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Guerra o rivoluzione? Lettera aperta a Federica Montseny

category iberia | storia dell'anarchismo | opinione / analisi author Thursday July 20, 2006 01:33author by Camillo Berneri Report this post to the editors

E' l'ora di rendersi conto se gli anarchici stanno al governo per fare da vestali ad un fuoco che sta per spegnersi o vi stanno ormai soltanto per far da berretto frigio a politicanti trescanti con il nemico o con le forze della restaurazione della "repubblica di tutte le classi"? Il problema è posto dall'evidenza di una crisi che va oltre gli uomini che ne sono i personaggi rappresentativi...


Camillo Berneri

GUERRA O RIVOLUZIONE?

(Lettera aperta alla compagna Federica Montseny, in "Guerra di classe" del 14 aprile 1937)*
Cara compagna,

avevo l'intenzione di rivolgermi a voi tutti, compagni-ministri, ma ora, presa in mano la penna, spontaneo mi è stato rivolgermi a te sola ed ho voluto non contrariare un impulso così subito, che è buona regola seguire, in tale genere di cose, l'istinto.

(…)

Se mi rivolgo a te in pubblico e per cose infinitamente più gravi, per richiamarti alle responsabilità enormi delle quali forse non ti fa consapevole la tua modestia.

Nel tuo discorso del 3 gennaio, tu dicesti:

"Gli anarchici sono entrati nel governo per impedire che la rivoluzione deviasse e per continuarla al di là della guerra ed altresì per opporsi ad ogni eventuale tentativo dittatoriale, quale che sia".
Ebbene compagna, nell'aprile, dopo tre mesi di esperienze collaborazioniste, siamo in una situazione nella quale avvengono gravi fatti e se ne profilano atri peggiori.

Là dove, come in Vasconia, nel Levante e nelle Pastiglie il movimento nostro è imponente di forza di base, ossia non si avvale di quadri sindacali vasti e di una preponderante adesione delle masse, la controrivoluzione preme e minaccia schiacciare.Il governo è in Valenza e di là partono reparti di guardie d'assalto destinati a disarmare i nuclei rivoluzionari di difesa. Si ripensa a Casas Viejas pensando a Villanesca. Sono delle guardie civili e delle guardie d'assalto che conservano le armi e se stesse nella retroguardia che debbono controllare gli "incontrollabili", ossia disarmare di qualche fucile e di qualche rivoltella i nuclei rivoluzionari.

Questo, mentre il fronte interno non è eliminato. Questo, in una guerra civile in cui tutte le sorprese sono possibili e in regioni nelle quali il fronte è ben prossimo, frastagliatissimo e non matematicamente sicuro. Questo, mentre è evidente una politica di distribuzione di armi tendente a non armare che lo stretto indispensabile ("stretto indispensabile" che vogliamo augurare si dimostri bastevole) il fronte di Aragona, scorta armata della collettivizzazione agraria e contrafforte del Consejo d'Aragon, e la Catalogna, l'Ukraina iberica. Tu sei in un governo che ha offerto alla Francia e all'Inghilterra vantaggi al Marocco, mentre dal luglio 1936 sarebbe stato necessario proclamare ufficialmente l'autonomia politica marocchina. Che cosa pensi tu, anarchica, di questo affare ignobile quanto stupido lo immagino, ma ritengo sia giunta l'ora di far sapere che tu, e con te gli altri anarchici ministri, non concordano sulla natura e sul tenore di tali proposte.

Il 24 ottobre 1936 scrivevo in "Guerra di Classe":

"La base di operazioni dell'armata fascista è il Marocco. Occorre intensificare la propaganda a favore dell'autonomia marocchina su tutto il settore dell'influenza pan-islamica. Occorre imporre a Madrid dichiarazioni inequivocabili di abbandono del Marocco e di protezione dell'autonomia marocchina. La Francia vede con preoccupazione la possibilità di ripercussioni insurrezionali nell'Africa Settentrionale e nella Siria, e l'Inghilterra vede rafforzate le agitazioni autonomiste egiziane e degli arabi di Palestina. Occorre sfruttare tali preoccupazioni con una politica che minacci di scatenare la rivolta del mondo islamico.

Per tale politica occorre danaro ed urge mandare emissari agitatori ed organizzatori in tutti i paesi dell'emigrazione araba, in tutte le zone di frontiera del Marocco francese. Sui fronti di Aragona, del Centro, delle Asturie e dell'Andalusia bastano alcuni marocchini, con funzione di propagandisti (a mezzo radio, manifesti, ecc.)".

E' evidente che non si può garantire gli interessi inglesi e francesi al Marocco e fare opera insurrezionale al medesimo tempo. Valencia continua la politica di Madrid. Bisogna che muti. E bisogna, per mutarla, dire chiaramente e fortemente tutto il proprio pensiero poiché a Valencia agiscono influenze tendenti a patteggiare con Franco.

Jean Zyromsky scriveva sul "Populaire" del 3 marzo:

"Les manoeuvres sont visibles et elles visent à la conclusion d'une paix qui, en réalité, signifierait non seulement l'arrét de la Révolution espagnole, mais encore l'annulation des conquétes sociales réalisées.

, telle serait la formule qui exprimerait sommairement une conception qui existe et je ne suis par sur qu'elle n'ait pas la faveur de certains milieux politiques, diplomatiques et méme gouvernementaux en Angleterre et aussi en France".

Queste influenze, queste manovre spiegano vari punti oscuri : ad esempio l'inazione della marina da guerra lealista. Il concentramento delle forze provenienti dal Marocco, la pirateria del Canarias e delle Baleari, la presa di Malaga ne sono le conseguenze. E la guerra non è finita! Se Prieto è incapace e indolente, perché tollerarlo? Se Prieto è legato da una politica che paralizza la marina, perché non denunciare tale politica?

Voi, anarchici ministri, tenete dei discorsi eloquenti e scrivete degli articoli brillanti, ma non con questi discorsi e questi articoli che si vince la guerra e si difende la rivoluzione. Quella si vince e questa di difende permettendo il passaggio dalla difensiva all'offensiva. La strategia di posizione non può eternizzarsi. Il problema non lo si risolve con il lanciare delle parole d'ordine: mobilitazione generale, armi al fronte, comando unico, esercito popolare, ecc. ecc. Il problema lo si risolve realizzando immediatamente quanto si può realizzare.

Secondo La Dépeche di Toulouse (17-1),

"La grande préoccupation du ministre de l'intérieur est de rétablir l'autorité de l'Etat su celle des groupes et sur celles des incontrolables de toute provenance". E' evidente che quando si impegnano dei mesi a cercare di annientare gli "incontrollabili" non si può risolvere il problema dell'eliminazione della 5^ Colonna. L'eliminazione del fronte interno ha per condizione prima un'attività d'investigazione e di repressione che soltanto dei rivoluzionari provati possono dare. Una politica interna di collaborazionismo tra le classe e di riguardi ai ceti medi, conduce inevitabilmente alla tolleranza verso elementi politicamente equivoci.. La 5^ Colonna è costituita non soltanto di elementi appartenenti a formazioni fasciste, bensì di tutti i malcontenti che aspirano ad una repubblica moderata. E sono questi ultimi elementi quelli che profittano della tolleranza dei cacciatori di "incontrollabili".
L'eliminazione del fronte interno ha per condizione un'attività ampia e radicale di comitati di difesa costituiti dalla CNT e dall'UGT.

Noi assistiamo alla penetrazione nei quadri direttivi dell'esercito popolare di elementi equivoci, non garantiti da alcuna organizzazione politica e sindacale. I comitati ed i delegati politici delle milizie esercitavano un salutare controllo, oggi indebolito dal prevalere di sistemi di assunzione e di promozione centralisti e strettamente militari. Bisogna rafforzare l'autorità di quei comitati e di quei delegati.

Noi assistiamo al fatto, nuovo e gravido di conseguenze disastrose, che interi battaglioni sono comandati da ufficiali che non godono più la stima e l'affetto dei militi. Questo fatto è grave poiché la maggioranza dei militi spagnoli vale in battaglia in proporzione diretta alla fiducia riposta nel proprio comandante. E' necessario, quindi, ristabilire la eleggibilità diretta ed il diritto di destituzione dal basso.

E potrei continuare.

Gravissimo errore è stato quello di accettare delle formule autoritarie, non perché queste fossero formalmente tali ma perché esse racchiudevano errori enormi e scopi politici che nulla hanno a che fare con le necessità della guerra.

Ho avuto occasione di parlare con alti ufficiali italiani, francesi e belgi ed ho constatato che essi mostrano di avere delle necessità reali della disciplina una concezione molto più moderna e razionale di certi neo-generali che la pretendono a realisti.

Credo sia giunta l'ora di costituire l'esercito confederale, come il partito socialista ha creato un proprio esercito: il 5° Reggimento delle M.P. Credo sia giunta l'ora di risolvere il problema del comando unico realizzando un'effettiva unità di comando che permetta di passare all'offensiva sul fronte aragonese. Credo sia giunta l'ora di finirla con lo scandalo di migliaia di guardie civili e di guardie d'assalto che non vanno al fronte perché adibite a controllare gli "incontrollabili". Credo sia giunta l'ora di creare una seria industria di guerra. E credo sia l'ora di finirla con certe stridenti stranezze: come è quella del rispetto del riposo domenicale e di certi "diritti operai" sabotatori della difesa della rivoluzione.

Bisogna, anzitutto, tener alto lo spirito dei combattenti.

(…)

Io credo che tu debba porti il problema se difendi meglio la rivoluzione, se porti un maggiore contributo alla lotta contro il fascismo partecipando al governo o se saresti infinitamente più utile portando la fiamma della tua magnifica parola tra i combattenti e nelle retrovie.

E' l'ora di chiarire anche il significato unitario che può avere la partecipazione nostra al governo. Bisogna parlare alle masse, chiamarle a giudicare se ha ragione Manuel Cachin quando dichiara (L'Humanité 23 marzo):

"Les resposables anarchistes multiplient leurs efforts unitaires et leurs appels sont del plus en plus entendus", o se hanno ragione la Pravda e l'Isvestia quando calunniano gli anarchici spagnoli sabotatori dell'unità. Chiamarle a giudicare la complicità morale e politica del silenzio della stampa anarchica spagnola sui delitti dittatoriali di Stalin, dalle persecuzioni contro gli anarchici russi al mostruoso processo contro l'opposizione leninista e troskista, è meritoriamente compensata dalle diffamazioni dell'Isvestia a carico della Solidaridad Obrera.

Chiamarle a giudicare se certe sabotatrici manovre annonarie non rientrano nel piano annunciato il 17 dicembre 1936 dalla Pravda: "In quanto alla Catalogna è cominciata la pulizia degli elementi troskisti e anarco-sindacalisti, opera che sarà condotta con la stessa energia con la quale la si condusse nell'URSS".

E' l'ora di rendersi conto se gli anarchici stanno al governo per fare da vestali ad un fuoco che sta per spegnersi o vi stanno ormai soltanto per far da berretto frigio a politicanti trescanti con il nemico o con le forze della restaurazione della "repubblica di tutte le classi"? Il problema è posto dall'evidenza di una crisi che va oltre gli uomini che ne sono i personaggi rappresentativi.

Il dilemma, guerra o rivoluzione -non ha più senso. Il dilemma è uno solo: o la vittoria su Franco mediante la guerra rivoluzionaria o la sconfitta.

Il problema, per te e per gli altri compagni. È di scegliere tra la Versailles di Thiers e la Parigi della Comune, prima che Thiers e Bismarck facciano l'union sacrée. A te la risposta, poiché tu sei la "fiaccola sotto il moggio".

Fraternamente,


Camillo Berneri


* (tratto da Adriana Dadà, "L'anarchismo in Italia: fra movimento e partito. Storia e documenti dell'anarchismo italiano", Teti editore, Milano 1984)

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