cultural identitario, ma alla necessità di elaborare insieme e dialetticamente le regole di un'etica e di valori condivisi .

In questo percorso le confessioni religiose posso essere molto utili nel far capire che accanto alla sfera pubblica c'è uno spazio personale e incomprimibile di valori che possono avere anche un fondamento divino ma non per questo non devono confrontarsi con quelli di altri. La formula del pluralismo sociale nella diversità, della cultura delle differenze accettate passa per non pretendere di affermare una verità come la sola, passa per il principio di laicità dello Stato e delle istituzioni che costituisce il valore fondante di una nuova dimensione della cittadinanza.

3.3. Verso il superamento dello status di cittadino

Questo "salto" culturale, d'altra parte, ci è imposto dalla caduta dei confini nazionali e dalla creazione di nuove entità come la Comunità Europea. Non si può pensare che un territorio così vasto, con una popolazione così numerosa e con storie e tradizioni molto differenziate possa essere governato senza politiche finalizzate alla ricerca di valori di convivenza comuni che, pur non negando diversità e specificità, consentano di superare contrapposizioni che anche di recente hanno portato a guerre sanguinose .

Di fronte a questa mutata realtà le politiche di gestione delle relazioni tra gruppi e formazioni sociali diverse per appartenenza religiosa, etnica, linguistica, culturale sono destinate a trasformarsi e ad assumere un nuovo assetto. Se la laicità è uno dei valori guida, certo il pluralismo delle appartenenze è un altro caposaldo, in quanto presuppone la pari dignità tra i gruppi ed esclude quindi il ricorso a valori relativi, in ragione del rapporto privilegiato che questi avrebbero o hanno con il territorio. Non si può più pensare, ad esempio, a una laicità relativa a un territorio, condizionata da supposte appartenenze maggioritarie di questo o quel gruppo religioso o da appartenenze tradizionali, in quanto ciò finirebbe per balcanizzare il territorio, portando all'adozione di politiche di "pulizia etnica" o religiosa, moralmente condannabili, e certamente fragili, in quanto destinate a essere riassorbite col tempo dalle invincibili leggi dell'economia che impongono la distribuzione delle persone sul territorio in rapporto ai bisogni della produzione più che delle appartenenze etnico culturali

Il principio di laicità diviene quindi un criterio generale che si applica in tutti i campi: dal diritto internazionale a quello costituzionale, dal diritto civile al diritto penale, da quello commerciale e del lavoro a quello fiscale, da quello amministrativo a quello delle relazioni con e tra le confessioni religiose o i non credenti tra loro organizzati.

Non è un caso che la Comunità europea abbia adottato una nozione larga di cittadinanza che sfugge alle tradizionali categorie dello jus sanguinis e dello jus loci per cui "A cidadania europeia assume então um papel preponderante. Isto, obviamente, perante os cidadãos nacionais dos Estados-membros da União Europeia. Nos termos do artigo 2º do Tratado da União Europeia, é um dos objectivos desta organização «a instituição de uma cidadania da União». O artigo 17º do Tratado de Roma estatui, por sua vez, no n.º 1, que «É instituída a cidadania da União. É cidadão da União qualquer pessoa que tenha a nacionalidade de um Estado-membro (...)». A cidadania europeia pode ser concebida como uma base jurídica de medidas comunitárias, destinadas a realizar uma harmonização de forma sistemática e através da procura de noções e soluções comuns, extraídas de culturas jurídicas particulares, bem como sustentadas e ligadas pelo respeito dos direitos fundamentais resultantes das tradições constitucionais comuns aos Estados-membros, enquanto princípios gerais de Direito Europeu" . In buona sostanza la cittadinanza europea presuppone una suistematizzazione che offre uno spazio comune di diritti che costituisce un denominatore comune tra tradizioni giuridiche e sensibilità diverse.

4. Le relazioni con i gruppi.

Vi è la tendenza molto diffusa a trovare strumenti di relazione tra le istituzioni e i gruppi, nella convinzione che le formazioni sociali rappresentino una realtà ineludibile con la quale le istituzioni devono comunque fare i conti. In quest'ottica, una volta fatto salvo un nucleo essenziale di relazioni sociali, la larga autonomia concessa a questi aggregati di persone costituirebbe il modo migliore e più efficace di governo . Si tratta di verificare però quanto è alto il livello di "estraneità" che questi gruppi possono maturare, una volta che essi continuano a elaborare valori come parti di una società esterna che vive secondo altri tempi e altri ritmi con una scansione degli eventi del tutto diversa del luogo nel quale vive. E' il caso di molte comunità immigrate in occidente, quando queste realizzano un radicamento sul territorio, dotato di una qualche continuità nello spazio occupato, costruendo realtà urbane proprie, vivendo con i ritmi, le notizie, il tempo atmosferico, le ultime novità politiche, il cinema, la stampa la televisione, ecc. del territorio o area che costituisce la matrice di riferimento cultural-religioso di provenienza .

Questi gruppi non elaborano nemmeno una cultura del ghetto, che era caratterizzata per l'appartenenza a una radice culturale e religiosa comune, e nelle comunità immigrate dei decenni precedenti viveva nel territorio e nel tempo proprio, ma sono comunità che, benché prive di una continuità territoriale con le società di origine, sono parte integrante della matrice originaria e si evolvono, vivono, soffrono come una parte di essa, in una dimensione in parte virtuale .

In questa situazione non solo non si sviluppano nel tempo processi di integrazione, ma solamente tendenze all'espansione e alla difesa dell'enclaves, attraverso la creazione di organizzazioni e strutture di autoproduzione di valori, come organizzazione alimentare, politica familiare, gestione dei momenti essenziali di vita (nascita, matrimonio, morte), scuole, centri di aggregazione religiosa .

4.1. Il pluralismo confessionale.

Gli Stati che hanno una forte presenza di popolazioni immigrate stanno sviluppando politiche multiculturali o di integrazione, ma tutti ritengono opportuno prendere atto del pluralismo confessionale che caratterizza gli abitanti del loro territorio . Eppure il pluralismo confessionale non basta a governare il fenomeno, se non si utilizza il principio di laicità, per molti versi sconosciuto agli ordinamenti di common law, che infatti sono quelle che oggi affrontano con maggiori difficoltà questa fase di trasformazione. Benché in passato questi ordinamenti abbiano dovuto affrontare forti problemi di immigrazione essi avevano a che fare con popolazioni che lottavano per essere integrate, pur volendo conservare molti valori propri e in ogni caso il catalogo di valori dai quali esse erano portatrici era compatibile con la composizione della popolazione preesistente .

Oggi il catalogo di valori di almeno parte del movimento migratorio è diverso e, a volte, in conflitto culturale aperto con quello dei paesi riceventi e perciò, sia pure con strumenti loro propri, gli ordinamenti di common law dovranno trovare modalità e tempi di elaborazione del principio di laicità, che sia pure rivisitato, dovrà essere inserito tra gli strumenti disponibili per la gestione del conflitto sociale . Il ricorso tradizionale al separatismo non basta più per rispondere alle esigenze di una diversità confessionale che conosce la presenza di formazioni integraliste nei confronti delle quali la sola strategia appare essere quella della demonizzazione, equivalente della guerra di pulizia etnica praticata nei Balcani. Le invocazioni a favore di una nuova guerra santa, di uno scontro di civiltà che caratterizzano la politica dei neo conservatori americani, costituisce la più palese dimostrazione di questa incapacità di gestire il conflitto, a fronte di un mercato religioso aperto, di una circolazione delle persone sui territori sempre più incontrollabile, dello sviluppo a tutti i livelli dei processi di globalizzazione. Questi fenomeni, che hanno la loro radice profonda in ragioni di carattere economico, che rappresentano un fenomeno demografico inarrestabile di migrazione verso le aree economicamente avanzate e a bassa natalità, non sono arginabili. Le soluzioni risiedono in una nuova e diversa fase di sviluppo delle forze produttive che oggi non è dato forse compiutamente immaginare.

4.2. Le organizzazioni filosofiche non confessionali.

In molti Paesi caratterizzati da un livello avanzato di sviluppo delle forze produttive cresce e si diffonde l'aggregazione di persone sulla base del rifiuto di una appartenenza confessionale comunque intesa . Cresce l'associazionismo laico che non ha caratteri di neutralità, ma connotazioni ideologiche e esperienzali definite, frutto della maturata convinzione della necessità del superamento dell'appartenenza religiosa. In numerosi Stati e società questi gruppi si presentano come tali, danno una dimensione collettiva al rifiuto dell'appartenenza religiosa, chiedono, pretendono ed ottengono, precise garanzie alla possibilità di veder soddisfatte le loro esigenze etiche ed esistenziali sulla base di valori socialmente condivisi .

Questi gruppi, utilizzando per molti versi l'esperienza delle stesse confessioni religiose, si inseriscono nell'ambito di un sistema segnato dal pluralismo ideologico, impongono e ottengono la regolamentazione e garanzia di numerosi diritti attraverso leggi caratterizzate dal pluralismo etico e improntate al principio di laicità delle istituzioni e dello Stato . Per dare attuazione a queste richieste negli ultimi anni sono state elaborate tecniche legislative e istituti nuovi, anche utilizzando il contributo creativo per il diritto che può venire dall'esercizio di autotutela . Alla ricerca di nuovi strumenti si sono utilizzate tecniche innovative, caratterizzate dall'interdisciplinarietà . Il superamento delle tradizionali ripartizioni del diritto ha fatto si che venissero utilizzati, ad esempio, strumenti propri del diritto amministrativo nella gestione del diritto penale o norme autoprodotte per la gestione dei diritti della persona e di status, ma gli esempi potrebbero essere molteplici .

L'adozione di questi strumenti si è resa ancor più necessaria a fronte dei fenomeni di globalizzazione che investono anche il diritto, a causa del fenomeno della circolarità del dibattito giuridico e dell'infittirsi dello scambio di esperienze tra ordinamenti di matrice diversa, per i proliferare degli ordinamenti giuridici extrastatuali, per il progressivo ritrarsi dello Stato anche nella sua capacità complessiva di governo del sistema giuridico .

Ma questo nuovo diritto che avanza non può vivere operare e svilupparsi se non si emancipa da ogni rapporto con i diritti di origini religiosa che sono certo portatori di una grande esperienza, ma anche di verità assolute . Da qui il ritorno del diritto moderno ai formanti classici del diritto romano, come diritto delle genti, la tendenza a riscoprire la duttilità del sistema giuridico romano, la tentazione di utilizzare strumenti propri dell'età di mezzo per gestire la riconfigurazione di istituti giuridici, essenziale alla nuova fase di sviluppo delle forze produttive e dei rapporti sociali .

5. La libertà di pensiero e l'uguaglianza come valori.

In questo sforzo di ricerca di valori quello della riscoperta della libertà di pensiero è strategico ed essenziale . Si tratta di ritornare alla matrice comune dello sviluppo moderno delle forze produttive, a quella rivoluzione francese che accompagnò e potenziò lo sviluppo dell'economia degli ultimi due secoli, tenendo conto che oggi bisogna gestire un territorio che tende a divenire unico, globale, caratterizzato da una comunicazione tendenzialmente libera, malgrado siano forti e potenti i tentativi per controllarla e circoscriverla .

In un mercato delle idee aperto occorrono regole comuni e super partes, valori condivisi che possano consentire il governo complessivo del sistema. Ancora una volta uno degli strumenti principali di governo è la laicità che non può essere ridotta a valore di questa o quella confessione religiosa, da essa rivisitato, ridefinito, aggettivato a proprio beneficio; che non può essere assoggettata a limiti e regole perché: o essa è ed è assoluta o non è . Il mercato delle idee, soprattutto se religiose, è oggi aperto, estremamente variabile, sempre più ricco di nuovi stimoli. Nella misura in cui è chiuso, esso impedisce la circolazione delle idee, il confronto, la crescita della stessa consapevolezza di se. Se posto fuori dal tempo, dall'evoluzione della società e dei costumi, è incompatibile con la trasmissione di valori che in un mondo globalizzato avviene secondo altre regole .

Ma la libertà di pensiero non può vivere senza che sia garantita ad ogni culto l'uguale libertà di propaganda e di proselitismo. Al tempo stesso non c'è libertà possibile senza la ricerca della libertà dal bisogno, senza l'affrancamento dalla schiavitù del lavoro, senza la soddisfazione dei bisogni elementari, senza la ricerca di una qualità delle vita che la renda degna di essere vissuta .

Se guardiamo alla situazione attuale non possiamo che considerare queste aspettative utopiche ma, più correttamente, dobbiamo tenere conto che bisogna avere e recuperare il senso del tempo e del mutamento, in rapporto al mutare delle generazioni. Se solo consideriamo i Paesi a sviluppo economico avanzato e il lasso di tempo nel quale essi hanno completamente mutato il loro assetto economico-sociale e rapportiamo queste trasformazioni con i tassi di sviluppo di altre epoche, ci rendiamo conto della rapidità del cambiamento e al tempo stesso del bisogno di tempo perché le trasformazioni avvengano .

Sia chiaro che non si tratta di uno sviluppo lineare e inarrestabile verso il meglio perché la storia conosce battute di arresto e arretramenti . E' perciò che è importante riflettere sugli strumenti di governo della fase di cui disponiamo perché dalla loro utilizzazione dipendono i futuri sviluppi della società attuale.

6. Dialettica della tolleranza e pluralismo etico.

Insieme al principio di laicità la tolleranza è lo strumento essenziale anche se non sufficiente per la gestione del conflitto . Il confronto dialettico fra posizioni diverse, assunto come metodo; la possibilità di rimettere in discussione le proprie scelte e di cambiare; la discutibilità di ogni posizione, non significano assenza di certezze e di credenze identitarie, ma danno atto di una disponibilità intellettuale e materiale a considerare l'altro diverso da se come una entità possibile, con la quale relazionarsi.

Se si parte dal punto di vista che ogni cosa è valida non di per se, ma in relazione a noi e agli altri e a quello che ognuno è in grado di accettare come vero o come falso, si stabiliscono le basi di un pluralismo etico dalle solide fondamenta, perché costruito sul relativismo etico .

"Non ci incontreremo forse sulle ragioni del nostro agire, ma possiamo certamente incontrarci sull'agire e sulle singole azioni, accettando ognuno come possibili le ragioni dell'altro."

"Non mi importa quali siano le ragioni della solidarietà e dell'aiuto ai deboli, se a muoverti sono ragioni filosofiche, politiche religiose: l'importante è che l'aiuto arrivi e si manifesti concretamente con azioni che aiutano chi ne ha bisogno" .

"Mi basta la tua disponibilità a combattere il dolore e ad aiutare chi soffre: nel rispetto dei desideri di chi ha bisogno di me, darò il mio aiuto, non per la mia soddisfazione, ma per i bisogni dell'altro, accettandone i punti di vista diversi dal mio, in quanto suoi".

Il limite all'agire è dato dalla violazione dei diritti dell'altro, alla ricerca programmatica di un equilibrio.

Il pluralismo etico diviene così il terreno sul quale si esercita la tolleranza, si costruiscono norme e regole che attraverso il pluralismo normativo dispiegano i loro effetti, producendo un superamento dei conflitti, a condizione che si seguano procedure determinate in una scansione temporale e con garanzie predefinite. Siamo di fronte al fenomeno moderno della procedimentalizzazione che consente di elaborare percorsi e comportamenti accettati come leciti in ragione del rispetto di un insieme di parametri di garanzia .

Il monitoraggio del procedimento è elemento essenziale di valutazione in quanto permette il controllo dialettico della gestione, delle relazioni e dei fenomeni .

6.1. Consociativismo e laicità

Sulla strada della ricerca di una gestione non violenta del conflitto sono nati numerosi sistemi consociativi che hanno elaborato un codice politico di comportamento che consente di risolvere situazioni altrimenti inconciliabili e che porterebbero inevitabilmente alla fine di una società pluralista .

Il consociativismo è frutto proprio del confronto-scontro tra religioni, tra verità assolute che nell'impossibilità di annientarsi a vicenda e in difesa degli elementi comuni hanno cercato e trovato valori fondanti riconoscibili, ponendoli a base di una pacifica convivenza .

Benché dopo molte prove questi sistemi mostrino oggi segni di crisi riteniamo che l'innesto in essi del principio di laicità sia uno degli strumenti necessari per ridare efficacia al modello, a condizione della rielaborazione di principi cardine quali la lotta senza quartiere al fondamentalismo di qualsiasi tipo e soprattutto religioso . La pacifica convivenza e il confronto costante e dialettico tra le diverse opzioni etiche possibili passa per una politica spietatamente repressiva di ogni integralismo. Ne strutture, né finanziamenti, né sostegno, né libertà, né tolleranza va data a progetti etico-politici-religiosi che non rispettino il pluralismo e la laicità delle istituzioni e dello Stato .

Nessuna politica sarà abbastanza repressiva quando il fine è disarticolare progetti e ideologie integraliste, che vanno combattute soprattutto rendendo economicamente non conveniente l'adesione di chiunque a questi valori, applicando rigidamente le regole del confronto e del mutuo rispetto delle differenti posizioni, contrastando ogni attività rivolta contro i minori per inculcare loro l'osservanza di determinati principi religiosi .
A queste condizioni le tecniche di gestione consociativa della società possono dare un contributo valido alla costruzione di valori condivisi e caratterizzati dal rispetto della libertà, nella direzione di una società più giusta e rispettosa del principio di uguaglianza.

7. La laicità come strumento di circolazione e omogeneizzazione del diritto.

Abbiamo segnalato la presenza del fenomeno della circolazione del diritto, e la tendenza dei due grandi sistemi di common low e di civil law a incontrarsi e a scambiarsi esperienze e strumenti. D'altra parte il diritto non può sfuggire ai processi di globalizzazione in atto, non può non tenere conto delle tendenze del mercato al quale è profondamente legato .

Ma perché esperienze e modelli possano circolare e innestarsi senza fenomeni di rigetto nei differenti ordinamenti giuridici e nelle diverse esperienze di relazione occorre che si vada verso una omogeneizzazione almeno tendenziale dei formanti . Ebbene la laicità è uno di questi formanti. Nato nell'esperienza civilistica e segnatamente nel diritto francese, esso deve transitare in qualche modo negli ordinamenti di common law per arginare la crisi del principio di separazione, oggi svilito dalle relazioni privilegiate con le confessioni tradizionali, che rappresentano la più palese negazione dell'originario rifiuto dell'esistenza di una religione stabilita . Il pluralismo confessionale, la capacità delle istituzioni e dello Stato di non dipendere da valori religiosi, costituiscono oggi un punto irrinunciabile dell'elaborazione giuridica. Sono il presupposto necessario per ottenere il rispetto delle regole da parte di tutti.

Al di fuori di questa soluzione c'è il prevalere del fondamentalismo, l'identificazione tra legge civile e legge religiosa e quindi un inconciliabile conflitto che può finire solo con lo sterminio dell'altro, con l'autodistruzione dell'umanità .

a) nell'Unione Europea;

Questa necessità è stata ben compresa dall'Unione Europea che pur non avendo nel proprio catalogo di competenze la libertà religiosa si è ritagliata una notevole capacità di intervento considerando le confessioni religiose come agenzie che collocano sul mercato il sacro . Il sacro che si fa istituzione e organizzazione attraverso le strutture del culto produce merce, merce che ha un mercato, produce o può produrre profitto . Pertanto nell'interesse sia dei consumatori che dei produttori, va garantita la libera concorrenza, la trasparenza del mercato religioso. Ciò non può tuttavia avvenire, a meno che non si pongano tutte le confessioni sullo stesso piano e non si consideri ogni agenzia, e quindi ogni culto, portatore di un messaggio di per se valido, posto in leale concorrenza con ogni altro .

Un tal modo di procedere presuppone l'adozione piena del principio di laicità, l'assunzione del pluralismo più ampio in campo religioso, che si spinge fino al punto di riconoscere alle associazioni filosofiche non confessionali la stessa dignità e le stesse prerogative dei culti in modo che il mercato sia effettivamente aperto a ogni credenza . Le norme che regolano l'attività dell'azienda che eroga servizi dedicati all'esercizio del culto sono proprie e specifiche degli Stati membri, rispecchiano il pluralismo e la differenziazione in materia commerciale a proposito della differente configurazione giuridica delle imprese. Il tratto comune di questa legislazione non può che essere l'assenza di una posizione monopolistica da parte di una sola agenzia, il contrasto verso l'assunzione di una posizione dominante, nella misura in cui questa turba il mercato, la sua apertura alla concorrenza. Ne è prova la tutela accordata dalle Corti europee alla libertà di proselitismo che può essere letta come una misura finalizzata a lasciare aperto il mercato all'ingresso di nuovi operatori .

Tuttavia, similmente a quanto avviene in campo economico, ciò non esclude che i singoli Paesi emanino norme che differenziano le posizioni degli operatori, in ragione della forma giuridica da essi utilizzata, né che gli Stati dell'Unione non stipulino accordi particolari per l'esercizio dell'attività delle diverse agenzie, in rapporto alle tradizioni giuridiche del Paese. Si spiega anche in questo modo la sopravvivenza dei Concordati o la presenza in alcuni paesi di una Chiesa nazionale.

b) nel diritto internazionale.

Il diritto internazionale, inaugurando l'adozione delle Carte dei diritti dell'uomo, si è fatto carico di stilare un catalogo di garanzie tra le quali vi è certamente la libertà religiosa, di coscienza e di pensiero. Proprio a causa dell'impostazione universalistica che caratterizza questi atti internazionali non poteva esservi l'opzione a favore di una religione, ma piuttosto la scelta di difendere l'esercizio pieno dei citati diritti di libertà.

Il diritto internazionale ha preso atto dei differenti impegni che i Paesi potevano assumere in ragione del rapporto con il culto prevalente e, persistendo l'importanza di individuare comunque principi universalmente condivisi, ha indotto alcuni di essi a redigere atti quali la Dichiarazione islamica dei diritti dell'uomo che costituisce lo sforzo di adeguamento della cultura giuridica di tali Paesi ai principi elaborati dalle diverse Carte dei diritti .

Ci troviamo di fronte a un processo lungo e difficile, di progressiva convergenza verso la creazione di un catalogo dei diritti universalmente condiviso. Ma questo obiettivo è conseguibile solo a condizione di assumere il principio di laicità a paradigma universalmente accettato e assunto come strumento per leggere i rapporti tra ordinamenti statali e ordinamento internazionale. Senza un forte richiamo a tale principio le posizioni tra gli ordinamenti rimarranno inevitabilmente distanti. L'adozione di un principio di "laicità positiva", misurato e ponderato in relazione alla religione stabilita dominante e ancor più la nozione di "sana laicità" o "giusta laicità", elaborata dal magistero ecclesiastico non garantiscono alcuna convergenza e convivenza possibile, alimentando la tendenza allo scontro di civiltà che sembra destinato a succedere alla politica di apertura che caratterizzo in un passato nemmeno tanto lontano l'atteggiamento della Chiesa cattolica .

Non vi è dubbio infatti, che il criterio della libertà religiosa e di coscienza, assunto come punto di riferimento e principio cardine dei diritti umani, il sistema di garanzie del quale esso si è dotato grazie alla conferenza e il trattato di Helsinki nel quale la Chiesa cattolica ha avuto un ruolo essenziale, ha avuto e ha una portata eversiva che non può essere sottovalutata . Il principio di laicità costituisce il sigillo di tale sistema e fornisce gli strumenti per non far precipitare gli Stati verso lo scontro interconfessionale .

La recente esperienza della guerra nei Balcani, ammantata di ragioni etniche e religiose, dimostra che il conflitto interreligioso va evitato, poiché spinge verso uno scontro sanguinoso che ha come solo risultato possibile la distruzione dell'altro e si accompagna alla pulizia etnica portatrice di massacri tra i più efferati .

8. La laicità nell'ordinamento giuridico italiano: un caso di subordinazione a formanti esterni.

L'ordinamento giuridico italiano si scopre laico con la sentenza 203/89 della Corte Costituzionale la quale, rilevando che gli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione concorrono a strutturare il principio supremo della laicità dello Stato, quale uno dei profili della forma di Stato delineata nella Carta costituzionale della Repubblica, salva da una sicura censura d'incostituzionalità la revisione concordataria appena approvata nel 1984 . Ma, a ben guardare, l'elaborazione della Corte si rivela debole, limitata com'è a evitare ogni discriminazione, a sancire la non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni, a salvaguardarne la libertà delle religioni in regime di pluralismo confessionale e culturale. Tanto più che corollario immediato di tali principi è il riconoscimento del valore della cultura religiosa e la considerazione che i principi del cattolicesimo sono parte del patrimonio storico del popolo italiano . A ben guardare la Corte, nell'elaborare la sua visione della laicità, opera utilizzando formanti in parte esterni all'ordinamento dello Stato , prova ne sia che il riferimento alle "conseguenze" di questa laicità si ritrovano nel testo concordatario! Questi formanti sono stati messi a punto dalla Chiesa cattolica nel corso del XVIII e XIX secolo nel confronto con il principio di laicità elaborato dalla rivoluzione francese e sviluppato soprattutto dall'ordinamento francese nel corso dei due secoli successivi. L'operazione fatta dalla Chiesa cattolica non è stata indolore, perchè ha fortemente segnato il processo di secolarizzazione di questo culto e ha indotto il magistero a sviluppare una riflessione così profonda da far introiettare alla Chiesa stessa la convinzione di essere la radice prima di un concetto di laicità aggettivata come "positiva" che permeerebbe di se l'intera cultura dell'occidente .

In buona sostanza non solo non possiamo non dirci cristiani, ma saremo in grado di raggiungere la piena consapevolezza di noi stessi e ritrovare la fede, solo in un sistema di credenze religiose proprie del cristianesimo. Quella cristiana, dunque, sarebbe la sola religione in grado di far coesistere libertà religiosa, fede e laicità, che in questo contesto sarebbe relativa e insieme positiva .

Se non che – a nostro avviso – solo il principio di laicità consente la tutela della libertà di coscienza e quindi assicura la possibilità della libertà dalla religione. La necessità che l'ordinamento civile includa tra le diverse opzioni possibili la libertà dalla religione mette in crisi larga parte della dottrina non solo cattolica – che pure ha sviluppato una qualche propensione al dialogo anche con i non credenti – ma tutte le confessioni religiose, le quali considerano ateismo e agnosticismo come il peggiore dei peccati. La fede in un falso Dio può essere accettata, perché è sempre possibile recuperare quella vera, conducendo per mano l'uomo verso la verità: questa è appunto la funzione di ogni confessione religiosa. Ma nulla è possibile nell'assenza di Dio.

Eppure la laicità ha tra i suoi punti di forza proprio la possibile assenza di Dio, il ragionare a prescindere dall'idea di Dio, su un catalogo di valori elaborato dal pensiero e dall'esperienza delle donne e degli uomini, valorizzato proprio dalla capacità senziente della specie di elaborare regole giuste di convivenza, tutte relativamente vere, purché rispondenti a criteri di giustizia e di pace, di rispetto dell'altro, diverso da se, faticosamente costruiti in una storia millenaria, lungo un percorso non ancora concluso, ma destinato a proseguire fino all'estinzione della specie, lungo un cammino dalla durata indefinibile . A guidare questo cammino possono essere solo gli uomini e le donne disposte a crescere lungo un percorso di solidarietà, capace di sovvertire i rapporti di produzione nella direzione della realizzazione di una società di liberi ed eguali: è il disegno dell'utopia laica di un mondo migliore, della felicità nella vita terrena .

In questa ottica il ruolo delle religioni nell'elaborazione di valori è destinato a seguire un percorso carsico: a volte il messaggio religioso prevale – in un tempo definito e/o in un territorio – a volte soccombe e sembra scomparire, per poi riaffiorare con una forza a prima vista inarrestabile .
Ma la ragione ci dice che, a un certo punto di questo percorso, c'è certamente e inevitabilmente il confluire del confronto dialettico tra fedi e ragione in un mare sconosciuto, rappresentato dall'immensa capacità della specie di conoscere. Si tratta di vivere la storia pensando alla pregnanza e validità relativa dei valori, pensando alla possibile estinzione del bisogno di Dio, quanto meno nell'esperienza individuale. E forse è questo il giudizio universale, la precognizione della fine della storia, quando l'umanità si ricongiungerà con l'idea di Dio nella capacità di conoscenza della specie. In questo percorso dialettico verso la conoscenza in ogni caso la laicità rappresenta il punto di equilibrio, la regola aurea che consente alle diverse forze che operano nella società – tra queste le confessioni religiose – di agire come agenzie del sacro, in una competizione libera che da la possibilità a ogni essere umano di fruire delle diverse offerte messe in campo per dare una risposta alle tante o alle poche domande poste dal vivere .

Related Link: http://www.fdca.it
author by G. Cimbalopublication date Fri Jan 11, 2008 22:09author address author phone Report this post to the editors

8.1. L'apporto dell'elaborazione culturale.

Lo sviluppo delle forze produttive, la diffusione della comunicazione, la rottura del rapporto tra territorio e popolazione, la contaminazione tra le culture, il moltiplicarsi degli approcci alla conoscenza, la partecipazione anonima e pluridirezionale all'elaborazione di modelli culturali, rimette in discussione numerosi parametri che sembravano consolidati. Un esempio per tutti l'idea di moderno contrapposta a quella di tradizione . La comunicazione globalizzata ci pone di fronte a eventi contemporanei che sono tutti, in quanto tali, coevi e attuali, frutto di comportamenti nell'elaborazione dei quali confluiscono diverse esperienze, che tuttavia vivono oggi, non eguali a quelli del passato. In quanto tali, perde di senso riferirsi a essi come comportamenti e valori antichi, poiché, una volta manifestatisi, sono già contaminati dal presente e dal confronto con la globalità degli eventi, al punto da essere comunque diversi da quelli di un tempo .

E' insomma finita l'era delle culture chiuse; ostinarsi a difendere il territorio con marcatori culturali, con simboli religiosi, è illusorio e perdente, frutto di una visione del mondo ormai tramontata; rappresenta l'invocazione di un ritorno all'antico, a un mondo ormai perduto, che forse nemmeno una guerra totale nucleare è in grado di ricostruire . Illusorio dunque riproporre la simbologia della croce, illusorio e velleitario imporre il velo alle donne, a meno di non creare delle enclaves che consentano a questi simboli di operare, enclaves destinate a essere contaminate e progressivamente erose dal tempo e dalla storia . Nessuno avrebbe detto appena 60 anni fa alle donne del sud Italia che in pochi anni avrebbero dimenticato l'abitudine di andare a capo coperto, anche se bisogna abituarsi alla presenza residuale di un certo numero di esse che ritengono ancora culturalmente o religiosamente valida questa pratica !

Ancora una volta la laicità, fissando le regole e limitando l'azione dei gruppi, sia all'interno delle formazioni sociali, sia verso i singoli, è lo strumento di governo della nuova fase di confronto culturale globale che si è aperta. In un mercato senza regole, la laicità è la regola principe, il primo strumento utilizzato dalle tecniche di governance per consentire il confronto dialettico, la convivenza, la coesistenza tra diverse opzioni cultural-religiose, considerate tutte alla pari; per rendere possibile un percorso esperienziale che si consumi nella diversità e nella non omologazione, segnato da una dialettica costante tra i diversi gruppi e individui, ponderata dalle regole del diritto.

8.2. L'apporto degli ordinamenti esterni.

In questa fase delle storia, più che in passato, siamo forse all'interno di un grande immenso cantiere nel quale si svolgono in contemporanea mille e mille lavori, sorgono mille e mille costruzioni, a volte rispondendo a progetti di questo o quel gruppo, di questa o quella confessione. Il piano regolatore che disciplina l'attività del cantiere ha poche e semplici regole, non tutte note, ma che vanno conosciute. La sperimentazione dei percorsi avviene nei diversi ordinamenti che elaborano soluzioni a problemi a volte identici, diverse da quelle di altri ordinamenti, ma non per questo più o meno valide .

Nel grande cantiere costituito dal mondo globalizzato vige la regola della reciproca contaminazione che, per non essere omologazione, va amministrata dal principio di laicità che anche gli ordinamenti più restii dovranno introiettare, quando la libera circolazione dei modelli culturali e religiosi manifesterà fino in fondo il limite insito nei modelli monolitici, in cataloghi di valori chiusi . Le enclaves più o meno grandi possono vivere; ma nel lungo periscono – abbandonate e isolate tagliate fuori dalla storia e dall'evoluzione – tutte le enclaves soccomberanno, per risorgere diverse e nuove a causa di quel rapporto dialettico che ci collega alla storia e alle nostre radici .

E' quello descritto un cammino incerto, nel quale giocano paradossalmente un ruolo molto importante i diritti religiosi, i quali hanno la forza di riproporre attraverso un circuito protetto di circolazione di valori, sostenuto dalla fede dei consociati, un catalogo di valori ben definito . Ma si tratta di numerose agenzie del sacro che operano in concorrenza tra loro e con altri centri, quelli statali, territoriali o sopranazionali provvedendo a emanare regole e procedure di comportamento. Questa è la novità portata dai rapporti globalizzati, dal mercato globale della comunicazione, dalla circolazione costante e continua delle persone e delle idee .

Da qui la necessità di coesistere e la ragione dell'interazione tra differenti impulsi che portano all'affermarsi pluralismo. La diversità e pluralità delle fonti né è esaltata e ancora una volta si avverte il bisogno della laicità, intesa questa volta come neutralità, come garanzia del libero e costante confronto di valori che porta alla progressiva contaminazione ed erosione reciproca di essi, fino a mettere col tempo in discussione la stessa consistenza del loro nucleo centrale .

Si afferma progressivamente in tal modo uno spazio nuovo e inedito per la libertà di coscienza che opera in modo eversivo tra tante certezze, esaltando il ruolo del relativismo come valore e quindi dell'individuo che diviene collettività, gruppo, formazione sociale, proprio assumendo come formante unificante, genetico e caratteristico la comune condivisione della libertà di pensiero, della laicità assunta regola universale.

8.3. Il condizionamento della legislazione a carattere consociativo.

Fino ad oggi il nostro ordinamento ha cercato di rispondere alle domande dei gruppi di trovare una protezione della loro identità, praticando una politica di tipo consociativo e ricorrendo allo strumento delle intese con i gruppi religiosi a carattere confessionale, costituitisi in confessione religiosa . L'applicazione di questa politica ha mostrato i suoi limiti laddove dopo una prima fase di elaborazione di un modello, peraltro costruito nel rapporto con la Chiesa cattolica, si è passati a intese "fotocopia" nella larga parte delle norme .

Questo percorso e questo limite del modello è dipeso probabilmente dal fatto che il nostro ordinamento si è misurato fin'ora con richieste provenienti da culti di matrice cristiana o al più ebraica , ma presenta delle incognite se riferito alla definizione dei rapporti con altre culture, prime tra tutte quella elaborata dai mille islam presenti nel mondo, e in futuro non lontano dal crescere di enclaves culturali come quella cinese, dotati di una forza espansiva e di una solida tradizione esperienziale che consente di resistere alle politiche di integrazione e di assimilazione .

In questa prospettiva la laicità dell'ordinamento è il limite opponibile alle capacità espansive e all'ottica militante di queste opzioni cultural-religiose, per cui si assiste al paradosso che la laicità delle istituzioni e dello Stato viene oggi invocata da alcuni dei suoi nemici più determinati. Essi l'avversano per affermare le ragioni della religione dominante e ne scoprono ora, per convenienza, il valore di garanzia quando la supremazia di questa viene insidiata da altre confessioni .

La loro proposta è quella di usare una versione edulcorata e ridotta di laicità, condizionata dell'interpretazione che di essa da la Chiesa cattolica. Ma se è così inteso il principio di laicità è destinato a produrre effetti ben miseri, a essere vissuto non come regola generale, ma di parte, ad essere avversato dagli altri gruppi religiosi come strumento di un culto e di una cultura che vuole essere dominante sulle altre. Uno degli scenari possibili è l'alleanza tra integralismi religiosi di matrice diversa che ha noti precedenti negli ordinamenti consociativi europei e segnatamente nei Paesi bassi dove ha arrecato danni notevoli alla crescita culturale e esperienziale del Paese in una prima fase, per produrre successivamente un fenomeno di radicale rigetto e stimolare l'elaborazione di valori alternativi e laici . Tuttavia i percorsi delle esperienze sono sempre diversi e mai rispondenti a regole e a precedenti modelli, anche se qualche suggerimento ci può venire dalla storia. Ci limitiamo a rilevare che una non improbabile alleanza tra sensibilità religiose e etiche diverse, in nome di valori che facciano da comun denominatore, può ancora una volta essere governata dal principio di laicità che consente di contestualizzare e settorializzare queste esperienze, togliendo ad esse il valore totalizzante che pretenderebbero di avere e quell'efficacia regressiva nell'elaborazione di regole comuni di convivenza che una tale convergenza potrebbe rappresentare .

9. Esigenze e prospettive di libertà

Ma per dispiegare i suoi effetti la laicità deve vivere e operare innanzi tutto nelle formazioni sociali dove si costruisce la personalità dell'individuo e quindi primo tra tutti nella scuola. E' perciò che oggi la battaglia per una scuola laica ha un valore strategico essenziale. La scuola pubblica, benché privata dagli investimenti pubblici e non la scuola privata, malgrado che sia divenuta destinataria di ingenti investimenti pubblici , è uno dei luoghi principali nei quali si sviluppa il valore della laicità e la tutela sia della libertà religiosa che di coscienza. La libertà dalla religione è indissolubilmente connessa oggi con la libertà di religione.

Tuttavia, ogni altro luogo, ogni formazione sociale pur minima, costituisce un terreno di confronto per far crescere questo valore e consentirne il dispiegarsi degli effetti positivi. Ci riferiamo a tutte le istituzioni, chiuse o separate, all'associazionismo, all'attività pubblica per il reperimento di spazi nei quali esercitare il culto o attività culturali e associative .

Altro terreno di operatività del principio di laicità è costituito dallo scambio fecondo di esperienze tra gli ordinamenti, dalla circolarità del diritto, inevitabile in un mondo globalizzato, nell'utilizzazione dalla procedimentalizzazione per dare soluzione ai problemi etici posti al diritto dal pluralismo religioso e culturale, relativamente alle domande sulla vita: nascita e sviluppo della personalità, rapporti di solidarietà affettiva, matrimoniali e non, qualità della vita, rapporto con la malattia e il dolore, ricerca di una morte dignitosa .

In tal modo istituti tipici del comunitarismo divengono strumenti universali per assicurare la governance, garantire a tutti il migliore dei mondi possibili, laicamente inteso.

Gianni Cimbalo

Sul sito della Federazione dei Comunisti Anarchici è disponibile un'altra versione di questo testo, completa delle note:
http://www.fdca.it

 
This page can be viewed in
English Italiano Deutsch
© 2005-2024 Anarkismo.net. Unless otherwise stated by the author, all content is free for non-commercial reuse, reprint, and rebroadcast, on the net and elsewhere. Opinions are those of the contributors and are not necessarily endorsed by Anarkismo.net. [ Disclaimer | Privacy ]