C'è una guerra quotidiana che si
consuma, da sempre, in tutto il mondo. È la guerra scatenata contro le donne di
ogni età e di ogni latitudine, una guerra fatta di soprusi, di violenze fisiche
e psicologiche, di ingiustizia ed esclusione.
In questi giorni isterici in cui il
sistema politico e i poteri forti cercano di terrorizzare la società puntando il
dito sugli immigrati accusandoli di essere la causa di tutti i problemi del
paese, noi anarchici vogliamo invitare a un'ulteriore riflessione, prendendo
spunto da alcuni dati.
Da una ricerca Eures emerge che un
omicidio su quattro avviene tra le mura domestiche: il 70% delle vittime sono
donne e in otto casi su dieci l'autore è un uomo.
L'Istat, in una recente indagine,
rileva che quasi 7 milioni di donne tra i 16 e i 60 anni sono state oggetto di
violenza fisica o sessuale nella loro vita, mentre altri 7 milioni hanno subito
una violenza psicologica: nella maggior parte dei casi l'autore è il partner o
l'ex, come nel 69,7% degli stupri.
Il 95% delle violenze non viene
denunciato. Negli ultimi sei mesi sono state uccise 57 donne.
Il posto più pericoloso per una
donna è la propria casa, e i soggetti più pericolosi per la sua incolumità sono
quelli con cui vive giorno per giorno: padri, mariti, amanti, fratelli.
Ciò significa che non è cambiato
molto nelle relazioni tra i sessi, e che la donna continua a essere considerata
uno strumento per la soddisfazione delle esigenze di dominio da parte dei
maschi. Questa logica maschilista, figlia di un patriarcato che è ancora duro a
morire, è all'origine della grave subalternità in cui le donne sono costrette a
vivere in tutti i settori della vita pubblica e privata. Nella società dominata
dagli uomini, il corpo delle donne viene costantemente mercificato e sfruttato e
l'unico modello di donna che si vuole imporre attraverso i mezzi di
comunicazione è quello della svampita tutta curve e niente cervello. In questo
occidente "democratico" e "progressista" il dominio maschilista sul corpo delle
donne si misura anche nella pretesa da parte delle gerarchie ecclesiastiche di
controllare l'autodeterminazione di ogni donna attaccando il diritto alla
maternità e a una sessualità matura e consapevole. Così come la tradizione e il
fondamentalismo mussulmano costringono le donne alla mortificazione della loro
identità e del loro corpo, allo stesso modo la tradizione e la Chiesa cattolica
vorrebbero che le donne fossero delle macchine da procreazione senza libertà e
senza diritti.
Nei luoghi di lavoro, la disparità
tra donne e uomini è del tutto evidente, sia nelle differenze di retribuzione,
sia nella disuguaglianza per l'accesso alle risorse. In questo senso, la
differenza di genere si affianca a una differenza di classe che ci dà la misura
di quanto grave sia la condizione delle donne nella vita economica e sociale.
Una società in cui la donna viene
trattata e usata come un oggetto è una società profondamente ingiusta e schiava
dei suoi pregiudizi.
La strada per l'emancipazione delle
donne è ancora lunga, ma proprio le donne hanno dimostrato di poter conquistare
diritti e libertà attraverso la lotta e l'azione diretta contro il dominio
patriarcale.
La battaglia contro la violenza
sulle donne e, più in generale, per un miglioramento della condizione femminile
non può essere lasciata allo sforzo delle sole donne.
È necessario che tutti, al di là di
ogni differenza di genere, si impegnino in un fronte comune per distruggere
l'autoritarismo, l'intrinseca violenza della cultura patriarcale e le differenze
di classe.
Perché nessuna società potrà dirsi
davvero liberata fino a quando ogni donna e ogni uomo non saranno pienamente in
grado di vivere il proprio destino senza paura e senza ricatti.
Nucleo "Giustizia e
Libertà" della Federazione Anarchica Siciliana
Federazione dei
Comunisti Anarchici - Sezione "Delo Truda" Palermo
25
novembre 2007