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Terremoto devastante mette a nudo la crisi sociale nel Perù

category bolivia / perù / ecuador / cile | vari | opinione / analisi author Thursday September 06, 2007 18:52author by Franz García Uceda - Grupo Qhispikay Llaqtaauthor email fgaruce at yahoo dot esauthor address Lima - Perù Report this post to the editors

Ormai tutti sanno della grandezza del disastro accaduto nel sud del Perù, specificamente nelle città di Ica, Pisco e Chincha, dipartimento di Ica, di Cañete, al sud di Lima, e nella catena montuosa di Huancavelica ed Ayacucho, zona confinante con Ica.


Terremoto devastante mette a nudo la crisi sociale nel Perù


Ormai tutti sanno della grandezza del disastro accaduto nel sud del Perù, specificamente nelle città di Ica, Pisco e Chincha, dipartimento di Ica, di Cañete, al sud di Lima, e nella catena montuosa di Huancavelica ed Ayacucho, zona confinante con Ica.

Si è trattato di un terremoto di grado 7,9 della Scala Momento equivalente ad il grado 7 della Scala Richter, che ha sconvolto le predette zone, lasciando un cumulo di macerie soprattutto in di Ica.

Il terribile sommovimento tellurico è avvenuto approssimativamente mercoledì 15 agosto alle 18.40, a causa della frizione tra due placche tettoniche, una delle quali è la Placca di Nazca, ubicata proprio sotto alla zona violentata, il che la rende una zona altamente vulnerabile. Il sisma che a Lima si è sentita in maniera forte, e dalla lunga durata, ha avuto il suo epicentro a Pisco, dove gli antichi colonizzatori della cultura Paracas avevano forgiato una cultura millenaria ammirata dal mondo intero. È su questo sisma che si è discusso molto in merito alla sua durata, alla sua presunta composizione data dall'unione di due tremori. La cosa certa è che secondo gli scienziati esperti dell'INDECI, Istituto di Difesa Civile, si tratterebbe di un solo terremoto, molto complesso nel suo sviluppo e nella sua grandezza, per cui l'impressione è stata di due fenomeni e non di uno solo.

Appena terminato il movimento sismico, durato 3 minuti e 30 secondi, che sono sembrati un'eternità, era osservabile il naturale panico delle persone che si affrettavano a uscire nelle strade e nei parchi vicini aspettando il peggio, perché un movimento sismico come questo, non si era avvertito a Lima dal 3 ottobre del 1974. Questo "silenzio" sismico doveva già avvisare che la natura ci preparava un terremoto di maggiore entità a noi che viviamo nella costa centrale. Una minima risposta di emergenza immediata avrebbe dovuto essere preparata. La risposta non c'è stata, ma il sisma sì. E che sisma! (...)

Un'ora più tardi i notiziari mostravano immagini di gente impaurita a Miraflores, San Isidro, Jesús María e La Molina, cioè le prime relazioni vennero da distretti e quartieri borghesi, dove la gente usciva dal supermercato per gli acquisti, passeggiava con le sue automobili, lavorava in uffici di dieci o quindici piani, etc. Non pensiamo ovviamente che sia stato qualcosa di premeditato, ma si deve notare che nei momenti critici sono le gente con maggiori risorse quelli che più importano.

Ore dopo, alle 21.30, il presidente Alan García ha mandato un messaggio alla nazione, facendo sfoggio della sua astuzia e delle sue manovre mediatiche che impressionano tutti. Nel suo messaggio, García ringrazia "Dio onnipotente, perché non è successa una catastrofe", aggiunge "che felicemente tutto va bene e che le perdite umane non sono per niente allarmanti", e nel suo discorso ha fatto seguito una pappardella di invocazioni a Dio e alla calma tra i peruviani.

Di fronte a questo, ci domandiamo noi, nessuno ha detto al Presidente che Pisco, Ica, Chincha, Cañete e villaggi periferici presentavano un collasso strutturale riguardo alle costruzioni di mattoni crudi (adobe) e che si vedevano centinaia di morti nelle stesse piazze centrali delle città dove erano crollate chiese storiche?, È per cinismo, stupidità o ironia che un presidente della nazione, con tutto il potere che possiede e pertanto con gli accessi migliori ad ogni tipo di informazione, si esprime in questa maniera e così ingannando sottilmente tutta una popolazione che già viveva nell'inquietudine per il fatto di non sapere niente dei suoi parenti nelle città colpite? O forse i quasi 600 morti e più di 1650 feriti, senza contare le migliaia di case in rovine, non rappresentano per il presidente del Perù, una catastrofe?

Terminata la notte del mercoledì fatale, nessuno sapeva con esattezza quanto terribile fosse la situazione, e nel frattempo solo Lima si poteva già registrare una mezza dozzina di morti a Callao, dove varie case sono crollate e altre stavano per cadere. Di fronte a ciò la popolazione si rendeva solo conto di dover abbandonare le sue case e rifugiarsi in parchi e spiazzi vicini per mettere a salvo le proprie vite, e tutto questo senza contare che già dall'inizio del terremoto, la luce elettrica aveva smesso di funzionare e si erano interrotte anche le forniture idriche; il che aumentava l'angoscia e la paura, accresciute dalla trepidazione per un possibile "tsunami", o maremoto, sul primo porto del Perù, perché la popolazione assicurava che il mare stava retrocedendo, dando l'impressione di un suo possibile ritorno violento che avrebbe spianto tutto quel che di fosse trovato lungo il suo percorso. Come si sa, non si trattava di una preoccupazione infondata, perché dopo i movimenti tellurici nelle zone costiere dei paesi è possibile il prodursi di fenomeni come i maretazos.

Verso la mezzanotte, unità di pompieri percorrevano le strade del porto annunciando il falso allarme del maremoto e chiedendo il ritorno alle case. Ovviamente, la paura era così grande che nessuno lo fece.

All'alba la stampa ci dava la dura notizia del duro colpo che la natura aveva selvaggiamente inferto ai villaggi del sud peruviano. Centinaia di case in rovina, abbondanti vittime, feriti dappertutto, disperazione, impotenza, rabbia, dolore, agonia; questo era il quadro fatidico presentato da Ica, in precedenza il cuore dell'allegria per i difensori del neoliberalismo peruviano, dove l'economia marciava alla grande verso lo sviluppo, non c'era disoccupazione, gli agro-esportatori vendevano ogni anno merci per 600 milioni di dollari, ma che ora appariva come un popolo fantasma, assomigliante alla Palestina o Iraq bombardato dai missili yankee.

All'improvviso, mercoledì 15, è venuto fuori che a Ica non esisteva nemmeno un buon ospedale. Il nosocomio principale era crollato, a al suo interno non c'erano né equipaggiamenti, né laboratori, né medici, né bende, né letti sufficienti. La precarietà si manifestava dietro al disastro naturale.

"Il cuore dell'allegria si è rivelato il cuore delle tenebre", come ha scritto nel suo editoriale il giornalista César Lévano. Il ministro dell'Economia, Luis Carranza, non si è inquietato più di tanto. Alan García, si dà per soddisfatto a motivo degli aeroplani che portano da Ica e da tutta la regione devastata i feriti a tutti gli ospedali di Lima, i quali soffrono già di un lento terremoto di povertà e precarietà.

Dopo quello che è successo già nel recupero delle vittime dalle macerie, si poteva vedere il ruolo dello Stato in questo tipo di situazioni. Uno Stato inoperante, caduco, obsoleto e rozzo che non sa come agire o che, sapendo, non vuole agire.

È di pubblica conoscenza che in molte delle zone colpite dove il governo non era arrivato, la stampa era già presente, benché non opportuna, e non vanno dimenticati anche i parenti disperati per la tragedia giunti sul posto devastato per trovare i loro familiari e per recuperarne i corpi con i propri mezzi.

Appena il giorno dopo la catastrofe, il governo si è presentato in zona solo partire dalle 7.00 del mattino per portare a spasso la sua altezzosità e il suo sguardo sprezzante sui cadaveri che giacevano costruzioni in file enormi lungo il perimetro della Piazza d'Armi di Ica. Ora dopo ora i corpi inerti aumentavano, e la presenza del potere esecutivo era nulla e perfino disturbava. Questo non era difficile da notare, solo bastava sentire le grida di rabbia degli indignati sopravvissuti che rinfacciavano al presidente García la sua ironia autoritaria e la sua trascuratezza in quanto ad investimenti statali per prevenzione dei disastri o la pianificazione di situazioni come quella che si stava vivendo. Inoltre che era già chiara l'intenzione del governo di deviare l'attenzione della stampa internazionale verso altri aspetti del disastro.

Il ruolo del governo peruviano, dell'imprenditorialità e dell'"aiuto umanitario"

Per iniziare questo punto, è importante chiarire quanto segue, o almeno metterlo in discussione.

Tutta la popolazione del resto del Perù, mezzi di comunicazione, analisti politici, ecc., si domandano giorno per giorno nei programmi televisivi, radiofonici o sulla stampa, perché il governo non abbia curato la prevenzione né abbia sviluppato appositi programmi di prevenzione sociale, o almeno simulacri di evacuazione che evitasse tragedie come quelle vissute nel sud peruviano. Si sa che il dipartimento di Ica è situato su una placca tettonica molto importante, che presenta attività tali da farne un sicuro focolaio di sismi o terremoti, e che scienziati come Hernando Tavera, membro dell'Istituto Geofisico del Perù, avevano inviato relazioni al governo su quello che poteva prodursi in quella zona, secondo la sua stessa versione, resa un programma televisivo locale, con chiari segnali di paura per licenziamento o rappresaglie da parte dello Stato) e che il suo documento è pubblicato nel sito dell'INDECI (www.indeci.gob.pe) senza essere stato preso in considerazione e senza che gli sia stata data l'importanza del caso.

Di fronte a questo, si può solo giungere a una conclusione, che col passare dei giorni e con le relazioni che continuano ad uscire alla luce, trova dimostrazione. Cioè che allo Stato peruviano conveniva di più affrontare una catastrofe come questo e richiamare alla ricostruzione e la "solidarietà di tutti i peruviani", che non prevenire situazioni come questa, posto che avrebbe dovuto sobbarcarsi investimenti economici considerevoli in propaganda, personale salariato per l'esecuzione di progetti di esercitazioni, campagne educative nelle scuole, università, ecc. oltre alla pianificazione antisismica della costruzione di case ed edifici. Al contrario, una volta successa la disgrazia, si sa che per via diplomatica i paesi confinanti e non avrebbero inviato donazioni gratuite e sussidi economici per la ricostruzione delle zone devastate.

In effetti, gli invii sono stati abbondanti, medicine, personale di soccorso, tende da campo, alimenti di lunga conservazione, e molte cose di più. Il che evidenzia non già la preoccupazione per la plebaglia in disgrazia da parte delle autorità, bensì il suo affanno di mantenere lo stato delle cose con la sua democrazia rappresentativa e fare vedere che solo in un mondo capitalista "l'aiuto umanitario" è possibile. È per questo che il governo del Perù ha risparmiato enormi cifre di denaro, che saranno destinate al pagamento del debito esterno e al TLC con gli USA.

Orbene, sul ruolo delle imprese possiamo citare quelle che più si sono fatte notare, e non precisamente per il ruolo di impegno verso i più poveri, ma per l'inoperosità e il ruolo svolto durante e dopo il grande tremore. Ci riferiamo all'impresa spagnola Telefónica che ha prodotto un sisma superiore al grado 10 di qualunque scala della mancanza di vergogna, e che, come accade per tutte le sfacciataggini in Perù, oggi darà le sue "spiegazioni" a tutela della propria immagine a carico dei salariati.

Solo pochi secondi dopo il movimento tellurico, i telefoni fissi e cellulari hanno smesso di funzionare. Ma le comunicazioni via Internet, che usano la stessa linea, invece hanno continuato normalmente a essere attive. Non sarà che quando ci sono sismi, la Telefónica dispone di un servizio automatizzato, di alto livello scientifico e con tecnologia di punta, che permette di spegnere i telefoni, lasciare Internet e provocare il panico nel resto del paese?

Chi sta fuori dal paese, prende il suo telefono, cellulare o fisso, e chiama il luogo di origine per sapere che cosa sia successo e se i suoi parenti stiano bene o abbiano subito danni. O, come è successo, in più di un deplorevole centinaio di casi, sia deceduti. Ma no. Decine di comunicazioni per posta elettronica protestavano furiosamente perché non c'era modo di parlare col Perù! Grazie, ovviamente al piano di investimenti modernissimo e di ultima generazione dei ladri di Telefónica.

Poiché parliamo di una delle imprese con uno dei maggiori prontuari di generosità negli ultimi tempi (tariffe abusive, costi alle stelle, maltrattamento per i suoi lavoratori lo evidenziano), a qualche genio della stessa è venuto in mente di varare una sola fattura per tre servizi: cavo, telefono e internet. Senza consultarsi con l'utente che paga a fatica uno di quei tre servizi, e sempre inopportunamente, Telefónica si è umiliata col pubblico che ne paga le spese, e ha deciso di offrire un "vantaggio" che nel migliore dei casi fa solo risparmiare carta a chi va truffando il pubblico da moltissimi anni. È evidente che Telefónica è un'impresa milionaria ma che applica o usa tecnologia inoperante nel Perù. Come si spiega il taglio massiccio di comunicazioni telefoniche?

Il terremoto provocato dalla Telefónica ha superato di molti gradi quello di madre natura, senza chiedere spiegazioni, e ha messo allo spiedo buona parte del Perù. E ora che cosa facciamo?, si chiedeva molta gente tra il pianto e la disperazione in mezzo ad un caos generalizzato dovuto al disastro naturale e più ancora al disastro capitalista.

... Ed il dolore umano non cessa

(...) A essere evidente con questo disastro è stata la messa a nudo, ancora una volta della critica situazione critica in cui i lavoratori e la gente umile del paese. Tre giorni dopo il terremoto il presidente García ha detto che il governo aveva effettuato un grande acquisto di generi alimentari.

Cioè che solo tre giorni dopo la tragedia il potere si è dato da fare per effettuare tale acquisto. Una conferma della lentezza dell'azione ufficiale, dell'irresponsabilità di organismi come il Programma Nazionale di Assistenza Alimentaria, PRONAA, e dell'inesistenza di riserve alimentarie nazionali e regionali.

Sono tutto il sistema economico e sociale, nonché l'intero Bilancio, a essere smascherati dalla mano invisibile della natura.

Gli stessi ospedali rimasti in piedi nelle città devastate non possono dare asilo ai feriti dato a rischio di cadere vittime di repliche sismiche già avvenute a centinaia dopo il grande terremoto. Le scuole costruite durante il mandato dell'ex dittatore Fujimori sono crollate, o sono sull'orlo del collasso, cosa che evidenzia la falsità dell'elevato budget che il governo dell'epoca diceva di investire, perché si sono ottenute solo costruzioni vergognose non preparate per questo tipo di eventi. Tutto questo si somma all'inesistente organizzazione per assistere i feriti del mercoledì 15, perché ancora oggi, oltre una settimana dal sinistro, sono isolati paesi interi, come Huancavelica, dove il sisma è stato del grado 3,5 della scala Richter. Huancavelica, cioè, ha sofferto danni lievi; ma le province maggiormente colpite sono: Castrovirreyna e Huaytará, e secondo le notizie diramate dal Consiglio Regionale di Difesa Civile, ci sarebbero 650 case colpite o distrutte e approssimativamente 2.000 disastrati. Si tratta anche di vittime, in quanto hanno perso tutto, ma nessuno sembra ricordarsi di loro. A differenziarli dagli altri è il fatto di vivere in zone rurali, disperse e lontane dai punti in cui si concentrano l'attenzione e l'aiuto umanitario. Ma non per il fatto di stare un po' più lontano dal centro soffrono di meno, al contrario, si sentono abbandonati.

La loro disperazione per avere un qualche aiuto è arrivata al punto di chiedere viveri e acqua attraverso cartelli scritti col cartoncino ed esposti in piena strada, nei quali si leggono messaggi che esprimono l'angoscia di chi vive solo a un passo dalla carrozzabile Liberatori Wari, a soli venti minuti all'uscita di Pisco, verso Ayacucho: "Abbiamo bisogno di aiuto, abbiamo fame e freddo, siamo rimasti per strada, non abbiamo tetto" si legge in un estemporaneo cartello posto nella strada da abitanti del centro abitato Juan Velasco Alvarado. "Abbiamo bisogno di aiuto, 10 famiglie, 12 bambini" è il messaggio che può vedersi su un'umile abitazione di mattone crudo all'entrata di Santa Chiara. E non abbiamo smesso di contare. La stessa cosa si ripete all'entrata di Chincha ed altre piccole località. Sentono che è l'unica maniera per richiamare l'attenzione e fare in modo che qualcuno si volti a guardarli. Cioè sono i più dimenticati tra i dimenticati.

Ma non sono gli unici. Almeno queste persone hanno la "fortuna" di stare vicino alla strada. Altri, meno fortunati sono invisibili per il resto per il fatto di essere fuori dalla giurisdizione della regione Ica. In mezzo a tutto questo la stampa riferisce di saccheggi e furti ai camion che arrivano con generi alimentari e cappotti fino al sud. Il governo ha detto che non avrà cedimenti verso questi "miserabili" che osano togliere gli aiuti ad altri in disgrazia. Tuttavia quando i parenti che erano a Lima e volevano andare ai loro paesi natali per vedere i parenti con i mezzi di trasporto dell'impresa Soyuz, che ha il monopolio per i viaggi in queste zone, sono stati presi di sorpresa dagli gli abusivi costi dei biglietti che questa impresa di trasporti aveva loro imposto. Di fronte a ciò, il Presidente ed il sindaco di Lima si sono limitati a dire che questo atteggiamento è condannabile, e nient'altro; non hanno detto nulla su misure da adottare per frenare questo situazione, che è davvero miserabile, perché sfrutta dolore e disperazione altrui. Ma si tratta di un'impresa, e con essa non è il caso di avere mano dura, che si usa invece con i famelici affamati che rubano per mangiare e non perire nelle fredde notti dei loro villaggi in rovina.

Neanche possiamo lasciare passare sotto silenzio le vite che si continuano ancora a perdere a poco più di una settimana dal terremoto, come è accaduto due giorni fa, lasciando come saldo la morte di una bambina con meno di due anni, morta a causa dell'inclemente freddo che frusta tutti coloro che sotto tende estemporanee in piena strada o in parchi aperti. Ci sono molti casi di persone con sintomi di polmonite e bronchite, e non dimentichiamo le epidemie e malattie che si stanno sviluppando per il fetore dei cadaveri esposti per tanto tempo sui sentieri, con alcuni cimiteri distrutti, con i loculi scoperchiati molto vicino a case che ancora non collassato.

E come ciliegia sulla torta, possiamo citare il miserabile e imbecille atteggiamento del potere che, mediante il Ministro della Produzione, l'estremista di destra e membro dell'Opus Dei Rafal Rey, sta promuovendo un pisco peruviano da inviare ai governi e impresari "generosi" che abbiano inviato i loro donativi. Detto liquore porta nientemeno che il nome di Pisco 7,9, con riferimento al terremoto che lasciò spente centinaia di vite, case in rovina e dolore diffuso per le famiglie umili. Con questo si ottiene solo di giocare di più con la psicosi collettiva già formatasi in quelle zone, con le emotività danneggiate. Perfino psicologi ed analisti chiedono che ai sopravvissuti si portino trattamenti o terapie per superare quello che è avvenuto, e il ministro promuove con un gran sorriso smagliante un prodotto che potrebbe ben essere una spinta al suicidio.

Solidarietà, appoggio mutuo ed organizzazione libertaria

Ve messo in risalto il ruolo svolto dagli uomini e dalle donne semplici di tutto il paese, che si sono sollevati in piedi, si sono staccati dai loro attrezzi e li hanno inviati nelle zone colpite, questo fin dall'inizio, senza necessità di fare caso alle grandi campagne che già dopo la borghesia andava dispiegando. Migliaia di persone in tutto il paese e il mondo hanno fatto quello che stava nelle loro possibilità e hanno dato un appoggio con grande premura umana e sociale, e questo non possiamo tralasciare di menzionare. Questo dimostra che la solidarietà e l'appoggio mutuo sono inerenti agli esseri umani, e noi siamo capaci di soccorrerci in caso di disgrazie. Ma questo non va inteso nell'ottica di un ottimismo idealistico, bensì come segnale, indizio della possibilità di costruire nuovi mondi solo sulle macerie dell'attuale ordine mondiale capitalista. Non possiamo aspettare che accadano eventi di questo tipo per vedere la nostra realtà sociale, per renderci conto che la vita è fugace e vale la pena di lottare per essa, per preservarla e renderla di qualità migliore di quella che ci "è offerta". A queste campagne di solidarietà il nostro collettivo si è unito con i mezzi autogestionari e organizzativi di cui dispone ( http://www.anarkismo.net/newswire.php?story_id=6197), convocando i vari elementi libertari di Lima per dare corpo a una campagna di aiuto per il paese devastato in generale, e per i compagni del collettivo libertario di Ica in particolare, compagni dei quali già si hanno positive notizie sulla loro salvezza.

Di fronte alle politiche borghesi del governo, che ancora una volta non può fare niente, noi proponiamo la costruzione del socialismo e della libertà, indissociabili su tutti i fronti. La costruzione di una politica federalista che assicuri la distribuzione ugualitaria delle risorse economiche e dei mezzi di sicurezza e progresso sociale, che operi bene in tutti gli angoli del paese. L'applicazione della democrazia diretta, l'autogestione, l'assemblearismo e la cooperazione coordinata di tutti che compongono un spazio collettivo, ci porterebbero a uno stato di vita migliore a tutti i livelli, rispetto a quelli che c'impongono ora la democrazia borghese e rappresentativa, i parlamenti, gli eserciti, le chiese e tutto quanto compone la classe dominante.

Per concludere possiamo dire che la natura ha messo alla prova il sistema capitalista, come è accaduto anteriormente in altri eventi del Perù col fenomeno di El Niño", col terremoto a Moquegua, col terremoto a Huaraz negli anni '70. La stessa cosa è accaduto negli USA con l'uragano Katrina, in Asia con gli tsunami che hanno ammazzato centinaia di migliaia di cittadini del popolo lavoratore del mondo. Le misure che dovevano adottare i governanti e i responsabili dello Stato si sono sempre rivelate insufficienti, e più è visibile il loro affanno di apparire caritatevoli e generosi di fronte alla stampa servile.

Signor ministro della Sanità, signor ministro dell'Economia, signor Presidente, che cosa fare? È ovvio che nessuno di voi ha la risposta. Né ora né mai. Ma come lo stesso poeta Vallejo ci direbbe, a noi los de abajo, a noi sfruttati: "Ci sono fratelli uomini, c'è moltissimo da fare."


Franz García Uceda
25 agosto 2007

Del Periódico anarquista "Qhispikay"

Grupo Qhispikay Llaqta (La libertà del popolo)
Lima - Perù

Traduzione a cura dell'Ufficio Relazioni Internazionali dell'FdCA

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