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Sulla conferenza internazionale a Bil'in

category mashrek / arabia / irak | imperialismo / guerra | opinione / analisi author Friday March 24, 2006 01:35author by Ilan Shalif - Anarchici Contro il Muro (cap. pers.) Report this post to the editors

e la strana cooperazione degli anarchici con élites dominanti capitaliste e “nazionaliste”

Nei due giorni passati, abbiamo tenuto una conferenza internazionale a Bil'in in solidarietà con la lotta contro il muro, che da dodici mesi viene portata avanti dal comitato popolare locale insieme all’iniziativa Anarchici contro il Muro.


La conferenza a Bil'in

e la strana cooperazione degli anarchici con élites dominanti capitaliste e “nazionaliste”

di Ilan Shalif

Il conflitto israeliano-palestinese – sebbene implichi più un progetto di stanziamento coloniale che non una normale forma di dominazione coloniale – presenta delle somiglianze con il colonialismo “normale”, e maggiormente nella presenta fase del capitalismo globale e locale (regionale). Non è strano che in un mondo di de-colonizzazione e di globalizzazione capitalista gli ultimi residui di progetti coloniali ancora esistenti siano sotto pressione affinché finiscano. È così anche in regioni dove, per esempio, l’aspetto coloniale era, o è, commisto con la repressione del nazionalismo (come in Irlanda, Turchia e Israele/Palestina) ed è maggiormente soggetto alle pressioni internazionali per la sua fine quando coinvolge un colonialismo in espansione con la presenza di coloni (come in Indonesia e Israele).

Nel caso del conflitto israeliano-palestinese, benché sia dominante il profilo del colonialismo con stanziamento di coloni sul territorio, il primo passo verso la de-colonizzazione si presenta ancora come un’imitazione di altri Stati capitalisti, consistente nel compromesso con la leadership in esilio dei “movimenti di liberazione nazionali”.

Come in altre parti, (e in modo particolare in Algeria, dove i costi della repressione dell’insurrezione locale divennero troppo grandi) la cooptazione della leadership in esilio risultò essere la prima scelta da compiere. In questo modo, al pari dell’accordo della Francia con la leadership all’estero del FLN, Israele ha cercato di raggiungere un accordo con la leadership in esilio dell’OLP. Tuttavia, il trasferimento di poteri alla leadership dei paesi de-colonizzati riuscita nella maggior parte dei luoghi, è fallita nel caso israeliano-palestinese. Qui non poté riuscire perché le forze interessate alla continuazione degli insediamenti coloniali non hanno subito una completa disfatta, e i passi verso la de-colonizzazione sono stati limitati.

Non è affatto strano che l’appoggio per la fine del dominio coloniale venga da una larga parte dei capitalisti israeliani, dato che per essi è diventata un oneroso fardello. E nemmeno che questa parte dell’élite capitalista darà appoggio e cooperazione – come in altri paesi – ai radicali che lottano contro la continuazione del dominio coloniale da parte dei loro paesi su altri paesi. È tuttavia alquanto strano quando l’appoggio/cooperazione, nel caso di Israele, riguardi un’iniziativa dal nome “Anarchici contro il Muro” (AATW). La cosa è ancora più strana quando gli anarchici entrano in un rapporto di cooperazione intensiva con i media… che così spesso operano pesantemente per non offrire appoggio agli anarchici. Ed è altresì strano allorché l’intera sinistra radicale segue l’iniziativa degli anarchici che settimanalmente organizzano lotte nel villaggio palestinese di Bil'in insieme al comitato popolare locale.

Non è invece strano che gli anarchici instaurino una tale cooperazione, se si comprende come la situazione colonialista, e ancora di più quella del stanziamento coloniale, rende duro lottare contro la “colonizzazione” delle menti dei lavoratori da parte dell’ideologia capitalista.

La lotta degli anticapitalisti antiautoritari contro il colonialismo di altri Stati da parte delle élites dominanti dei loro paesi è di maggior beneficio per la de-colonizzazione delle menti del popolo nelle loro stesse comunità che non per la de-colonizzazione degli abitanti delle colonie, sostituendo la dominazione esterna con quella di un’élite locale che spesso rende la vita ancora peggiore.

E la strana situazione nella lotta israelo-palestinese ci fornisce un’opportunità unica per battersi per la libertà delle menti dei lavoratori israeliani.

In un certo senso la strana situazione è il risultato dell’impasse nella decolonizzazione delle regioni palestinesi colonizzate da Israele dopo la guerra 1967.

Non è strano che gli sforzi per coinvolgere la leadership dell’OLP in esilio siano falliti, in quanto la de-colonizzazione di un progetto di insediamento coloniale riuscito a metà richiede molto di più di un cambio tra settori dell’élite capitalista, per lo più monolitica.

Il processo si è inceppato perché Israele ha rifiutato di dare alla leadership dell’OLP abbastanza potere e risorse per renderla capace di rimpiazzare la resistenza dei ribelli più radicali, che rifiutano di abbandonare la lotta contro ciò che ancora resta del progetto di insediamento coloniale nelle regioni conquistate nella guerra del 1967. Israele ha rifiutato di dare all’OLP le risorse necessarie perché il cambio nell’equilibrio di potere e interessi all’interno dell’élite israeliana non era stato abbastanza radicale – erano ancora troppo forti coloro che erano interessati alla continuazione il più possibile dell’insediamento coloniale.

Non c’è da sorprendersi che gli autoritari della sinistra (inclusi i leninisti e i maoisti) siano diventati partners delle élites capitaliste nazionaliste che conducevano – e conducono – la “liberazione nazionale” delle colonie (nel caso israelo-palestinese, l’élite capitalista nazionalista palestinese – l’OLP). Tuttavia, ciò che richiede sì qualche spiegazione è la cooperazione della sinistra antiautoritaria e anticapitalista in Israele con partners volenterosi nell’area della “liberazione nazionale palestinese”. Si è iniziata negli anni ’60 e continua oggi su una scala più grande con gli odierni anarchici (quelli dell’iniziativa “Anarchici contro il Muro”).

La ragione non sta in un qualche istintivo sentimento di simpatia con chi ha sempre la peggio. Né in un sentimento di colpevolezza per aver goduto dei frutti del progetto coloniale. La ragione sta nel fatto che noi comprendiamo il “contributo” negativo del progetto di insediamento colonialista in ordine alle opinioni reazionarie della classe lavoratrice sia israeliana sia palestinese, e correttamente riteniamo che tale cooperazione, e ancora di più l’azione diretta popolare, può minare le ideologie nazionaliste da ambedue le parti.

Il settore del capitale israeliano che è interessato nella fine del colonialismo attraverso gli insediamenti, non è fatto da anarchici occulti… né gradiscono il nostro messaggio. Tuttavia essi sono abbastanza ansiosi di sopraffare l’influenza dei settori capitalisti di quella potente élite che ancora appoggia gli insediamenti coloniali.

Essi hanno investito notevoli sforzi per convincere la maggioranza della pubblica opinione a sostenere la fine dell’insediamento colonialista, ma questa maggioranza è ancora fragile.

Così, il settore dell’élite capitalista che vuole la fine degli insediamenti coloniali sta investendo pesantemente nel cambiamento dell’opinione pubblica attraverso l’uso dei media. Usano la nostra lotta congiunta per dare spazio nei media al discredito del colonialismo attraverso gli insediamenti, “pagandoci” con l’attribuzione di spazio alla nostra lotta fatta di azione diretta e all’anarchismo in generale. Infatti, noi abbiamo un crescente positiva presenza nei media, il cui effetto può essere osservato attraverso il comportamento delle forze dello Stato, che vanno gradualmente diminuendo la violenza. Non è facile crederlo, ma almeno cinque soldati che erano di servizio presso la seduta conclusiva della nostra conferenza internazionale si sono avvicinati per ascoltare il dibattito.

L’élite dominante palestinese è in una situazione ancora peggiore.

Il parziale coinvolgimento della leadership dell’OLP non ha dato luogo a uno stabile compromesso con il parziale ritiro del progetto colonialista degli insediamenti. Il suo “corrotto ordine sociale da terzo mondo” non è riuscito a diventare abbastanza forte da reprimere gli elementi più radicali tra i palestinesi. Questo fallimento ha causato crescenti pressioni da parte dello Stato d’Israele sull’élite palestinese per l’ottenimento di risultati, pressioni che hanno solo portato all’ascesa al potere di Hamas. E ha anche causato un calo nelle speranze tra gli abitanti dei villaggi lungo il percorso del recinto di separazione (il Muro), sulla possibilità che i leaders palestinesi possano guidare una lotta contro il muro; il che li ha spinti a iniziare la lotta da sé.

Le varie lotte locali a cui hanno partecipato gli anarchici israeliani ha conseguito qualche risultato. La presenza degli anarchici israeliani ha ridotto il crudele ricorso alla brutalità da parte delle forze dell’ordine statali nel disperdere le manifestazioni. E ha attirato sempre più attenzione da parte dei media internazionali e israeliani. Le lotte congiunte portate avanti in altri villaggi prima che iniziasse quella di Bil'in hanno avuto successo nel conseguire pubblicità, ottenendo risultati e incoraggiando la fiducia, e ha portato alla lotta congiunta di Bil'in. E non solo: ha portato anche alle attuali lotte congiunte dell’AATW con gruppi di base di alcuni villaggi palestinesi che ci hanno invitato a unirci a loro, quali Abud, Beit-Sira, Hebron, ed altri.

Nei due giorni passati, abbiamo tenuto una conferenza internazionale a Bil'in in solidarietà con la lotta contro il muro, che da dodici mesi viene portata avanti dal comitato popolare locale insieme all’iniziativa Anarchici contro il Muro. La leadership dominante di al-Fatah non ha promosso l’azione popolare diretta e non violenta contro il muro, nonostante l’incremento di partecipazione da quando gli anarchici israeliani vi sono stati coinvolti. E ci sono delle ovvie ragioni perché non l’abbia fatto. Tuttavia, a poco a poco, ha finito con l’esserne coinvolta, e perfino ha tentato di cooptare l’iniziativa. Anzi, prima del cambio di potere all’interno dell’élite capitalista palestinese, parecchi esponenti hanno partecipato in certe forme, per esempio unendosi alle manifestazioni settimanali del venerdì.

Gli sforzi dell’élite palestinese per approfittare della lotta popolare contro il recinto di separazione, e particolarmente a Bil'in, sono in graduale aumentando. Sono stati mandati esponenti alle grandi manifestazioni, e perfino hanno tenuto una sessione del loro “governo” a Bil'in, sebbene non per loro iniziativa e nonostante il ben noto fatto del progetto congiunto di comitati locali e degli anarchici israeliani. In un caso, un funzionario del grado più elevato portò una formale lettera di sostegno all’AATW... e (sorpresa!) anche la gente dell’Hamas locale con la sua leadership regionale non ce l’ha fatta a mantenere le distanze e si unì alle manifestazioni del venerdì.

La nostra “tolleranza” per il coinvolgimento con personaggi più o meno corrotti dell’élite dominante palestinese e con i loro concorrenti è un “must”. Anche i locali comitati popolari non sembrano esserne troppo contenti, ma essi comprendono i limiti degli attivisti locali di base, e la “tassa politica” che devono pagare all’èlite politica al potere. E così, quando i deputati israelo-palestinesi e palestinesi hanno partecipato alle nostre manifestazioni settimanali del venerdì, essi hanno avuto le loro “tasse” in forma di un turno al microfono.

Oltre ad attivisti locali e attivisti dell’AATW, la conferenza di Bil’in ha visto partecipanti da molti paesi occidentali e, cosa più importante, da popolazioni partecipanti a lotte locali da altre regioni della Palestina – da Hebron (Halil) nel sud a Jenin nel nord. E ha portato esponenti dell’OLP e della leadership di al-Fatah a prendersi le loro “tasse”.

Alla sessione plenaria ci sono stati degli interventi da parte di esponenti dell’OLP (di al-Fatah e non, membri passati e presenti del PNA), ma anche da parte di ospiti internazionali coinvolti nella nostra comune lotta nei loro paesi. Gli attivisti di base hanno anche riferito delle lotte che essi conducono. I dibattiti principali si sono svolti in gruppi di lavoro, ciascuno incentrato sulla lotta sui singoli settori del recinto di separazione. In tali colloqui sono state raggiunte alcune conclusioni in ordine al passato, e sono stati formulati suggerimenti sulle lotte future. Alcuni di essi sono stati inseriti nel testo finale della conferenza.

E in conformità alla maniera di Bil'in, la conferenza non poteva finire senza una marcia verso il percorso del muro, dove (sorpresa!) non c’è stata resistenza da parte delle forse dell’ordine. Abbiamo attraversato il percorso e continuato fino al nuovo Centro per la lotta congiunta per la pace di Bil'in, recentemente costruito sul lato occidentale del recinto. Questo centro è stato costruito su un appezzamento adiacente al cantiere di un settore dell’insediamento illegale della colonia di Modi'in Illit, posto sulla terra rubata a Bil'in.

Ma no, le forze armate dello Stato israeliano non ci avevano totalmente abbandonato. Per quanto non abbiano cercato di bloccare la nostra marcia, ci hanno circondato, mettendo una linea di soldati a occidente del Centro, in modo da chiuderci la via se noi avessimo cercato di lanciarci all’attacco degli adiacenti fabbricati illegali della vicina sezione dell’insediamento coloniale. (Questa parte della colonia è attualmente oggetto di un’ingiunzione della corte suprema, che ha inibito ogni lavoro di costruzione e ogni occupazione.)

Nell’assemblea che si è svolta vicino al Centro ci sono stati altri interventi. Alla fine si è giocata una partita di calcio e ai lavoratori dei media è stata data l’opportunità di fare fotografie, video e interviste. Dopo di che la gente se ne è tornata a Bil'in, per andare poi a casa propria.


Traduzione a cura di FdCA-Ufficio relazioni internazionali

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author by Nestor - Anarkismopublication date Fri Mar 24, 2006 01:37author address author phone Report this post to the editors

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