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recensione
Tuesday November 24, 2015 17:05 by Giorgio Franchi - Opinione Franchi
La vulgata vorrebbe i comunisti anarchici, alias "piattaformisti", alias cripto-marxisti infiltrati, come immutabili nel tempo e nello spazio, assolutamente fedeli al sacro verbo della "Piattaforma Organizzativa dell'Unione Generale degli Anarchici" elaborata nel 1926. Ovviamente la cosa è destituita di ogni fondamento poiché nei decenni successivi sono stati scritti decine di documenti teorici e pratici che arrivano fino ai giorni nostri, in tal senso l'America Latina è una vera e propria fucina. Fra i documenti "piattaformisti" più controversi, ma allo stesso tempo brillanti ed originali, troviamo l'opera di George Fontenis "Manifesto del Comunismo Libertario". Documento elaborato nel 1953, quindi figlio ideale di quella cosiddetta IV ondata rivoluzionaria del comunismo anarchico (giusto per usare la periodizzazione di Michael Schmidt) da cui nacquero in Italia i famosi (si fa per dire) Gruppi Anarchici di Azione Proletaria. " Gli anarchici ammettono l'uso di un potere politico da parte del proletariato ma tale potere politico lo intendono come l'insieme di sistemi di gestione comunista, di organismi corporativi, di istituzioni comunali, regionali e nazionali liberamente costituite fuori e contro il monopolio politico di un partito e miranti al minimo accentramento amministrativo". Questi elementi peculiari portarono anche la Federazione Comunista Libertaria a provare la tattica elettorale alla fine del secondo dopoguerra. La mossa fu successivamente definita da Fontenis "spregiudica" ma "realistica"; spregiudicata di sicuro, realistica ho dei seri dubbi. Il trattato, a mio modesto parere, ha anche alcuni punti che tradiscono posizioni del tutto soggettive ed in parte errate come la trattazione relativa all'evoluzione del capitalismo anche se Gutiérrez la vede diversamente: ritenere che il capitalismo liberale possa essere considerato una variante di quello di stato non regge, in alcun modo, gli anni '70 ed il passaggio progressivo dal capitalismo industriale a quello finanziario hanno reso la cosa ancora più evidente. Inoltre a sentire il nostro il capitalismo, nel momento in cui scriveva il manifesto, era in "crisi" ed a punto di svolta, ma a conti fatti Fontenis è sotto terra ed il capitalismo invece è vivo, vegeto e pure vittorioso. Come dicevo la seconda parte del libro è occupata da una corposa appendice con ben 5 contributi. Il primo contributo è la traduzione della comunicazione che ufficializza al grande pubblico la costituzione dell'Internazionale Comunista Libertaria dopo il congresso di Parigi del giugno 1954; a seguire il documento programmatico sui principi dell'Internazionale in cui è ravvisabile l'influenza del periodo: gli anni '50 sono quelli della decolonizzazione, quindi è evidente che che l'I.C.L. presti un certo interesse al fenomeno imperialista. Fin dalla prima lettura, anche superficiale, si evince una certa influenza del marxismo se non altro a livello semantico anche se a livello prettamente ideologico sono chiari, evidenti e lampanti i riferimenti al Manifesto del Comunismo Libertario di Fontenis. Quindi è plausibile che l'I.C.L. sia nata in seguito ad un preciso stimolo di rinnovamento portate dalla teorizzazioni del transalpino: la "liquidazione dello stato", l'importanza del sindacalismo, l'unità teorica e tattica, ecc. . Purtroppo l'I.C.L. ebbe vita breve: dal 1954 al 1958. Se non altro non si può accusare i comunisti anarchici di allora di aver voluto tenere in vita un inutile contenitore basandosi su inutili e negativi sentimentalismi. Il secondo contributo è un breve scritto di Fontenis intitolato "Cos'era l'Internazionale Comunista Libertaria? (giugno 1954 - luglio 1958)". da questo contributo cosa emerge: a. nelle intenzioni di Fontenis dei "piattaformisti" l'Internazionale Comunista Libertaria era la naturale prosecuzione della vecchia AIT;Il terzo contributo è la cronistoria del movimento comunista anarchico transalpino dal 1945 al 2011. Contributo senz'altro apprezzabile per contestualizzare l'opera di Fontenis e lo sperimentalismo del comunismo anarchico sempre attivo su due direttrici: il movimento politico in senso stretto e l'azione sindacale. Salta subito all'occhio il dedalo di sigle proposte, realtà specifiche che raccoglievano alcune decine di militanti, molto compatte e coese: di norma la divisione all'interno del movimento comunista anarchico non è mai avvenuto in base a personalismi, bensì su questioni di merito circa la corretta applicazione delle linee teoriche. Il quarto contributo è un intervista rilasciata da Fontenis quando già si era ritirato a vita privata. Uno spaccato delle dinamiche occorse nel movimento comunista anarchico viste attraverso gli occhi dell'intervistato: il periodo della clandestinità e l'impegno sindacale durante l'occupazione nazista, la ricostituzione della struttura dell'anarchismo sociale, la divisione fra sostenitori della struttura di sintesi e della struttura specifica. Forse l'intervista sarebbe stata più utile se si fosse focalizzata soprattutto sugli errori commessi. Historia magistra vitae. Il quinto contributo è una biografia di George Fontenis, dal 1920 al 2010. Forse sarebbe stato più appropriato mettere la nota biografica come primo contributo d'appendice: non tutti, anzi pochi se non pochissimi sanno chi era George Fontenis. Detto ciò il libro è ottimo e spero di poter presto leggere in italiano le opere di questo brillante attivista politico anarchico. |
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