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Plaza Tahrir, México

category nord america / messico | la sinistra | cronaca author Tuesday December 04, 2012 04:21author by Andrea Spotti - Inviato della Fornace in Messico Report this post to the editors

L’esordio di Peña Nieto alla presidenza non promette niente di buono per la democrazia e i movimenti messicani. La gestione repressiva della piazza in risposta alle manifestazioni di protesta contro il suo insediamento a Città del Messico parrebbe confermare i peggiori timori suscitati dal ritorno al potere del Pri. Il bilancio della giornata parla al momento di 105 feriti, di cui 29 in ospedale e uno in coma farmacologico, piú di cento fermi e un numero imprecisato di desaparecidos.

Dopo le contestatissime elezioni del luglio scorso, il movimento contro l’imposizione del candidato priista aveva deciso di impedire la cerimonia di investitura circondando il parlamento con una catena umana. Come promesso, a partire dalle prime ore della giornata di sabato gli studenti di #YoSoy132 e le organizzazioni aderenti alla Convención Nacional, hanno iniziato ad organizzare l’assedio a San Lazaro, la blindatissima sede del parlamento messicano, protetta da migliaia di elementi delle forze dell’ordine e da tiratori scelti.
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Gli scontri iniziano prestissimo. Un gruppo di studenti, provenienti dall’Acampada Revolución (una delle tante realtá nate dalla mobilitazione contro l’Imposizione che accampa in Plaza Revolución da ormai cinque mesi ), riesce a buttare giú una delle barriere metalliche. La polizia risponde lanciando lacrimogeni e alle 7 di mattina l’aria é giá intrisa del loro caratteristico aroma. Da questo momento in poi, inizia la guerriglia urbana che cointinuerá fino alle 11. Una battaglia campale: giovani manifestanti che con pietre, petardi e molotov cercano di forzare la tenuta delle barriere metalliche e violare cosí la zona rossa costruita tutt’intorno al Congreso de la Unión per difendere un presidene considerato illegittimo, da un lato; e, dall’altro, la polizia che risponde usando i getti d’acqua e un potentissimo gas al peperoncino (che provocherá svariate intossicazioni), ma soprattutto intensificando il lancio di lacrimogeni e di proiettili di gomma ad altezza uomo.

I continui spari prodotti dai poliziotti che si trovavano dietro la zona rossa feriscono almeno tre persone: due studenti, feriti alla gamba e al petto, e un attivista dell’Otra Campaña, il sessantasettenne Juan Francisco Kuy Kendall, il quale, colpito alla testa, subisce una grave lesione con esposizione della massa cerebrale e si trova adesso in coma farmacologico e in prognosi riservata. Dopo l’arrivo di tre ambulanze inizianoa circolare voci che danno per morto il militante.

La notizia, in seguito smentita, fa crescere la tensione e gli scontri aumentano di intensitá. Un gruppo di studenti si impossessa di un camion e lo scaglia contro le barriere metalliche per cercare di aprire un varco. L’operazione non riesce, ma da adesso in poi, aumenta il numero di coloro che partecipano agli scontri. Studenti e studentesse (da sottolineare la consistente partecipazione femminile nelle prime linee) che fronteggiano la polizia non sono piú solo i militanti dei gruppi organizzati, ma semplici studenti universitari frustrati da mesi di lotte pacifiche che non hanno portato i risultati sperati e arrabbiati per la recente approvazione della riforma del mercato del lavoro che promette un futuro di precarietá, nonostante il titolo di studio.

lle 11, la manifestazione decide di rimettersi in cammino per raggiungere la piazza centrale della cittá, dove il neopresidente Peña Nieto pronuncierá il suo primo discorso alla nazione. Al corteo, oltre alle svariate realtá studentesche delle principali universitá pubbliche di Cittá del Messico e non solo, partecipano anche il FPDT di Atenco (Frente de Pueblos en Defiensa de la Tierra), lo SME (Sindicato Mexicano de Electricistas), e la CNTE (Coordinadora Nacional de Trabajadores de la Educación), nonché collettivi anarchici e territoriali, cittadini e singolaritá varie. Insomma, la composizione della manifestazione, fatta salva la prevalenza giovanile, é assolutamente eterogenea.

L’arrivo a Palacio Nacional, tuttavia, viene impedito dalle forze dell’ordine che chiudono l’accesso allo Zocalo alla maggioranza dei manifestanti. Subito dopo, il corteo viene spinto lungo la lussuosa Avenida Reforma. Quí iniziano dei durissimi scontri che continueranno per oltre un’ora, durante i quali la polizia é piú volte costretta a retrocedere di fronte al fitto lancio di oggetti, bottiglie molotov e quant’altro. In questa fase vengono colpite le vetrine delle pricipali banche che operano in Messico (Santader, Banamex, Banorte), nonché importante catene come Starbucks e Sanborns.

A questo punto la polizia riprende l’offensiva e, chiudendo diverse vie i fuga ai dimostranti, riesce a dividere il corteo in diversi spezzoni, costringendolo a ripiegare definitivamente verso Plaza Revolución, verso le 16:30. Inizia la caccia al manifestante per le vie del centro cittadino. Entrando nei locali nei quali molti figgitivi trovano rifugio momentaneo, la polizia cerca di moltiplicare il numero dei fermi, malmenando e prendendosela con chiunque abbia un’aspetto vagamente protestatario (una felpa nera con cappuccio é sufficiente per attirare i loro sospetti).

Dopo mesi di manifestazioni pacifiche e spesso inascoltate, esplode anche in Messico la rabbia giovanile e studentesca. Il ritorno in piazza del movimento contro l’imposizione, che ha portato avanti iniziative nelle piú importanti cittá del paese, al di lá degli sterili dibattiti su violenza e non violenza, é senz’altro un segnale di vitalitá dei movimenti e rappresenta l’irruzione sulla scena politica di una nuova generazione.

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