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comunicato stampa
Wednesday May 30, 2012 22:56 by Segreteria Nazionale FdCA - Federazione dei Comunisti Anarchici fdca at fdca dot it
Nessuna pietà per chi muore sul lavoro, attori di uno show infinito che li vuole al proprio posto, lavoratori sempre sotto comando, sotto ricatto, con la paura addosso di finire ad ingrossare quel mare di precariato al quale si tenta di sottrarsi, ad ingrossare le fila di un esercito di riserva dove regna la guerra tra poveri e dove si intravede tenue,solamente il riemergere della solidarietà di classe. Terremoto: nessuna pietà per chi muore sul lavoroNessuna pietà per chi muore sul lavoro, attori di uno show infinito che li vuole al proprio posto, lavoratori sempre sotto comando, sotto ricatto, con la paura addosso di finire ad ingrossare quel mare di precariato al quale si tenta di sottrarsi, ad ingrossare le fila di un esercito di riserva dove regna la guerra tra poveri e dove si intravede tenue, solamente il riemergere della solidarietà di classe. Morti sotto le macerie di capannoni crollati dal terremoto emiliano, un terremoto violento come la legislazione e la destrutturazione del lavoro, violento come è violento il ricatto dell'occupazione, operai costretti a lavorare, chi per forza, chi perché ha da tempo assunto il proprio ruolo come sacrificale in una società castale, in cui ogni essere umano non può varcare la soglia della propria situazione sociale, indigeni ed immigrati, caduti sotto il peso dei tetti delle fabbriche emiliane sbriciolate dal terremoto e dalla cultura classista del potere. Nessuno ha pensato di sospendere le lavorazioni, di verificare lo stato di agibilità dei luoghi di lavoro, tutto si può fermare di fronte alla violenza di un sisma distruttivo, si chiudono le scuole, gli uffici pubblici, si creano zone rosse che impediscono il rientro nelle proprie case a miglia di persone che vengono ospitate in tende o in zone distanti dai luoghi della tragedia, perfino ai detenuti viene concessa una tregua, come successo a quelli del carcere di Ferrara, solo i lavoratori non possono lasciare il loro posto sotto tetti traballanti, in nome del profitto e del dovere vengono sacrificati da una cultura che li vuole sempre più subalterni all'impresa. Il rientro al lavoro di questi operai d'altronde è obbligato dalla mancanza di coscienza generale rispetto ai lavoratori stessi, ridotti a merce tra le merci perdono, fino a renderlo invisibile quel tratto umano che viene riconosciuto ad altri soggetti, confondendosi tra le vittime del terremoto. La morte di questi lavoratori non si può imputare al solo terremoto, è il cedimento dei fabbricati che si deve imputare al sisma, ma quei fabbricati in questi giorni di terrore dovevano restare vuoti, come sono restate vuote case e scuole, non si possono transennare di rosso i vecchi borghi pericolanti e continuare ad occupare operai in edifici traballanti. Una disgrazia che sa di crimine, quando agli operai viene impedito di trovare la via alla propria sopravvivenza e la propria incolumità è in pericolo serve una forte denuncia, anche culturale, perché non si può avere sotto le macerie del terremoto le macchine e gli esseri umani che le devono condurre, sempre di più questa tragedia si sta delineando sullo scenario dello sfruttamento e della subalternità operaia offesa dall'egemonia del profitto capitalistico. Segreteria Nazionale Federazione dei Comunisti Anarchici30 maggio 2012 |
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Comments (1 of 1)
Jump To Comment: 1Sull'ultimo terremoto a Modena, i morti sono 17, 11 dentro le fabbriche, 3 stavano facendo sopralluogo per autorizzazione agibilità (morto l'ingegnere) alla Meta4, in un'azienda che aveva avuto l'autorizzazione a riaprire da lunedi scorso (qui anche deceduto il titolare),altri sparsi (incluso un altro titolare), morto anche un prete al "lavoro".
I capannoni distrutti erano di "cartone", rispetto al sisma, seppur recenti, e considerando l'ora e che la faglia è duplice, cioè questa è nuova, l'impatto è stato contenuto perchè il modello emiliano è strutturato con la filiera produttiva disseminata su un territorio dove si intrecciano fabbriche, capannoni logistici, campi, case su ampli perimetri spaziali. Per cui i danni ai capannoni sono limitati rispetto ai centri storici che, completamente trascurati da anni, rimarranno zona rossa per molto.
Ma questo determina i problemi di ripristino, stante il just in time, che lega aziende dello stesso ciclo su perimetri lunghi e quindi blocco di pezzi di produzione (produzione a rete) che riguardano alcuni settori quali ceramiche (Finale Emilia), (problemi sui forni che sono solo s-centrati), tessile (Carpi), alimentare (parmigiano, vino, salumi e macellazione), biomedicale di Mirandola, direi in ginocchio, meccanica.
Il tutto stimato sui 45miliardi, in settori trainanti anche rispetto all'esportazione.
Questo terremoto "sgretola" la gestione del territorio nell'Emilia dove Modena è il cuore della gestione "rossa", prima PCI, poi PD, da sempre: quindi spazi di urbanizzazione, gestione delle aree industriali, controlli amministrativi di facciata, gestione dei beni culturali, controlli sulla sicurezza nell'organizzazione del lavoro blandi...
A Mirandola, epicentro, era in discussione un mega impianto della Rivera Erg di stoccaggio di gas, in un precedente pozzo ormai esaurito, perchè ritenuta zona sicura!!! Ricordo anche la disponibilità a centrali nucleari in zone distante solo 30 km.
Questo la dice lunga sulla gestione del territorio, inteso come spazi e contenitori, quindi anche il fatto di non aver adeguato i capannoni alle norme antisismiche del 2005.
Monte