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L'anarchismo in Indonesia oggi

category indonesia / filippine / australia | movimento anarchico | intervista author Wednesday January 12, 2011 18:53author by Hidup Biasa Report this post to the editors

Intervista con anarchici indonesiani

"Le origini dell'anarchismo in Indonesia risalgono all'arrivo della musica punk intorno al 1998. A quel tempo anarchia era sinonimo di punk, ma alcuni di costoro iniziarono ad approfondire la conoscenza dell'ideologia e dei valori anarchici. Da quel momento in poi i contenuti anarchici iniziarono a diffondersi tra individualità o collettivi della comunità punk/hardcore ed, in seguito, nell'ambito di gruppi di attivisti, studenti, lavoratori, riuscendo praticamente ad ampliarne l'influenza fino a raggiungere soggetti con differenti provenienze..." [English]
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L'anarchismo in Indonesia oggi

Intervista con anarchici indonesiani

 

Potete dirci qualcosa sulla storia dell'anarchismo in Indonesia?

MT: Per quello che ho imparato ascoltando le storie dei miei compagni e per quello che ho studiato, le origini dell'anarchismo in Indonesia risalgono all'arrivo della musica punk intorno al 1998. A quel tempo anarchia era sinonimo di punk, ma alcuni di costoro iniziarono ad approfondire la conoscenza dell'ideologia e dei valori anarchici. Da quel momento in poi i contenuti anarchici iniziarono a diffondersi tra individualità o collettivi della comunità punk/hardcore ed, in seguito, nell'ambito di gruppi di attivisti, studenti, lavoratori, riuscendo praticamente ad ampliarne l'influenza fino a raggiungere soggetti con differenti provenienze.

Man mano che si diffondevano i contenuti anarchici, si sviluppò anche un vasto dibattito sul tema portando ad un processo sempre più profondo e più ampio di discussione, di analisi e di critica dell'anarchia, che prosegue tutt'oggi. Il passo successivo era quello di passare dalla teoria alla pratica, ad esempio formando collettivi basati sui principi e valori anarchici (decentramento, anti-gerarchia e consenso). Nonostante i tanti problemi che questi collettivi hanno affrontato, il loro modello viene visto come qualcosa di diverso, un'alternativa ai modelli dei gruppi che hanno sempre cercato di imporsi (sia nella sfera politica che in quella non-politica) attraverso strutture o forme gerarchiche, centraliste ed autoritarie.

Iniziative come quella di Food Not Bombs (1) possono essere considerate come una delle forme iniziali di azione diretta a prassi anarchica, insieme alla produzione di fanzines e di altre pubblicazioni come bollettini, opuscoli, ecc. All'inizio i temi e gli argomenti della fanzines erano soprattutto intorno agli ambienti punk/hardcore, ma col passare del tempo e con lo svilupparsi del processo, sono emersi altri e vari temi quali quello del femminismo, dei valori anarchici, dell'anticapitalismo, della resistenza globale e sociale, delle varianti dell'anarchismo, dei movimenti ambientalisti ed animalisti, delle notizie politiche ed altri. La diffusione delle idee anarchiche è stata aiutata anche dalla diffusione di internet che viene usata dai nostri compagni per diffondere il discorso anarchico e le informazioni.

PM: Bisogna dire subito che gli indonesiani non avevano una grande familiarità con la lingua inglese, per cui agli inizi di internet solo un piccolo numero di navigatori della prima generazione anarco-punk era in grado di comprendere l'anarchismo anche a livello teorico. Ma l'urgenza di fare qualcosa dentro la turbolenza della situazione economica, sociale e politica e la nostra voglia di capire chi eravamo, portò la prima generazione verso il PRD (Partai Rakyat Demokratik, o Partito Democratico del Popolo), un partito leninista. Non avevamo molta scelta dato che non vi erano referenti politici nella nostra lingua. Circolavano molto parecchi opuscoli con testi di Bakunin, Emma Goldman, Rudolf Rocker, tradotti da nostri amici. Ma non ci erano di molto aiuto dal momento che quegli scritti classici erano lontani nel tempo e nello spazio dalla nostra dimensione di vita. Ad esempio, come si può cogliere il male insito in un governo se in quel momento della storia indonesiana avevamo avuto esperienza solo di 2 presidenti? Noi siamo uno stato post-coloniale e c'è molto da fare per giungere alla conclusione che lo Stato è un male in sé.

Intorno al 2001, uno alla volta abbiamo lasciato il partito, ma molti di noi continuavano ad essere convinti che l'unica cosa possibile era fare quello che diceva Lenin: una rivoluzione sotto una sola bandiera, governo di transizione e così via. Eravamo anche trattati come soggetti anomali da un sacco di gente perché dicevamo che anche lo Stato è sistematicamente un nostro nemico. Quando altre persone dicevano che l'Indonesia come Stato doveva avere maggior peso a livello internazionale, noi rispondevamo che lo Stato e tutti i suoi funzionari sono nostri nemici. Qui matura la seconda generazione di anarchici più consapevoli della loro identità quale prodotto delle attività e della confusione proprie della prima generazione. Questa seconda generazione ha potuto approfondire i temi dell'anarchismo con maggiore calma ed oggi sa indicare le differenze con il leninismo, cioè questa generazione ha imparato dagli errori della precedente.

Qual è la situazione oggi? Quali sono i gruppi e le correnti principali oggi nell'anarchismo indonesiano?

JC: Per quanto ne so, non c'è un gruppo predominante in Indonesia. Ci sono solo parecchi collettivi ed individualità di varia provenienza alla ricerca di differenti modalità dell'anarchismo. Non di rado, questa differenza di metodi suscita dibattito, ma senza per questo produrre ostilità tra i collettivi o le individualità coinvolti. Ci sono anzi diverse occasioni in cui questi collettivi e le individualità di varia provenienza anarchica hanno preso parte ad uno stesso progetto. Il Primo Maggio del 2007 e del 2008 ne sono un esempio. Furono parecchi i collettivi e le individualità di varie città che parteciparono al Primo Maggio del 2007. C'era il collettivo Affinitas di Yogyakarta, il collettivo Jaringan Otonomis di Giacarta, Apokalips (collettivo di Bandung) e Jaringan Autonomus Kota (collettivo di Salatiga). A fianco di questi collettivi tante individualità da varie città come Bali e Semarang, ma anche i collettivi punk di Giacarta. Tutti scelsero di denominarsi Jaringan Anti-Otoritarian (rete anti-autoritaria). Il Primo Maggio 2007, si toccò il numero di 100 partecipanti all'iniziativa, tutti vestiti in nero. In quell'occasione il messaggio che Jaringan Anti-Otoritarian stava cercando di lanciare era quello di una ridefinizione del Primo Maggio, dato che era sempre stata una data appannaggio solo dei gruppi e delle individualità della sinistra. In quel giorno l'iniziativa di Jaringan Anti-Otoritarian ebbe senz'altro successo. Il movimento anarchico, considerato fino a quel giorno del tutto inesistente, iniziò a riscuotere attenzione.

Dopo il Primo Maggio 2007, il movimento anarchico iniziò a fiorire. Apparvero parecchi nuovi gruppi in diverse città. Gli anarchici iniziarono a prendere parte sempre di più alle proteste, come nel caso di quelle contro la costruzione di una centrale nucleare, ad esempio.

In occasione del Primo Maggio 2008, venne riattivato il coordinamento tra collettivi ed individualità di varie città. Questo coordinamento seguì due canali: quello via internet e quello delle riunioni vere e proprie. Il numero dei partecipanti era notevolmente cresciuto. Mancò purtroppo per varie ragioni la partecipazione dei collettivi di Apokalips (Bandung) e di Sindikat Melawan (Salatiga). Ci fu un momento di delusione, ma Affinitas (collettivo di Yogyakarta) ed i collettivi di Giacarta insieme ad individualità di altre città presero in mano la situazione per andare avanti. Come nel 2007, l'iniziativa si tenne a Giacarta, con la partecipazione di più di 200 persone, punk compresi. Gli obiettivi della manifestazione erano gli abusi delle compagnie capitaliste ed in particolare il Bakrie Building, sede di diverse compagnie, di proprietà dei politico e uomo d'affari Aburizal Bakrie. Alcuni manifestanti hanno compiuto vandalismi contro l'edificio e poco dopo è arrivata la polizia. E' iniziata la repressione con parecchi arrestati (nonostante quelli liberati dai manifestanti), ma poi con l'arrivo dei rinforzi tutti sono stati arrestati.

Dopo quel Primo Maggio, il movimento anarchico ha preso una china discendente. Alcuni collettivi si sono sciolti. Ma l'anarchismo non era morto. Nuovi collettivi ed individualità, insieme a quelli che già da tempo avevano dato vita al movimento anarchico, si sono messi in rete e partecipano oggi a diverse azioni nelle località dove maggiore è la sofferenza per la presenza delle compagnie capitaliste. A tutt'oggi non pochi anarchici sono coinvolti nelle lotte popolari contro le corporations e contro lo Stato. Alcuni anarchici hanno persino iniziato a fare attacchi alle stazioni di polizia o ai centri commerciali.

MT: Possiamo dire che il movimento anarchico oggi si trova in una situazione evolutiva. Potremmo dividerlo in 2 aree: la prima, quella del discorso e della teoria, la seconda quella della prassi.

Nella prima area i temi in dibattito e sotto analisi sono sempre di più, a cominciare dal capitalismo, il lavoro, la cultura della sicurezza, la civiltà, la filosofia, la comunicazione, il consumismo, la religione, il genere, le corporations, la rilevanza dell'anarchismo nel contesto della vita quotidiana in Indonesia e così via. Questo dibattito si svolge in occasioni pubbliche (nelle classi, proiezioni di film, dibattiti organizzati, gruppi di discussione, dibattiti pubblici ed aperti) oppure a livello di mailing lists, email, libri, giornali, opuscoli, fanzines, newsletters, siti web, blogs). Tuttavia, credo che al momento i temi caldi nel movimento stiano diventando quelli delle corporations, del capitalismo, della resistenza sociale e dell'azione diretta. Come donna vedo che non c'è invece sufficiente attenzione alle questioni relative alle donne, al corpo, alla sessualità, all'orientamento sessuale ed alle relazioni interpersonali. Ecco perché sto cercando di sollevare questi temi in vari modi e tramite diversi mezzi (azione diretta, critica, scrittura, arte) ed ora sto scrivendo un racconto sui genitali ribelli. Spero che in questo modo certe questioni possano essere meglio accettare e capite.

Recentemente questo tipo di libri scritti da donne sono in crescita e sono noti come sasatra lendir. Si occupano di libertà sessuale (sessualità delle donne, lesbiche e gay), tuttavia senza mettere a fuoco le relazioni ed i valori che vi sottendono, come il potere, il controllo e così via.

A livello pratico oggi, sono sempre di più gli anarchici che si impegnano in azioni dirette fondate sui valori anarchici, come food not bombs, banche del tempo, campagne di strada e manifestazioni (contro gli abusi delle corporations, contro la violenza della polizia, contro il consumismo ed il capitalismo...), la costruzione di collettivi tematici (scuole libere, spazi di lettura, infoshop), feste del fai da te, sulla base di un approccio anarchico ad organizzarsi con le persone vittime degli abusi delle corporations ed infine anche il sabotaggio. Va detto che la presenza degli anarchici, del loro discorso e del loro attivismo sono sempre più notati da gruppi più ampi e questo genera dinamiche e dibattito specialmente all'interno dei circoli della sinistra autoritaria (marxisti-leninisti-maoisti-chavisti) che dominano sui movimenti di opposizione. All'interno della "sinistra" circolano molti errori ed equivoci riguardo alla teoria anarchica, alla filosofia ed alla prassi anarchica. La cosa è anche comprensibile, dato che questi gruppi di sinistra considerano sempre l'ideologia come "uno strumento della loro lotta politica", mentre gli anarchici considerano l'ideologia come qualcosa di molto filosofico e personale (qualcosa di interiorizzato), che può essere usata in vari contesti, sia personali che nelle relazioni sociali quotidiane, come nelle lotte politiche e sociali. Al tempo stesso, esiste un desiderio sempre più diffuso di conoscere il discorso anarchico proveniente da altri gruppi ed individualità, il che porta ad una crescita delle domande e dunque dell'attrazione dell'idea anarchica.

Il coinvolgimento delle donne nel movimento anarchico è alquanto minimo. Ho fatto fatica in questi 10 anni di lotta a spingere le compagne ad una maggiore partecipazione, ma esse hanno preferito fermarsi a metà strada per poi scegliere il matrimonio e la famiglia, oppure un lavoro o ancora lavorare per le ONG di donne. In questa società il patriarcato ed il sessismo hanno ancora un grande impatto in ogni contesto (dalla famiglia alle relazioni amorose, nell'amicizia, nelle comunità, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nella società, nella religione...) e forse questa è una delle ragioni per cui le cose sono come sono. In Indonesia la storia del movimento delle donne è molto breve. L'organizzazione di donne Gerwani (Gerakan Wanita Indonesia = Movimento delle Donne Indonesiane) venne spazzata via insieme al PKI (Partai Komunis Indonesia = Partito Comunista Indonesiano) nella repressione del 1965-66. Da allora ogni cosa che è collegata al PKI e al comunismo è tabù nella società indonesiana e questo viene usato dalle autorità come mezzo di propaganda e di minaccia contro ogni forma di lotta. "Non volete mica tornare a quello che è successo nel 1965?", ci dicono. Da allora non c'è stato più nessun movimento radicale di donne e quello attuale è concentrato nelle ONG o nelle organizzazioni di sinistra compromesse con lo Stato.

Poi vedo molti amici, che credono nell'anarchia e che la applicano nella loro vita, sostenere continui dibattiti per differenze di opinioni, per cui ancora non riescono ad organizzarsi bene. Ci sono ancora incomprensioni sui valori e sui principi anarchici nelle relazioni quotidiane causate dal perdurare della gerarchia, della dominazione e del sessismo. Ma forse tutto ciò fa parte di un processo di apprendimento.

La mancanza di accesso all'informazione ed alla letteratura anarchica è un problema. La maggior parte delle informazioni e della letteratura anarchica è in inglese, lingua che in Indonesia non è molto diffusa. Per questo sono nati l'Institut-A Infohouse ed il Community Center come spazi per poter accedere alla stampa anarchica.

Ci sono movimenti storici in Indonesia che pur non essendo anarchici possano dare ispirazione agli anarchici?

Sì, ci sono dei movimenti che pur non essendo anarchici hanno tuttavia motivi a cui ispirarsi. Uno di questi è il Sedulur Sikep (noto anche come "Popolo di Samin"), un movimento sociale dissidente che esisteva durante la dominazione coloniale olandese. Era comunque attivo solo a livello locale. Molti anarchici non traggono ispirazione dai movimenti sociali e politici in Indonesia e quindi approfondiscono la storia dell'Indonesia e delle lotte che pur non dichiarandosi anarchiche, ne hanno però le caratteristiche.

MT: Gli insegnamenti del Sedulur Sikep furono diffusi da Samin Surosentiko (1859-1914), ed erano finalizzati a combattere la cultura coloniale olandese ed il capitalismo dell'epoca coloniale in Indonesia, nel 19° secolo. Questo movimento crebbe inizialmente intorno a Klopoduwur, Blora, Giava Centrale. Nel 1890 il movimento raggiunse le foreste nei villaggi del distretto di Randublatung, nella kabupaten (provincia) di Bojonegoro, Giava Est, e velocemente raggiunse anche altri villaggi. Andava dalla costa settentrionale di Giava alle foreste del nord e del sud e delle montagne di Kendeng. Intorno ai confini delle regioni di Giava Est e di Giava Centrale, in base alle carte attuali, sorse una lotta per combattere l'autorità olandese e le loro piantagioni recintate di teak.

Gli insegnamenti del Sedulur Sikep rimandano alla lotta anticoloniale contro il governo olandese ed ai suoi atti arbitrari. Quella lotta non ebbe scontri fisici ma si svolse sul piano della sfida a tutte le leggi ed agli obblighi a cui era sottoposto il popolo: per esempio non pagando le tasse. Influenzato dalla attitudine a sfidare qualsiasi cosa, il movimento costruì un proprio ordine sociale, una legge di comportamento e le proprie tradizioni in modo del tutto indipendente.

Uno dei principi del Sedulur Sikep era "kulo ndiko sami, kowe aku podho" (tu ed io siamo uguali, perciò tutti possono essere uguali). Questo è un principio di uguaglianza che non fa distinzioni di colore della pelle, di etnia e di religione. Nessun essere umano si erge al di sopra di un altro o ha maggiori diritti o obblighi. Samin avvertiva in ogni azione che le persone devono fare le cose da sé o con la cooperazione volontaria.

Sedulur Sikep era anche una filosofia pragmatica che non puntava a creare qualcosa di impossibile. L'obiettivo del Sedular Sikep era giungere ad una effettiva libertà per tutta l'umanità. La minoranza non aveva più diritti della maggioranza e viceversa. Si assumeva che ogni e ciascuna persona doveva avere lo stesso diritto alle ricchezze della terra senza ricorrere al denaro o a pagamenti; quello che una persona produce diviene di suo possesso e nessun altro o nessun gruppo ha il diritto di prenderlo senza il consenso della persona stessa; ognuno può scambiare le cose che produce se lo desidera; non c'è limite a quello che si può scrivere, mangiare o bere, finché non rechi danno ai diritti degli altri.

Sedulur Sikep rifiutava l'affitto della terra, preferendo l'uso della terra da parte di chi vi vive, rifiutava i brevetti ed il copyright in quanto forme di monopolio, respingeva l'imposizione di imposte sul popolo perché il loro pagamento deve essere volontario, non impartiva ai bambini un'istruzione formale, trattava la natura e l'ambiente con saggezza perché considerato come una madre che va rispettata.

I punti chiave dell'insegnamento del Sedulur Sikep sono i seguenti:

  • la religione può essere un'arma o un principio di vita. Si deve capire che Sedulur Sikep non faceva differenze tra le religioni e grazie a ciò i suoi appartenenti non invocavano né odiavano nessuna religione. La cosa più importante è come una persona conduce la sua vita. I matrimoni si celebrano spontaneamente senza l'intervento di istituzioni governative o religiose, poiché la loro religione non era riconosciuta dallo Stato;

  • non importunare l'altro, non essere litigiosi, non provare invidia e non cercare di prendere le cose degli altri;

  • agire con saggezza e non essere arroganti;

  • un essere umano deve sviluppare la comprensione della propria vita, perché la vita è la stessa cosa dell'anima e ne abbiamo una sola per tutta l'eternità. Secondo Sedulur Sikep, quando una persona muore la sua anima non muore, si libera solo degli abiti;

  • quando parliamo dobbiamo prestare attenzione a quello che esce dalla nostra bocca, devono essere parole oneste e rispettose verso gli altri. Per Sedulur Sikep il commercio era vietato perché contiene un intrinseco elemento di "disonestà". Anche le donazioni non possono essere fatte in forma di denaro.

PM: Sfortunatamente, il regime di Suharto riuscì a far sparire ogni materiale storico che non era sulle sue posizioni. Uno storico australiano, Anton Lucas, ha scritto libri interessanti sulla rivolta sociale in Indonesia al tempo della dichiarazione d'indipendenza dell'Indonesia, che non fu specificamente anarchica, ma che sorse autonomamente contro le classi alte-contro le forze coloniali e pure contro la Repubblica Indonesiana. Anche il movimento indigeno Papua è interessante. Ho incontrato uno dei suoi dirigenti nel 2000, e parecchi anni dopo mi sono reso conto che il suo punto di vista e sue osservazioni sull'Indonesia mi facevano venire in mente il conflitto tra un egualitarismo (però primitivo) opposto ad una società moderna gerarchizzata. Bisogna recuperare la nostra storia ed è un lavoro duro ma necessario.

L'Indonesia è un enorme paese con molte tradizioni culturali e religiose. Dove sono più presenti gli anarchici?

JC: Io vivo sull'isola di Giava e la mia attività si svolge per lo più insieme agli anarchici dell'isola (e nemmeno li conosco tutti), ma anche con anarchici delle altre isole (anche se solo a livello di scambio di comunicazioni, siamo infatti ben lontani dal livello di lavorare per un progetto condiviso).

MT: Bisogna capire che in Indonesia, l'isola di Giava è il "cuore" del governo, dell'informazione, dell'istruzione, ecc., il che provoca uno squilibrio con le altre parti del paese. Lo Stato crea intenzionalmente questa situazione per cui la gente che non vive a Giava viene tenuta in uno stato di "stupidità" dal momento che i loro territori sono obiettivi per i progetti di sfruttamento su vasta scala da parte delle corporations e dello Stato.

Io vivo a Giacarta (Giava Ovest) e conosco anarchici (individualità o collettivi) delle varie isole - a Java (Giacarta, Bandung, Jogya, Semarang, Pati, Blora, Surabaya, Rembang, Randublatung, Salatiga, Porong), a Sumatra (Palembang, Pekanbaru, Medan, Aceh), a Kalimantan (Balikpapan), a Sulawesi (Makassar, Manado, Gorontalo), a Bali. Ma non tutti li conosco di persona.

PM: Io credo che l'anarchia sia una caratteristica di base dell'umanità. Per cui, credo ci siano alcune comunità in cui possiamo trovare dei valori anarchici, anche se queste comunità non si definiscono anarchiche. Alcune poi adottano delle tradizioni religiose, ma non hanno niente a che fare con le religioni maggioritarie e legali.

Quale ruolo gioca la religione nel movimento anarchico? Ci sono parallelismi tra l'anarchismo e le tradizioni islamiche? O tutti gli anarchici sono anti-religiosi?

JC: Io sono anarchico ed agnostico. E lo sono molti dei miei amici. Ma ci sono anarchici che sono ispirati dal movimento Sufi. Per me la religione è un'istituzione coercitiva e gerarchica, per cui non solo va rigettata, ma va anche distrutta. Religione non è la stessa cosa di spiritualità. Sebbene sia antireligioso, non mi riconosco in quella modernità che glorifica la ragione e nega la spiritualità.

MT: Ho scelto di non seguire nessuna religione ben prima di diventare anarchica, per via della mia personale esperienza in famiglia e nella società. Ho sempre criticato la forte dominazione ed il controllo che le istituzioni religiose hanno in Indonesia fin da quando ne ho sentito parlare ed ho potuto vedere i comportamenti dei miei amici nei confronti della religione. Comunque, all'interno dei circoli anarchici, molti hanno ancora una religione, oppure non sono abbastanza coraggiosi da aprire la loro mente per respingere la religione. In genere trovano un equilibrio per rispetto delle loro famiglie e del contesto religioso ambientale.

Dato che l'Indonesia è il paese con il più grande numero di abitanti di religione islamica al mondo, questi valori vengono fortemente impiantati dentro di noi, vengono rinforzati, ci prendono per mano e ci controllano, a partire dalla famiglia, poi nella società e dallo Stato. Tuttavia molti di noi hanno avuto modo di dibattere queste questioni e di capire come la religione sia una fonte di dominio e di controllo che deve essere distrutta. Alcuni anarchici invece vanno più a fondo e criticano l'Islam da un punto di vista anarchico.

PM: Se parliamo di movimento anarchico, posso dire che la religione non vi ha nessun ruolo. Ma un mio amico è musulmano ed è anche anarchico. Lui, sì, traccia dei parallelismi tra l'anarchismo e le tradizioni islamiche. Lavora persino presso una casa editrice che stampa soprattutto libri islamici.

C'è un forte collegamento tra tutti gli anarchici indonesiani?

PM: Non so se possiamo chiamarlo un forte collegamento, ma quasi tutti gli anarchici (quelli che si autodefiniscono tali) in Indonesia si conoscono.

MT: Io dico di sì, probabilmente perché ci sentiamo una minoranza, i legami sono abbastanza forti, sappiamo che c'è un sostegno reciproco e desiderio di sapere le cose che si fanno. Tuttavia, a causa della conformazione geografica e della situazione finanziaria, è piuttosto difficile che ci si possa incontrare di persona. In genere le comunicazioni avvengono per telefono o via internet.

Quali sono le posizioni degli anarchici sulle lotte indipendentiste che ci sono state in Indonesia negli ultimi decenni: vedi Timor Est, Papua occidentale, Aceh, ed altre regioni?

PM: Non posso parlare a nome di tutti gli anarchici indonesiani, ma personalmente penso che in qualche modo sono lotte che vanno appoggiate. Ho partecipato alla lotta di liberazione a Timor Leste (gli abitanti preferiscono il nome Timor Leste, invece che Timor Est) prima che diventasse uno stato indipendente e che avesse un governo corrotto.

MT: Bisogna comprendere che ogni parte dell'Indonesia ha i suoi problemi, ecco perché gli anarchici prendono iniziative che siano appropriate per il posto in cui vivono innanzi tutto. Evitiamo metodi che prevedono la nomina di rappresentanti ( e questo in contrasto con la maggioranza dei gruppi della sinistra) e questo perché noi costruiamo sempre i nostri movimenti e le nostre azioni nei posti in cui siamo. Anche perché non ci sono anarchici che vivono nei posti citati (ad Aceh abbiamo un compagno che non ha potuto fare molto perché vi si era trasferito da poco tempo).

Ma siamo tuttavia consapevoli di cosa accade in questi posti ed appoggiamo tutte le forme di lotta contro l'autorità dello Stato e tutte le lotte autonome. Però vi è una contraddizione quando guardiamo alle lotte popolari in questi posti per liberarsi dall'Indonesia e poi vediamo che si forma una nuova nazione (il sistema è lo stesso, ma il governo ed il potere hanno un nuovo volto), come è successo nel caso di Timor Est per esempio.

Nel frattempo noi affrontiamo questi temi anche da altri punti di vista, specialmente nel contesto dell'autorità statuale, del militarismo e dello sfruttamento dell'ambiente.

Lo Stato Indonesiano ha una terribile eredità per quanto riguarda la persecuzione dei dissidenti politici. In che modo questo riguarda gli anarchici dal punto di vista storico? Qual è la situazione oggi?

JC: L'Indonesia di oggi non è molto diversa dall'Indonesia del periodo del "Nuovo Ordine" (2). Voglio dire che ancora oggi chi si rifiuta di sottomettersi al potere viene perseguitato. Oggi i dirigenti indonesiani hanno imparato dagli errori dei loro predecessori e la repressione è meglio organizzata. Se ai tempi del Nuovo Ordine la dissidenza venne distrutta in modo crudele, oggi non è più così. Coloro i quali sono al potere oggi in Indonesia promuovono un'immagine ingannevole per la quale essi non governano con la violenza ed alimentano un'immagine di pace e sicurezza al massimo livello. Questo porta la gente a stare dalla parte del governo o a limitarsi a non essere d'accordo con i dirigenti. La gerarchia ed il potere sono considerati cose legittime dalla maggioranza delle persone.

MT: Parecchi di noi hanno già dovuto fare i conti con l'azione repressiva dello Stato sottoforma di terrore, intimidazioni, incursioni ed arresti. Siamo sempre in allerta e cerchiamo di non farci influenzare dall'immagine propagandata dallo Stato. Cerchiamo anche di stare attenti ai problemi della sicurezza iniziando a costruire una "cultura della sicurezza" come qualcosa di importante in tutte le nostre attività, sviluppando metodi e strategie per affrontare queste situazioni. Ma sono ancora molto pochi i compagni che si occupano di queste cose.

PM: Oggi il governo fa le stesse cose di ieri, ma le fa con tatto. Non emettono più apertamente editti ricorrendo alla violenza. Ma questo non significa che non ricorrano alla violenza quando devono risolvere qualche problema. Diversi mesi fa un villaggio di Riau (nell'isola di Sumatra) venne bombardato ed incendiato dagli elicotteri perché i contadini che vi abitavano non volevano concedere la loro terra ad un'industria nazionale dell'olio di palma. La stessa cosa è successa a Sulawesi ed in altri villaggi nell'isola di Giava. Ma nessun giornale controllato dallo Stato ne ha parlato. Noi abbiamo dato la terribile notizia in modo indipendente.

Come sono le relazioni internazionali? Avete forti rapporti con altri anarchici nel sud-est asiatico o altrove?

PM: Non formalmente, ma abbiamo degli amici.

MT: Personalmente ho molti contatti con anarchici fuori dall'Indonesia da quando abbiamo fatto l'Institut-A, che è sopravissuto grazie anche all'aiuto ed alla solidarietà della rete internazionale. Cerchiamo di stabilire contatti con vari collettivi allo scopo di diffondere le informazioni sulla nostra esistenza e le nostre attività qui. Siamo consapevoli dell'importanza della condivisione delle informazioni e del fare rete ed abbiamo imparato ad usare gli strumenti adatti, solo a volte ci capita di trovare ostacoli di carattere linguistico, non avendo neanche molto tempo e disponibilità per le traduzioni, cosa per cui ben pochi hanno le capacità e la predisposizione giusta.

Come vedete il futuro dell'anarchismo in Indonesia e nel sud-est asiatico?

PM: Non so molto dell'anarchismo nel sud-est asiatico. Credo che sia importante avere una rete, ma noi dobbiamo focalizzarci sull'Indonesia, perché ci sono molte cose da fare e pochi anarchici indonesiani disposti veramente ad impegnarcisi.

JC: Col processo in corso, penso che bisogna dedicare molto spazio agli anarchici in Indonesia. Aumentano i marxisti-leninisti che iniziano a pensare che ogni forma di potere sia l'equivalente di corruzione e repressione. Le persone che sono diventate vittime delle corporations iniziano a rendersi conto che il governo non sta dalla loro parte, per cui è necessario fare qualcosa di più che chiedere semplicemente l'aiuto del governo.

MT: Io sono ottimista, specialmente nel contesto dell'Indonesia, dove i problemi sono tanti. Aumentano le persone ed i gruppi che vedono le loro forme di lotta non avere più sbocco e l'azione anarchica viene vista come più logica. Tuttavia, tutto questo richiederà un lungo processo ed un duro lavoro, abbiamo bisogno di collaborazione e di ferma solidarietà tra tutti noi. Credo che vedremo i semi dell'anarchia che stiamo seminando oggi iniziare a crescere dappertutto...

 

Fonte: Hidup Biasa

Intervista pubblicata in tedesco nel libro Von Jakarta bis Johannesburg - Anarchismus weltweit, Sebastian Kalicha e Gabriel Kuhn (eds.), Unrast Verlag 2010.

Traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali.

 

Note:

1. Food Not Bombs (Cibo Non Bombe), organizzazione nata nel 1980 a Cambridge nel Massachusetts, conta oggi oltre 175 gruppi sparsi per il mondo. http://www.foodnotbombs.net/italian.html

2. Nuovo Ordine, Orde Baru in lingua indonesiana, termine coniato dal presidente Suharto (1966-1988) dopo il colpo di stato del 1966 che si caratterizzò come periodo di terrore, repressione ed epurazioni.

 

 

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