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Monday March 19, 2012 18:04 by Pablo Stefanoni
Morta la marxista, la rivoluzionaria, la combattente, la femminista... non si contano gli aggettivi per definire questa personalità di spicco delle casalinghe delle miniere. [Castellano] E' morta Domitila ChungaraDopo una lunga lotta contro un cancro ai polmoni, Domitila Barrios de Chungara è morta mercoledì 14 marzo a 75 anni nella sua umile casa a Cochabamba ed il governo di Evo Morales l'ha insignita post-mortem del Cóndor de los Andes. La Chungara ha lasciato la sua testimonianza di genere: nel 1976 la pedagogista brasiliana Moema Viezzer raccolse le sue memorie e le pubblico nel libro "Si me permiten hablar...", che portò questa donna ad essere invitata come unica rappresentante delle lavoratrici alla Tribuna dell'Anno Internazionale delle Donne tenutasi in Messico nel 1975. In quegli anni la Chungara aveva vissuto e resistito al massacro cosiddetto di San Juan del 1967, perpetrato dal dittatore René Barrientos, il generale che aveva ordinato la morte di Ernesto Che Guevara. E poco dopo -nel 1977- fu sul quotidiano Presencia l'icona dello sciopero realizzato insieme ad altre donne nell'arcidiocesi di La Paz per chiedere le elezioni e l'amnistia, con una moltiplicazione di adesioni tale da obbligare Banzer (dittatore dal 1971 al 1978, ndt) a lasciare il potere. La Chungara venne imprigionata, esiliata e bandita, l'ultima volta sotto la narcodittatura di Luis García Meza negli anni '80, il militare di cui è uscita un anno fa l'autobiografia “Yo dictador”. La vita di Domitila Chungara è stata segnata dalle miniere: era nata e cresciuta a Pulacayo, località famosa per la diffusione delle tesi trotskiste che negli anni '40 portarono all'insediamento di un governo operaio e contadino. La Chungara si è formata nelle lotte contro gli aumenti dello zucchero e del riso e per la messa a disposizione di spacci alimentari per le miniere. Giunse a litigare con le femministe "ricche" del nord sulla tribuna delle Nazioni Unite quando difese l'ordine del giorno dell'ONU a favore delle operaie del sud. Oppure a sfidare colonnelli e generali dai microfoni della potente rete radiofonica delle miniere che poi l'esercito smantellò. Ancora nel 2005 la ex-leader delle casalinghe delle miniere denunciava come “la borghesia è sempre stata brutale, bugiarda e ladrona" e aggiungeva che “è ancora possibile fare la rivoluzione” perchè “le ingiustizie non dureranno per sempre”. Sempre nel 2005 ha potuto festeggiare la vittoria di Evo Morales e del MAS (Movimento Al Socialismo, partito del presidente Morales al potere, ndt), sebbene ne abbia messo in dubbio il carattere “rivoluzionario” e rilevata la mancanza di formazione dei suoi militanti. Per questa ragione aveva dato vita alla Scuola Mobile di Formazione Sindacale ed aveva organizzato un movimento guevarista. Ma i tempi intanto erano cambiati. Erano finiti gli anni in cui minatori eroici discutevano giù in miniera delle tesi di Trotsky e dei loro dubbi, e lei faceva offerte alla divinità andina “Tío”, affinchè proteggesse i minatori dagli incidenti. Nel 2007, con altre 4 donne delle miniere, è stata insignita da Evo Morales con una onoreficenza per aver acceso la scintilla che avrebbe poi messo fine alla dittatura. Ed ora la sua figura, che non faceva parte del pantheon della rivoluzione e della conquista delle libertà democratiche, è stata finalmente oggetto di rivalutazione da parte della sinistra a partire dalla fine degli anni '70. Pablo Stefanoni
Traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali |
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