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Rivolta in Israele, per dire NO al neoliberismo

category mashrek / arabia / irak | lotte sul territorio | cronaca author Tuesday August 09, 2011 01:07author by Ilan S. - Anarchists Against the Wall; Matzpen; A-Infosauthor email ilan at shalif dot comauthor address Tel Aviv Report this post to the editors

Tutto è iniziato con la rivolta via internet contro l'aumento del prezzo del formaggio "fiocchi di latte"

Nella prima manifestazione di 2 settimane fa a Tel Aviv, erano circa 30.000 i partecipanti; nella seconda a Tel Aviv, la scorsa settimana, c'erano quasi 100.000 persone e circa 40.000 nel resto del paese. Nella terza manifestazione, sabato 6 agosto, c'erano a Tel Aviv almeno 250.000 persone - la più grande manifestazione mai vista in Israele, a cui aggiungere altre 70.000 persone in tutto il paese. C'è da chiedersi quanti saremo sabato prossimo. La parola d'ordine "Rivoluzione!" era seconda solo a quella di "Giustizia Sociale!" [English]
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Rivolta in Israele, per dire NO al neoliberismo


Guerra di classe all'interno del capitalismo neoliberista e ribellione innescata dalla "classe media" israeliana

La guerra di classe tra la classe capitalista e la classe lavoratrice all'interno del sistema capitalista riguarda soprattutto i costi della riproduzione della forza lavoro (salari e servizi sociali coperti in parte dalle tasse a carico dei capitalisti). Più è basso il costo di quest'ultima, più è alto il plusvalore (frutto del lavoro) che rimane sotto forma di profitti nelle casse dei capitalisti.

All'interno del sistema capitalista la lotta tra la classe lavoratrice e la classe dei padroni capitalisti riguarda più che altro il salario percepito dai lavoratori (attualmente soprattutto nella forma del salario diretto, dell'assicurazione sanitaria e della pensione) e solo in parte minore le tasse che i lavoratori pagano e la qualità dei servizi sociali.

Recentemente, in seguito alla riduzione dello stato sociale provocata dal neoliberismo ed in seguito alle recenti misure di austerità (incluso il ricorso al fisco) adottate dagli Stati per coprire le perdite del capitalismo finanziario provocate dall'ultimissima crisi, l'attenzione degli sfruttati si è spostata verso l'azione dello Stato che comprime i servizi sociali ed il "salario sociale" (principalmente sanità, istruzione, casa, assegni di disoccupazione e pensioni).

Abbiamo assistito in Europa alla lotta montante delle classi lavoratrici in seguito alle misure adottate per coprire i costi della crisi finanziaria soprattutto in Grecia e Spagna. Ora, la lotta è esplosa anche in Israele, anche se il capitale finanziario di casa non ha subito serie perdite dalla crisi e lo Stato non ha introdotto misure di austerità da emergenza. La lotta in Israele è iniziata perché i salari e, ancor più, il salario sociale dei ceti "medi" della classe lavoratrice sono stati gradualmente erosi fino a diventare insostenibili. Il successo di questa feroce forma neoliberista del merdoso capitalismo si fonda sulle privatizzazioni e sulla riduzione dei servizi pubblici ed in Israele si è sviluppato più che in altri paesi sviluppati.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso e che ha portato a questa rivolta estiva è stata la vincente rivolta dei consumatori sviluppatasi su internet due mesi fa in seguito all'aumento del prezzo del formaggio "fiocchi di latte" imposto dai monopoli.

Il movimento è poi esploso in luglio quando il costo degli affitti delle case, sotto pressione da alcuni mesi in un mercato asfittico, è salito in modo significativo.

Sebbene la maggior parte degli attivisti coinvolti non lo prenda in considerazione, va detto che la maggior parte delle persone risente della allocazione di una quota gigantesca delle risorse statali nel progetto colonialista e nelle comunità ortodosse non-produttive.

Tutto è partito con un appello via internet per fare una tendopoli di protesta contro il balzo dei costi degli affitti. All'inizio erano una dozzina di tende piantate nei pressi del teatro (su viale Rothschild). Nel giro di due settimane sono diventate alcune centinaia che hanno occupato il viale in tutta la sua lunghezza, con migliaia di campeggiatori e con un più ampio spettro di rivendicazioni, fino a vedere il 2,5% della popolazione israeliana partecipare alla manifestazione di sabato 30 luglio 2011 (150.000 partecipanti su una popolazione di 7 milioni).

Le principali richieste sono: scuola gratuita a partire dai 3 mesi d'età, riduzione delle imposte sui beni di consumo che tutti pagano ed aumento del prelievo fiscale per i ricchi; la messa a disposizione di abitazioni a basso costo (sia da comprare che da affittare) fermando la speculazione statale e municipale sul terreno pubblico per costruire piccole unità abitative ad edilizia pubblica; una revisione del sistema sanitario pubblico che il sindacato dei medici (soprattutto dei medici ospedalieri) chiede da parecchi mesi con scioperi selettivi; uno stop alla precarizzazione dei lavoratori portata avanti con le agenzie interinali (siamo già al 10% della forza-lavoro); l'assunzione di 500 ispettori per fare controlli sull'applicazione della legislazione sul lavoro, specialmente per quanto riguarda l'erogazione del salario minimo.

Ci sono volute 3 settimane per passare da una dozzina di attivisti fino al punto in cui il governo ha convenuto sulla necessità di fare grandi cambiamenti, ma le trattative hanno bisogno di tempo.

(Alcuni burocrati si lagnano del fatto di non aver smantellato la tendopoli il primo o il secondo giorno, prima che diventasse il movimento che è oggi...)

Chiacchiere su un'alleanza tra sinistra e destra nella lotta per la giustizia sociale in Israele

All'interno ed intorno all'attuale insorgenza in Israele non sono mancate le chiacchiere messe in giro da certi idioti ed ignoranti... ma non sono mancate nemmeno le chiacchiere messe in giro da accademici, tutti d'accordo sul fatto che la rivolta in corso sia un fronte unitario composto da destra e sinistra. Come prova adducano il fatto che i coloni israeliani nazi-kahanisti hanno aderito tatticamente alla tendopoli di protesta.

In Israele, la lotta nei posti di lavoro per gli aumenti salariali non riesce di per sé a sfidare l'ordine capitalistico, e non vi riesce nemmeno l'attuale rivolta contro il merdoso capitalismo per un ritorno ad un sistema capitalista con tanto di welfare.

Lo scopo della lotta per aumenti salariali punta ad una migliore distribuzione dei frutti del lavoro sempre all'interno del sistema capitalistico, così come la lotta per il welfare all'interno dello Stato.

Ma in Israele, la distribuzione dei frutti del lavoro non è questione che resta confinata tra i capitalisti e sfruttatori di casa da una parte e la classe lavoratrice dall'altra. In Israele, infatti, una grande parte delle risorse dello sfruttamento del lavoro vengono investite negli insediamenti coloniali nei territori occupati, nell'esercito occupante e nel corrompere le comunità ebraiche ortodosse (che in gran parte non sono sioniste) al fine di assicurare il loro appoggio all'occupazione. Per cui in Israele la lotta è ogni giorno una lotta politica.

L'aspetto di sinistra della lotta attuale sta nel fatto che la lotta contro il neoliberismo (come la lotta per il salario) contribuisce allo sviluppo dell'anticapitalismo. Ed è così anche tra coloro che in precedenza fornirono un ardente sostegno agli investimenti a favore delle imprese sioniste - come la Destra nazionalista - e che oggi sempre di più si rifiutano di pagare ancora questi tributi. (Non è possibile certamente distinguere qui tra bianco e nero, quanto piuttosto trattasi di un continuum. All'interno della comunità ebraica, ci sono molti che non vogliono pagare più niente per le imprese sioniste. Altri restano con la tendenza costante, divisa tra coloro che pagherebbero comunque qualcosa ed altri che vorrebbero pagare solo un po'.)

Ci sono molte ragioni psicologiche che intervengono nella mente di coloro che sostengono il progetto sionista ma non sono più disposti a pagare tanto, ma la maggior parte di questi preferisce tacere della crescita numerica di coloro che si rifiutano... Per loro, è più facile chiedere giustizia sociale, come se il modello del neoliberismo estremo non fosse essenziale per catturare il consenso dei vertici del capitalismo a sostegno dell'occupazione e del colonialismo degli insediamenti.

Ma anche se si ignora il grado di disponibilità ad investire nelle imprese sioniste, si rileva un consistente livello di resistenza al tipo di capitalismo presente in Israele, che si sta spostando a destra ed è ormai tanto estremista quanto il merdoso capitalismo neoliberista negli USA.

Così, la discriminante tra coloro che sostengono la politica economica dello Stato e coloro che vi si oppongono si è spostata gradualmente a destra, anche se questi "destri" non ammetteranno mai che così si diminuiscono i fondi disponibili per il progetto sionista.

Gli attivisti radicali sono alquanto delusi per l'aspetto "apolitico" della lotta e per l'assenza di un chiaro rifiuto verso i vari aspetti del progetto sionista. Essi non capiscono che la politicizzazione di queste persone che si stanno impegnando in questa lotta sociale, cresce nel corso della lotta. Così come la lotta economica "pura" nei luoghi di lavoro per gli aumenti salariali contribuisce a far maturare il rifiuto del capitalismo, allo stesso modo funziona l'attuale lotta in Israele, che mette chiaramente in discussione in neoliberismo e che chiede un cambiamento nella allocazione delle risorse dello Stato.

Il rifiuto di pagare tanto per il colonialismo degli insediamenti - anche se taciuto - contribuirà alle ragioni della lotta e prima o poi porterà al rifiuto del colonialismo.

Come nella psicologia delle vendite, quando uno si rifiuta di pagare per qualcosa, la dissonanza cognitiva causerà una volontà calante nell'avere quella cosa. (Vedi la storia della volpe che non riesce a prendere l'uva e decide di rinunciarvi dicendo che è acerba.)

Nella prima manifestazione di 2 settimane fa a Tel Aviv, erano circa 30.000 i partecipanti; nella seconda a Tel Aviv, la scorsa settimana, c'erano quasi 100.000 persone e circa 40.000 nel resto del paese. Nella terza manifestazione, sabato 6 agosto, c'erano a Tel Aviv almeno 250.000 persone - la più grande manifestazione mai vista in Israele, a cui aggiungere altre 70.000 persone in tutto il paese. C'è da chiedersi quanti saremo sabato prossimo. La parola d'ordine "Rivoluzione!" era seconda solo a quella di "Giustizia Sociale!"

Hanno paura. Hanno veramente paura. Miri Regev dei vertici del Likud (partito al governo, ndt) ha radunato 500 membri della fazione centrista del partito per chiedere il ritorno al modello del welfare al posto dell'attuale modello neoliberista rappresentato dal primo ministro in carica.

Ilan Shalif


Traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali.

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