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intervista
Thursday July 25, 2013 18:46 by Joshua Stephens
Conversazione con anarchici palestinesi In Palestina, spesso ci sono stati storicamente elementi di auto-organizzazione nella lotta popolare. Anche se non esplicitamente ascrivibili all'anarchismo in quanto tale. "Le persone già organizzano le loro vite su basi orizzontali o non gerarchiche", dice Beesan Ramadan, anarchica del posto, la quale definisce l'anarchismo come una "tattica" dubitando della necessità di darsi delle etichette. Ricalibrare l'anarchismo in un paese colonizzatoConversazione con anarchici palestinesi"A dire il vero sto ancora cercando di liberarmi di quel po' di nazionalismo che mi porto addosso" dice scherzando Ahmad Nimer, mentre conversiamo in un bar di Ramallah. Il nostro argomento di conversazione è di quelli inverosimili: come si fa ad essere anarchici in Palestina. "In un paese colonizzato, è alquanto difificile portare le persone verso soluzioni antiautoritarie ed antistataliste. Bisogna fare i conti con una mentalità strettamente anticolonialista piuttosto diffusa ma anche limitata dal nazionalismo", dice sconsolato Nimer. Infatti, gli anarchici palestinesi hanno oggi un problema di visibilità. Nonostante l'attivismo anarchico di alto profilo in Israele ed a livello internazionale, non sembra esserci tra i molti attivisti palestinesi una altrettanta consapevolezza dell'anarchismo. "Il dibattito attuale sui temi anarchici si incentra soprattutto sulla questione del potere: rifiutare il potere su, a favore del potere con. "Quando si parla di anarchismo come concezione politica, lo si definisce in quanto rifiuto verso lo Stato", commenta Saed Abu-Hijleh, docente di geografia umana presso l'Università An-Najah di Nablus. "Se ne parla in termini di libertà e di una società che si organizza senza l'interferenza dello Stato". Ma come fa un popolo senza Stato ad abbracciare l'anarchismo, il quale implica opposizione alla forma Stato quale condizione del suo inverarsi? In Palestina, spesso ci sono stati storicamente elementi di auto-organizzazione nella lotta popolare. Anche se non esplicitamente ascrivibili all'anarchismo in quanto tale. "Le persone già organizzano le loro vite su basi orizzontali o non gerarchiche", dice Beesan Ramadan, anarchica del posto, la quale definisce l'anarchismo come una "tattica" dubitando della necessità di darsi delle etichette. Prosegue: "è già nella mia cultura e nel modo in cui gli attivisti palestinesi hanno agito. Durante la Prima Intifada, ad esempio, quando veniva demolita la casa di qualcuno, le persone si organizzavano spontaneamente per ricostruirla. Da anarchica palestinese faccio riferimento alle radici della Prima Intifada. Che non nacque da una decisione formale, anzi contro la volontà dell'OLP". Yasser Arafat dichiarò l'indipendenza nel novembre 1988, dopo la Prima Intifada iniziata nel dicembre 1987, e Ramadan aggiunge "per dirottare gli sforzi della Prima Intifada." La questione palestinese si è ulteriormente complicata negli ultimi decenni. Il contesto della Prima Intifada fatta di un'ampia auto-organizzazione orizzontale venne sostituito nel 1993 dalla creazione della verticistica Autorità Palestinese (AP) in seguito agli Accordi di Oslo. "Ora qui in Palestina," osserva Ramadan, "noi non abbiamo a che fare con un significato di autorità come quello che altrove viene contestato... Noi abbiamo la AP e abbiamo l'occupazione e le nostre priorità non fanno che mescolarsi sempre. La AP e gli Israeliani sono sullo stesso livello poiché la AP è uno strumento nelle mani di Israele per opprimere i palestinesi." Anche Nimer la pensa così, sostenendo che si va diffondendo sempre più la convinzione che la AP sia una sorta di "occupazione per procura". "Essere anarchici non significa portare la bandiera rossa&nera o fare il black bloc," precisa Ramadan riferendosi a quella nota tattica di protesta anarchica di vestirsi di nero e di coprirsi il volto. "Io non voglio imitare nessun gruppo dell'occidente nella loro maniera di "fare" gli anarchici... qui non funziona perché qui abbiamo bisogno di creare una piena consapevolezza popolare. Le persone qui non capirebbero". Tuttavia Ramadan ritiene che la bassa visibilità degli anarchici palestinesi ed in modo più ampio la scarsa consapevolezza dell'anarchismo tra i palestinesi non significhi necessariamente che siano in pochi. "Io penso che ci sia un buon numero di anarchici in Palestina," ci tiene a dire pur concedendo subito dopo che "...per la maggior parte, per ora, si tratta di individualità [sebbene] siamo tutti attivisti ciascuno a suo modo." Questa mancanza di un movimento anarchico unificato in Palestina potrebbe trovare una spiegazione nel fatto che gli anarchici occidentali non hanno mai fatto davvero un'analisi del colonialismo. "[Gli autori occidentali] non ne hanno scritto" sostiene Budour Hassan, attivista e studentessa in legge. "La loro lotta lì era differente". E Nimer pure aggiunge: "Per gli anarchici negli USA, la decolonizzazione potrebbe essere una parte della lotta anti-autoritaria; per me invece è quello che deve accadere". Significativamente, Hassan allarga la sua visione dell'anarchismo oltre le posizioni semplicemente contro lo Stato o contro l'occupazione coloniale. Lei cita lo scrittore palestinese e nazionalista arabo Ghassan Kanafani, rilevando come questi non solo avesse sfidato l'occupazione", ...ma anche le relazioni patriarcali e le classi borghesi... Ecco perché io penso che noi arabi - ed anarchici in Palestina, in Egitto, in Siria, in Bahrein - abbiamo bisogno di riformulare l'anarchismo in un modo che rifletta la nostra esperienza del colonialismo, la nostra esperienza di donne in una società patriarcale e così via". "Non basta solo far parte di un'opposizione politica", avverte Ramadan, la quale aggiunge che per molte donne, "se ci si oppone all'occupazione, bisogna anche opporsi alla famiglia". Infatti, la tanto enfatizzata presenza delle donne durante le proteste, afferma Ramadan, nasconde il fatto che in realtà molte donne devono combattere per poterci essere. Persino il partecipare alle riunioni serali costringe le giovani donne a lottare contro vincoli sociali che la loro controparte maschile non intende mettere in discussione. "Come Palestinesi, è necessario stabilire rapporti con gli altri anarchici arabi", dice Ramadan influenzata dalla lettura dei materiali anarchici proenienti dall'Egitto e dalla Siria. "Abbiamo tanto in comune e, a causa dell'isolamemto, finiamo con avere a che fare con anarchici internazionali i quali a volte, per quanto bravi politicamente, restano bloccati in alcune loro idee sbagliate e nell'islamofobia". In un breve articolo pubblicato su Jadaliyya ed intitolato "Luci anarchiche, liberali ed autoritarie: Note sulle primavere arabe", l'autore Mohammed Bamyeh sostiene che le recenti rivolte arabe riflettano"...una rara combinazione di metodi anarchici e di intenzioni liberali", mettendo in rilievo che "...lo stile rivoluzionario è anarchico, nel senso che richiede poca organizzazione, poca leadership, o almeno coordinamento [e] che si tende a mantenersi sospettosi verso i partiti e le gerarchie anche dopo la vittoria rivoluzionaria". Per Ramadan, anche il nazionalismo costituisce un grosso problerma. "Il popolo ha bisogno del nazionalismo in tempi di lotta", è pronta a concedere [ma] a volte può divenire un ostacolo... Vuoi sapere qual è il significato negativo del nazionalismo? Che tu pensi solo come palestinese, che i palestinesi siano gli unici a soffrire nel mondo". Anche Nimer aggiunge: "Si sta parlando di oltre 60 anni di occupazione e di pulizia etnica e di 60 anni di resistenza nutrita dal nazionalismo. E' troppo, fa male. Le persone possono passare dal nazionalismo al fascismo, abbastanza rapidamente". Le folle egiziane in Piazza Tahrir al Cairo lo scorso dicembre hanno dato una speranza agli anarchici palestinesi. Mentre il presidente Mohamed Morsi consolidava il suo potere esecutivo, legislativo e giudiziario, i gruppi anarchici prendevano parte alle manifestazioni. Questi egiziani si autodefiniscono anarchici e fanno riferimento all'anarchismo come tradizione politica. Tornando a Ramallah, Nimer riflette: "Spesso sono pessimista, ma non siate riduttivi verso i palestinesi. Potremmo esplodere in qualsiasi momento. La Prima Intifada ebbe inizio con un incidente d'auto".
Grazie ad: Ahmad Nimer
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