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Gli anarchici nell'età repubblicana

category italia / svizzera | storia dell'anarchismo | recensione author Wednesday December 17, 2014 03:14author by Gino Caraffi - Alternativa Libertaria/FdCA Report this post to the editors

Dalla Resistenza agli anni della Contestazione 1943-1968

Recensione del libro "Gli anarchici nell'età repubblicana - Dalla Resistenza agli anni della Contestazione 1943-1968" di Pasquale Iuso, edito per i tipi della BFS Edizioni.
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Gli anarchici nell'età repubblicana

Dalla Resistenza agli anni della Contestazione 1943-1968


Il lavoro di Pasquale Iuso, edito da BFS, è una narrazione storica degli anarchici e delle loro organizzazioni in una dimensione temporale minima e necessaria a comprenderne la portata politica e culturale, uscendo da letture biografiche che anche inconsapevolmente, ne riducono la visuale storica, nei fatti e nelle tendenze. Il recupero quindi di un quadro di riferimento temporale come necessità di una lettura storica degli eventi e dei fatti, evitando di sovrapporre gli atti e gli indirizzi politici nell’attività degli anarchici alla divisione forzosa di concepire la storia solo come storia delle idee.

E’ un testo breve, sintetico, ma ha il pregio di mettere in risalto e di cogliere i passaggi dirimenti della storia degli anarchici, dalla lotta armata contro il nazi-fascismo fino alla rivolta studentesca del 1968, alle bombe della reazione ed all’assassinio di Pinelli. Scorrendo il testo non si può fare a meno di interrogarci sulla dimensione politica del movimento Anarchico, sulle difficoltà di individuare - nei passaggi e nel mutamento della società all’alba della rinata democrazia borghese - il proprio ruolo, rivoluzionario e libertario.

Gli snodi critici, i passaggi imposti dalla mutata condizione postbellica non riescono ad essere analizzati per tempo, la mancanza di analisi e la condizione degli Anarchici dopo il ventennio fascista non riesce a confrontarsi con il nascente duopolio di massa esercitato dai partiti, dalla divisione bipolare del mondo, dal mutare delle condizioni sindacali e sociali. A questa mancanza di lettura si sommarono le dispute “storiche” degli anarchici, organizzatori vs antiorganizzatori, comunisti vs liberali. In questo quadro nasce la FAI a Carrara nel 1945.

Il congresso viene preceduto da convegni regionali, e già in quelle assise non si vollero vedere le differenze che avrebbero fortemente limitato in seguito l’attività degli anarchici: una profonda divisione tra Nord Italia - uscito con migliaia di compagni dalla resistenza armata antifascista - ed un Sud Italia che questo passaggio non lo aveva interessato, se non in piccolissima parte; differenze di esperienze che nemmeno l’entusiasmo suscitato dal Congresso di Carrara riuscì ad amalgamare in una prospettiva politica ed organizzativa condivisa.

Le fratture furono immediate e molti se ne andarono, non disposti a sottostare ad un purismo ideologico che nascondeva una precisa ipotesi di lavoro politico, con una forte caratterizzazione della FAI come movimento d’opinione di stampo liberale. Da qui in poi fu un susseguirsi di defezioni. Le rotture maggiori si ebbero sul rapporto da tenere con i CLN, discussione che precede il congresso del 1945, sul referendum Repubblica/ Monarchia, sul rapporto e le alleanze con i partiti della sinistra. La Federazione che nacque a Carrara fu un tentativo di tenere insieme gli anarchici in quanto tali. La forte presenza di anarchici aclassisti, antiorganizzatori , individualisti di diverse gradazioni condusse quanti si posero su di un terreno classista e comunista a praticare una opposizione interna che non solo non venne accolta, ma venne osteggiata con una durezza tale da mettere molti compagni in serio imbarazzo.

Il tentativo, presto naufragato, dei GAAP fu sicuramente il maggiore contributo di quanti vollero riallacciare l’anarchismo alla tradizione socialista del movimento operaio, classista, con una presenza organizzata nel sindacato, una organizzazione strutturata che riscopriva i tratti della critica “piattaformista” al nullismo della componente liberale.

Si deve attendere, comunque, il 1965 perché nella FAI si arrivi a strutturare un minimo di organizzazione. Sono compagni dello spessore di Marzocchi, Failla, Cerrito, i quali nel porre al congresso di Carrara come requisiti indispensabili alla organizzazione alcuni elementi di semplice funzionalità organizzativa, scatenano l’ennesima scissione, che stavolta viene praticata dagli antiorganizzatori: Damiani, Guerrini, Borghi per citare i più noti. Quella corrente che aveva da sempre avuto l’aiuto e l’appoggio degli anarchici americani dell’Adunata dei Refrattari si trovò così fuori dalla FAI.

Purtroppo questa mancanza di chiarezza iniziale, tattica e strategica ha fatto si che gli anarchici italiani arrivassero con molto ritardo agli appuntamenti che i movimenti degli anni sessanta stavano costruendo, ritardo che venne in parte colmato dall’arrivo di nuovi e giovani ribelli che in parte ne rinsaldarono le fila.

Un libro necessario agli anarchici di oggi, per conoscere e misurasi con la propria storia, ed un libro utile agli storici che potranno trovare ed approfondire quanto nel lavoro di Pasquale Iuso è solo abbozzato e per cause evidenti sottotraccia.

Gino Caraffi

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