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Sull'intervento di Putin in Siria

category mashrek / arabia / irak | imperialismo / guerra | opinione / analisi author Sunday October 11, 2015 17:22author by Mazen Kamalmaz Report this post to the editors

Le classi dirigenti del Medio Oriente sono molto agitate in questi giorni, al pari delle loro controparti occidentali ed "internazionali", di fronte alla decisione di Putin di intervenire direttamente in Siria. Infatti, questo è il modo in cui loro "intendono" e fanno politica: combattere contro i loro contendenti regionali per conquistare l'egemonia regionale, appoggiati da schieramenti internazionali reciprocamente opposti.


Sull'intervento di Putin in Siria


Le classi dirigenti del Medio Oriente sono molto agitate in questi giorni, al pari delle loro controparti occidentali ed "internazionali", di fronte alla decisione di Putin di intervenire direttamente in Siria. Infatti, questo è il modo in cui loro "intendono" e fanno politica: combattere contro i loro contendenti regionali per conquistare l'egemonia regionale, appoggiati da schieramenti internazionali reciprocamente opposti. E' chiaro che la decisione di Putin comporta un'escalation del conflitto in corso tra gli schieramenti locali ed internazionali in campo, in Medio Oriente ed in particolare in Siria. L'Iran, ed ovviamente Assad, Hezbollah ed il governo iracheno hanno ben accolto l'intervento russo, sostenendo che contribuirà a contenere il “terrorismo”, fino a sconfiggerlo. Dall'altra parte, i rivali del regime iraniano: Erdogan , i re ed i principi degli Stati del Golfo hanno condannato gli attacchi russi; ed hanno auspicato che vengano interrotti. Qualcuno ha minacciato per la Russia una sconfitta simile a quella subita in precedenza in Afghanistan. In Occidente ci sono state diverse reazioni: alcuni si sono infuriati per l'iniziativa russa, altri si sono dimostrati indifferenti. Ben presto i capi religiosi si sono uniti allo show: il portavoce della Chiesa Ortodossa russa ha definito questa guerra come una guerra "santa". Gli ha risposto il portavoce dei Fratelli Musulmani siriani, il quale ha dichiarato la jihad dalla sua residenza a Istanbul chiedendo ai Siriani di combattere gli aggressori con tutti i mezzi possibili. Alcuni accademici Sauditi gli hanno subito fatto eco. Anche "politici" ed "intellettuali" si sono arruolati volenterosi nel conflitto: sproloquiando di un'altra guerra sulle pagine dei giornali o dei siti web, una guerra che non sparge una sola goccia di sangue, ma che uccide ogni segno di solidarierà umana e di naturale empatia umana tra la gente comune, le vere vittime di tutti questi stupidi conflitti. Ma qui i libertari si trovano di fronte ad un dilemma in una situazione in cui forze autoritarie si combattono l'un l'altra per il solo scopo dell'egemonia sulle masse. Assad o ISIS sono entrambi forze ultra-totalitarie, quasi fasciste nella struttura della loro demagogia e della repressione. Chi li appoggia: sia i mullah iraniani sia i loro rivali in Arabia Saudita, Turchia e Qatar sono governanti dispotici. E allora da che parte stare in questo conflitto? Naturalmente, questo non è mai un problema per gli autoritari: seguiranno chi li possa portare al potere, pretendendo che questo è negli "interessi reali" della nazione o del popolo, oppure della Umma, o della classe, ecc. Essere autoritari è sempre più facile, un lavoro semplice…

Era la stessa situazione ai tempi della guerra fredda, due potenze autoritarie si combattevano per l'egemonia mondiale, ed ognuna diceva di combattere per la "vera libertà".

E quando tu sei il "buono", che combatte contro i "cattivi", allora non puoi che fare solo cose "buone", fosse pure uccidere, distruggere o reprimere.

Così, il sistema repressivo dei gulag, i processi-spettacolo a Mosca, la caccia alle streghe di McCarthy, ecc, potevano essere giustifcati.

Fino ad ora centinaia di migliaia di Siriani, gente comune, sono morti, milioni sono gli sfollati, ed ancora ci tocca ascoltare solo due versioni sulle loro sofferenze: chi da un lato accusa il nemico di tutte le atrocità e chi nega le atrocità commesse dagli "amici" salvo parlarne come inevitabili effetti collaterali. Gli attacchi aerei degli USA uccidono civili innocenti, al pari di quelli russi. Anche i bombardamenti di Assad o gli attentati suicidi dell'ISIS uccidono indiscriminatamente. Dopo che la rivoluzione siriana è degenerata in guerra civile, dopo che le masse in rivolta o i loro comitati di coordinamento e le loro milizie locali e decentrate inizialmente note come Libero Esercito di Siria sono state sostituite dai gruppi semi-regolari dei signori della guerra, apppoggiati dai despoti della regione, i rivoluzionari siriani si sono ritrovati in una situazione difficilissima: non possono accettare la vittoria del dittatore, al tempo stesso sapevano benissimo che la sconfitta di Assad non significava la liberazione delle masse dalla dittatura ma la sua sostituzione con un altro dittatore.

Ciò che è rimasto del Libero Esercito Siriano e delle milizie locali e decentralizzate che avevano iniziato a combattere la forza militare dell'esercito di Assad spalancando autostrade per il risveglio e l'insorgenza degli jihadisti, è degenerato in bande di delinquenti guidate da signori della guerra che obbediscono agli ordini dei loro finanziatori (i quali sono in genere i ricchi despoti confinanti) i quali perseguono l'egemonia e la ricchezza anche alle spalle degli stessi vicini che dichiarano di voler difendere.

E col peggiorare delle condizioni di vita delle masse siriane, causato dall'intervento di tutte le potenze in gioco, la forza e la volontà di combattere del popolo è rapidamente scemata e quasi scomparsa, dal momento che si lotta per la mera sopravvivenza. Quale allora la situazione per i rivoluzionari ed ovviamente per le masse?

Ebbene, mentre le alte speranze di emancipazione sono sfumate, dobbiamo essere franchi con noi stessi e con il popolo ed iniziare a costruire le lotte del futuro.

Stare con Assad o con l'ISIS o con i signori della guerra non significa lottare per noi stessi.

Nemmeno lo schieramento guidato dall'Iran o quello guidato dai Sauditi meritano che si muoia per loro.

Inoltre, noi non nutriamo nessuna illusione su un possibile accordo "di pace". Che significherebbe un nuovo status quo , una nuova repressione, una nuova dittatura, che scambia la sicurezza con la sottomissione, come tutti fanno con i comuni cittadini siriani.

Invece del confessionalismo, che si è dimostrato essere forte, un'arma decisiva nelle mani del dittatore o delle classi dirigenti che si oppongono a lui, noi perseguiremo un nuovo movimento di liberazione, non multi-confessionale come rottura liberale, ma del tutto anti-confessionale; non semplicemente laico, ma libertariamente laico ed antagonista non solo al fondamentalismo islamista ma anche al laicismo "autoritario" di alcuni ben noti dittatori come Ataturk , Nasser , Assad , etc

Noi non ci schiereremo e chiederemo alle masse di fare lo stesso.

Schierarsi significa solo giustificare omicidi, repressione ed autoritarismo.

Noi vogliamo la libertà, la giustizia, una vita dignitosa, per tutti. Nessuno tra gli schieramenti autoritari può offrire tutto questo alle masse. Ma solo egemonia. E noi ci opponiamo a loro, li condanniamo in blocco, li riteniamo responsabili della critica situazione in cui vivono oggi le masse siriane.

Mazen Kamalmaz

Traduzione a cura di Alternativa Libertaria/FdCA - Ufficio Relazioni Internazionali.

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