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Monday March 11, 2013 19:43 by Consiglio dei Delegati FdCA - Federazione dei Comunisti Anarchici fdca at fdca dot it
All'indomani delle elezioni apparentemente più inutili della storia repubblicana, si aprono gli scenari più fantasiosi in un presente drammatico. Tutti si sono dimenticati del paese reale, quello delle fabbriche che continuano a chiudere, i bollettini ISTAT che parlano di un paese ormai alla canna del gas hanno assunto carattere di ritualità, i suicidi dei disoccupati e le stragi per finanziamenti negati sono in cronaca. Gli attori sociali tacciono, i media cicalecciano in attesa di capire quale coniglio uscirà dal cappello istituzionale. 84° Consiglio dei Delegati della FdCAFano, 9 marzo 2013presso il Centro di Documentazione Franco Salomone Documento finaleIl re è nudo, viva il reAll'indomani delle elezioni apparentemente più inutili della storia repubblicana, si aprono gli scenari più fantasiosi in un presente drammatico. Tutti si sono dimenticati del paese reale, quello delle fabbriche che continuano a chiudere, i bollettini ISTAT che parlano di un paese ormai alla canna del gas hanno assunto carattere di ritualità, i suicidi dei disoccupati e le stragi per finanziamenti negati sono in cronaca. Gli attori sociali tacciono, i media cicalecciano in attesa di capire quale coniglio uscirà dal cappello istituzionale. O, più verosimilmente, quale topolino sarà partorito dalla montagna che, ahimè, neppure stavolta è franata sotto il suo stesso peso. Tra astensione attiva, sfiducia costruttiva, governi post-tecnici alleanze impossibili, la neolingua si adegua ai tempi. Ma esistono, nonostante tutto, dei punti fermi. Chi si aspettava necessario un appoggio al centro per dare prova di continuità ma permettesse di rinegoziare, con qualche apertura alla crescita, il programma inevitabile di austerity di imposizione BCE si ritrova a dover fare i conti con un terzo del parlamento anomalo e digiuno di savoir faire politico, che spaventa l'UE meno del previsto perché possibile attore della riforma, non solo morale, dei costi ormai insostenibili della politica italiana. E l'Europa e i mercati sembrano meno preoccupati del previsto, sembra inutile sperare in una forzatura europea per rimettere tutto in gioco. Chi aspettava un governo amico per tarare l'opposizione, accontentandosi di gestire la crisi, sarà costretto a riprendersi spazi di agibilità politica e sindacale. La scelta è sempre più tra ricostruire forme di rappresentanza basate sui rapporti di forza o sparire. I poteri forti, convinti di essere riusciti ad arginare, grazie a un uso tattico regionale del voto di scambio e del tessuto di collusione, una debacle più temuta che reale si vedono costretti a far ripartire un'offensiva militare come non si vedeva dai tempi di via dei Georgofili per mantenere la propria forza di occupazione nei gangli amministrativi e politici del paese. Chi sperava che bastasse fare, fuori tempo massimo, un'operazione fittizia di restyling per ovviare a politiche inesistenti di opposizione sembra avere finito la propria parabola discendente, così come i risultati elettorali segnano l'arenarsi forse definitivo persino del fantasma della balena bianca. Dietro al pifferaio magico la folla eterogenea composta da attivisti in cerca di boccate di aria fresca insieme a probi cittadini in cerca di soluzioni facili a problemi complessi, inaspettatamente (ma per chi?) all'ingresso dei palazzi del potere che vorrebbero chiudere, quanto impiegherà a capire che le istituzioni non si riformano, ma ti riformano? Eppure è un segno di discontinuità se non altro soggettivo, e anche di fronte alle contraddizioni e alle evidenti infiltrazioni occorre incassare il fatto che di fronte al peggioramento delle condizioni di vita popolari (piccola e media borghesia compresa) e al ruolo invasivo della UE (da cui le sirene del "fuori dall'Euro e ritorno alla Lira", "nazionalizzazione delle banche", "non pagare il debito italiano"), gli elettori non hanno scelto esplicitamente le sirene della destra, come avvenuto in Grecia. Questo rende sempre più necessaria una continua e intelligente vigilanza antifascista, nelle pratiche politiche e di lotta quotidiana che è necessario mettere e mantenere in piedi per difendere i nostri diritti e le nostre speranze di sopravvivenza di fronte a una crisi economico-finanziaria-sociale-valoriale senza precedenti, in cui sono stati distrutti/trasformati e si continuano a distruggere/trasformare le condizioni di vita delle classi popolari e lavoratrici in direzione di maggiore subordinazione e dipendenza, fino al ricatto e all'indigenza. Perché, se sembra strumentale un attacco al M5S su frequentazioni individuali, soprattutto fatto da una classe politica colpevole di avere sdoganato di fatto la destra estrema in questo paese, rileggittimandola, è anche vero che il pericolo, attualmente, non è un ritorno del passato nelle stesse forme e con gli stessi contenuti. Il pericolo è più sottile. Un "movimento" che si ritiene estraneo alla lotta di classe e fa credere che sia sufficiente, per impegnarsi e cambiare le cose, sedersi di fronte al proprio computer è un "movimento" sicuramente populista. Non è fascismo ma neanche qualcosa di cui rallegrarsi, a meno di non essere capaci di rilanciare una reale opposizione allo stato presente, ai tagli ulteriori e pesantissimi già all'orizzonte (a partire dall'ulteriore blocco di due anni per i contratti dei dipendenti pubblici, colpo di coda che prelude a misure ben peggiori, magari in nome del buon governo della cosa pubblica). Occorre che il malcontento e la disperazione individuale diventino rabbia collettiva e capacità di lottare per i diritti alla casa, al lavoro, alle cure, alla scuola pubblica, all'agibilità sindacale per tutti i lavoratori al di là delle appartenenze, costruzione di forme di resistenza, di autorganizzazione e autogestione economica e sociale. Che la protesta esca dalle urne e dia gambe ai movimenti, che siano capaci di costruire forme collettive, orizzontali e federate. E' ingenuo aspettarsi che chi si è proposto di rappresentare i movimenti dia il suo contributo in questo. Molto più facile purtroppo la deriva demagogica, razzista e qualunquista, in un clima avvelenato ed in una situazione economica e sociale ancora peggiorata. La democrazia diretta non si improvvisa ma si coltiva, non passa solo dai forum ma cresce nei posti di lavoro, ha bisogno della solidarietà, dell'autogestione, della memoria, della lotta di classe. Queste e le prossime elezioni non la possono costruire. Di fronte al costituirsi sia nel paese che in tutto l'arco parlamentare di una rappresentanza moderata ed ostile alle esigenze delle classi popolari e sfruttate, la Federazione dei Comunisti Anarchici lancia un appello alle forze della sinistra anticapitalista scevra da illusioni elettoralistiche, alla sinistra libertaria protagonista di innumerevoli lotte nel territorio e nel sindacato, al movimento anarchico organizzato affinché si costruiscano territorio per territorio ed a livello nazionale istanze di opposizione e di riaggregazione per sfidare le forze parlamentari restauratrici e per riorganizzare dal basso l'alternativa libertaria. Consiglio dei Delegati Federazione dei Comunisti AnarchiciFano, 09 marzo 2013 |
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