Here Comes Bourgeois Socialism – Again 03:18 Apr 28 2 comments The US-Turkey stand-off in context: the US and the weaponisation of global finance 19:04 Sep 13 0 comments Fuel Price Hikes Hammer South Africa’s Working Class 17:53 Sep 20 1 comments The Davos Blind Eye: How the Rich Eat the Poor and the World 18:07 Jan 26 0 comments Riflessioni sullo stato di crisi del capitalismo 06:41 Dec 24 0 comments more >> |
Recent articles by Conferenza di EuroAnarkismo
Search author name words: EuroAnarkismo This author has not submitted any other articles.
Recent Articles about Internazionale EconomiaThe State and the power of Business Mar 08 21 Shock en el Mercado Petrolero. Caos en el Laberinto Apr 30 20 Here Comes Bourgeois Socialism – Again Apr 28 20 Contro la crisi in Europa, verso un movimento sociale europeo
internazionale |
economia |
documento politico
Saturday April 09, 2011 00:23 by Conferenza di EuroAnarkismo - Coordinamento Europeo di Anarkismo
E' necessario anche ritrovarsi intorno ad obiettivi comuni ed unificanti, il più urgente dei quali oggi è quello di denunciare il debito (rifiuto incondizionato di pagare da parte del debitore). In verità, è il possesso del debito degli Stati che consente alle compagnie finanziarie di controllare i governi e di poter imporre quello che vogliono, minacciando di tagliare i prestiti o di aumentare il tasso di interesse. [English] Conferenza Europea di AnarkismoLondra, 2011Contro la crisi in Europa, verso un movimento sociale europeoI. Analisi della situazione attualeAlcuni mesi fa ci avevano detto che la crisi economica era alla fine. Ci avevano detto che quello che era successo in Grecia non era che uno sfortunato episodio rapidamente sanato dalla generosità dei "partners" europei della Grecia. Ma è arrivata una nuova pioggia di annunci catastrofici per tutta l'Europa, seguiti da piani di risanamento, fatti dalla UE o dal FMI. Niente di nuovo: solo piani di austerità sfortunatamente molto simili ai Programmi di Aggiustamento Strutturale imposti sui paesi in via di sviluppo dal FMI negli anni '80 e '90. Per i capitalisti, l'attuale situazione di crisi finanziaria è un'opportunità per imporre il loro programma neo-liberista sui popoli, come è già successo nel caso della crisi argentina nel 1998.Sta di fatto che questi piani di austerità non vengono concepiti affatto per favorire un risanamentoeconomico, ma esattamente il contrario. Il modo con cui i leaders europei affrontano la crisi attuale non può che portare dritti ad intrappolarsi nel circolo vizioso della recessione: le ripetute misure di austerità imposte in ogni paese contribuiscono a rallentare l'economia ancora di più creando una contrazione ulteriore della domanda. Eppure, per l'immediata uscita dalla crisi, i governi avevano annunciato piuttosto piani di risanamento basati su un approccio keynesiano alquanto distante dall'ortodossia neo-liberista che struttura la politica di convergenza economica dei paesi dell'euro-zona tramite il Patto di Stabilità (il quale impone criteri estremamente rigidi di austerità finanziaria: 3% del PIL per il deficit pubblico e 60% del PIL per il debito pubblico). 1. Quando i governi seguono le regole dei mercati finanziariMa allora perchè mai gli Stati si sono spostati bruscamente dai piani di risanamento verso le politiche di austerità che ne cancellano gli effetti? Molto semplicemente perchè oggi i governi seguono le regole dei mercati finanziari, i quali vedono nell'esplosione del debito degli Stati il rischio di un default (l'impossibilità di restituire il debito) che farebbe loro perdere una grande quantià di denaro.Di conseguenza, è necessario tagliare il bilancio degli Stati, particolarmente in quei settori che non compromettono i profitti delle compagnie private: assistenza sociale, servizi pubblici, ecc. I piani di austerità in Europa sono tutti uguali, dal momento che rispondono alle richieste degli stessi soggetti finanziari. A parte l'eliminazione del rischio default (sul breve termine, ben altra cosa è sul lungo periodo), i piani di austerità hanno un vantaggio collaterale: essi aprono interi settori dell'economia ad investitori privati, aprendo nuove e remunerative prospettive ai signori dei mercati finanziari.Non c'è niente di nuovo in questa subordinazione dei governi ai mercati finanziari; essa risale alla fine degli anni '80, quando i governi, di fronte all'imperativo liberista "meno Stato", decidevano di privilegiare la raccolta di finanziamenti attraverso i prestiti dai mercati finanziari, piuttosto che tramite l'imposizione fiscale. Questa svolta radicale non fu solo una scelta dei governi conservatori, ma venne fatta a volte anche dai governi socialdemocatici: in Francia ad esempio un governo socialista fece proprio questa scelta nel 1986. Tuttavia, gli Stati europei si trovano ora in una situazione di debolezza che dà un'opportunità alle istituzioni finanziarie, le quali possiedono i crediti di Stati ultra-indebitati, per affermare il loro potere. L'attuale situazione è caratterizzata da una rinuncia della sovranità degli Stati persino sugli stessi mercati finanziari. E' la UE che organizza questa rinuncia alla sovranità economica e politica: oltre al Patto di Stabilità che impone restrizioni alle politiche finanziarie degli Stati, c'è l'indipendenza della BCE che sottrae agli Stati la sovranità sulla conduzione delle politiche finanziarie. E, se questa sovranità non è mai stata la sovranità del popolo, è stata a volte abbastanza in contatto con i movimenti sociali da esservi sottomessa. Lo scarto da una scala nazionale ad una scala europea è già un ostacolo in sè, dal momento che non c'è nessun movimento sociale che si muova su scala altrettanto ampia. Ma, inoltre, il capitalismo oggi assume la forma delle istituzioni finanziarie che sono un nemico alquanto differente dai nemici di classe delle classi lavoratrici: lo Stato ed i padroni. I movimenti sociali oggi non hanno una strategia per combattere istituzioni finanziarie esterne nè tanto meno gli astratti "mercati finanziari". Questo rende più difficile la lotta nei posti di lavoro, mentre i manager si trovano distanti migliaia di chilometri, problema questo non nuovo. 2. La necessità di un movimento sociale europeoDi fronte a questa situazione, la reazione popolare è in genere abbastanza lucida. Lo slogan “Noi non pagheremo la vostra crisi" ha continuato a circolare, dimostrando che le persone sanno molto bene quali sono i responsabili della crisi: i capitalisti. Questo ha significato una moltiplicazione delle lotte ovunque in Europa: in Grecia, Irlanda, Inghilterra, Italia, Portogallo, Francia... Eppure, anche se queste lotte hanno fatto propria la questione della crisi economica, tuttavia esse restano confinate in ua realtà locale: la riforma delle pensioni in Francia, dell'università in Italia, i piani di austerità in Grecia, l'aumento delle tasse universitarie in Inghilterra ed in Irlanda, ecc. Non siamo di fronte ad una insufficienza, dato che le lotte erano radicate negli interessi immediati della classi lavoratrici, ma emerge tuttavia una impotenza ad agire direttamente contro gli effetti della crisi e contro i suoi responsabili.Questo è dovuto al fatto che i movimenti sociali soffrono ancora di una insufficienza strutturale, quella di una convergenza su scala europea. In verità, noi non siamo mai stati capaci di rispondere al potere transnazionale dei mercati finanziari, anche se in questa direzione sono stati fatti degli sforzi da parte della Union Syndicale Solidaire in Francia o dalla CGT in Spagna, ad esempio, nel tentativo di coordinare il sindacalismo alternativo in Europa per meglio rispondere alle necesità della situazione attuale. Eppure, per una risposta a scala europea è ancora più necessario reclamare quella sovranità politica che ci è stata totalmente espropriata, per mettere in discussione le inique decisioni della UE, presentate sempre come insormontabili ed inevitabili, e per combattere il potere transnazionale dei mercati finanziari. E' necessario un movimento sociale su scala europea. 3. Unità su obiettivi comuni: il rifiuto di pagare il debitoE' necessario anche ritrovarsi intorno ad obiettivi comuni ed unificanti, il più urgente dei quali oggi è quello di denunciare il debito (rifiuto incondizionato di pagare da parte del debitore). In verità, è il possesso del debito degli Stati che consente alle compagnie finanziarie di controllare i governi e di poter imporre quello che vogliono, minacciando di tagliare i prestiti o di aumentare il tasso di interesse. Ecco perchè, oggi, lo slogan "Noi non pagheremo la loro crisi" è diventato "Noi non pagheremo i loro debiti". Questo significa un colpo al potere dei mercati finanziari dato che se gli Stati non hanno più debiti da pagare, i mercati non hanno più nessun potere, e quindi diviene possibile una ripresa politica per il contro-potere sociale. Questa rivendicazione ha due altri vantaggi: far circolare l'idea che l'esplosione del debito oggi è un diretto risultato della crisi e che la responsabilità di ciò ce l'hanno i capitalisti; poi fare una gigantesca redistribuzione della ricchezza verso le classi lavoratrici, dal momento che i debiti sono ampiamente risanabili in fin dei conti con le ricchezze della borghesia e la cancellazione dei debiti permetterebbe rivendicare servizi pubblici ed assistenza sociale.
La crisi del settore bancario e dei mercati finanziari che seguirebbe ad una denuncia del debito creerebbe alla fine l'opportunità di imporre la re-impostazione del finanziamento dell'economia verso la soddisfazione dei bisogni reali del popoli europei. La parola d'ordine di rivendicare il denaro della banche e di socializzare le loro attività può essere sostenuta fin da oggi, data la bassa popolarità di questi signori della finanza tra la popolazione. Ma tutto ciò ha senso solo se noi siamo chiari nel dire che il denaro confiscato deve essere re-investito in attività di utilità sociale; cioè l'esatto opposto di quello che accade alla distribuzione finanziaria sui mercati finanziari.
II. Proposte per una campagna: "Per un movimento sociale europeo"Di fronte alle difficoltà summenzionate, la nostra corrente di pensiero deve fare del suo meglio con i suoi mezzi limitati per incoraggiare l'emergere di un movimento sociale europeo contribuendo alla costruzione di una rete del sindacalismo alternativo forte abbastanza per dare inizio a lotte (vedi la mozione "Sindacalismi in Europa") ed anche promuovendo la convergenza di tutte le lotte di cui i nostri attivisti fanno parte (immigrati clandestini, lotte femministe, ecc.). Ecco perché noi proponiamo una campagna in questa direzione, a livello pubblico ed a livello interno.1. Pubblica espressione della rete comunista libertariaLa nostra corrente deve esprimersi pubblicamente su questa questione su cui, se emerge all'interno dei movimenti sociali nella reazione ai colpi dei vari piani di austerità che colpicono i popoli europei, spesso ci limitiamo a necessarie ma non sufficienti manifestazioni di solidarietà.
2. Sviluppare un comune lavoro interno verso una convergenza strategica nel movimento sociale
Coordinamento Europeo di AnarkismoLondra, 27 febbraio 2011
|
Front pageSupport Sudanese anarchists in exile Joint Statement of European Anarchist Organizations International anarchist call for solidarity: Earthquake in Turkey, Syria and Kurdistan Elements of Anarchist Theory and Strategy 19 de Julio: Cuando el pueblo se levanta, escribe la historia International anarchist solidarity against Turkish state repression Declaración Anarquista Internacional por el Primero de Mayo, 2022 Le vieux monde opprime les femmes et les minorités de genre. Leur force le détruira ! Against Militarism and War: For self-organised struggle and social revolution Declaração anarquista internacional sobre a pandemia da Covid-19 Anarchist Theory and History in Global Perspective Capitalism, Anti-Capitalism and Popular Organisation [Booklet] Reflexiones sobre la situación de Afganistán South Africa: Historic rupture or warring brothers again? Death or Renewal: Is the Climate Crisis the Final Crisis? Gleichheit und Freiheit stehen nicht zur Debatte! Contre la guerre au Kurdistan irakien, contre la traîtrise du PDK Meurtre de Clément Méric : l’enjeu politique du procès en appel |