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Genova: Multinazionali a delinquere. Il caso Ericsson Jabil

category italia / svizzera | lotte sindacali | comunicato stampa author Thursday March 05, 2015 20:15author by Coordinamento lavoratori e lavoratrici Genova Report this post to the editors

Oggi i lavoratori devono, purtroppo, imparare a fare da sé, nel caso bypassando e superando ogni cautela delle burocrazie sindacali.

Le lotte e l'unità dei lavoratori sono rimaste l'unico strumento per difendere i nostri diritti.


Genova: Multinazionali a delinquere. Il caso Ericsson Jabil


La Ericsson è una multinazionale svedese del campo delle telecomunicazioni. E' un'azienda solidissima con fatturati enormi e aziende sparse in tutto il mondo. In Italia è presente in diversi luoghi da Milano fino a Marcianise. A Genova occupa uno spazio alla collina degli Erzelli dove si è trasferita sfruttando soldi pubblici proprio mentre lasciava a casa vari addetti. Questa vicenda che si intreccia con la speculazione edilizia sulle alture di Sestri Ponente (dove al posto del polo tecnologico stanno costruendo palazzi di lusso e laghetti artificiali) è un caso paradigmatico dell'intreccio tra politica degli affari e desertificazione industriale. Questa vicenda non è separabile dalle altre vicende del gruppo svedese che in questi giorni sta portando a termine una dismissione nello stabilimento di Marcianise in provincia di Caserta dove è in corso da mesi una lotta sindacale che non è raccontata da nessuno se non da poche righe di alcuni giornali locali. Eppure gli addetti della fabbrica casertana hanno scioperato per oltre un mese, hanno più volte incontrato il governo e la multinazionale e stanno fornendo un esempio di resistenza operaia. Proviamo quindi per sommi capi a raccontare questa storia.

Ai primi di gennaio, dopo una trattativa silenziosa e a lungo tempo negata, la Ericsson decide di vendere la fabbrica di Marcianise alla multinazionale dell'elettronica Jabil. Questa azienda era salita agli onori della cronaca sindacale nel 2008 per la chiusura della fabbrica ex Nokia di Cassina di Pecchi che aveva appena rilevata. Quella vertenza fu giocata dai lavoratori Jabil che tennero per mesi in scacco la proprietà provando a occupare e a gestire l'azienda. Dopo tre anni, complice una politica al servizio dei padroni, la Jabil ha ottenuto il risultato che voleva. Nel frattempo proprio Jabil aveva già rilevato a Marcianise circa 600 lavoratori del gruppo ex Marconi; dei circa 1.200 addetti la metà era finita in Jabil, l'altra era diventata addetta nella fabbrica del gruppo Ericsson. Dopo pochi anni la Jabil ha 520 addetti di cui circa 180 in esubero dichiarato; all'interno dell'azienda (che lavora su commesse del gruppo Ericsson) si lavora a singhiozzo (dai 2 ai 5 giorni al mese). Questa azienda vorrebbe rilevare i lavoratori della Ericsson (circa 450 di cui 100 dichiarati in esubero e con cassa integrazione fino a giugno). In questa situazione è evidente che il gruppo Ericsson vuole scaricare i lavoratori ad un gruppo che è già in crisi e non ha nessuna reale intenzione di produrre in Italia. Appare evidente che si tratta di una vera e propria dismissione di un ramo di impresa verso una multinazionale che funziona come liquidatrice di forza lavoro.

Nulla di nuovo in effetti. Le multinazionali in Italia fanno il bello e i cattivo tempo: rilevano industrie e le spremono fino a ché non ritengono più vantaggioso diminuire il costo del lavoro trasferendo rami d'azienda all'estero. Nel particolare abbiamo la Jabil che è specializzata in questo tipo di operazioni.

La lotta dei lavoratori e delle lavoratrici di Marcianise è quindi una lotta sacrosanta che sconta però un isolamento totale. Da un lato le multinazionali che continuano a macinare profitti trasferendo produzioni ovunque ci sia la possibilità di guadagnare di più. Dall'altro una politica locale e nazionale che vede piani industriali interessanti ogni qualvolta i padroni chiedono qualcosa fino alla prossima chiusura o delocalizzazione. Chi dovrebbe difendere i lavoratori è il sindacato che ha accettato e continua ad accettare che i lavoratori dello stesso ramo vengano divisi in categorie (nel caso specifico alcuni lavoratori Ericsson hanno il contratto delle telecomunicazioni, altri mantengono il contratto da metalmeccanici) in modo che ogni azione comune sia bandita o inutile. Solo per fare un esempio i lavoratori Ericsson di Genova hanno chiesto di attivare una cassa di resistenza per gli addetti di Marcianise ma fino a ora il sindacato non ha risposto.

Oggi i lavoratori devono, purtroppo, imparare a fare da sé, nel caso bypassando e superando ogni cautela delle burocrazie sindacali.

I lavoratori di Ericsson a Genova hanno già pagato una forte ristrutturazione e devono stringere con i lavoratori di Marcianise non per un astratto criterio solidaristico ma perchè si devono chiedere “chi sarà il prossimo?”

Solo una lotta comune e generalizzata può convincere i padroni a cedere e la politica a prendere la parte dei lavoratori. Ma quelle sono le controparti da combattere e da costringere alla resa non compagni di lotta. E' definitivamente tramontata la stagione in cui fiumi di denaro pubblico potevano convincere le imprese a sfruttare meno i lavoratori; da almeno venti anni le multinazionali e i padroni hanno avuto gioco facile nel licenziare, abbassare tutele e salari. La politica li ha accompagnati con le leggi a loro favore fino al jobs act che renderà tutti ancora più schiavi e ricattabili. I margini per le trattative di difesa si sono ridotti fino al punto da essere non praticabili. Le lotte e l'unità dei lavoratori sono rimaste l'unico strumento per difendere i nostri diritti.

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