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Sakae Ōsugi a Parigi

category asia orientale | storia dell'anarchismo | opinione / analisi author Sunday November 07, 2010 23:56author by Libero International Report this post to the editors

Per celebrare il cinquantesimo anniversario della conferenza internazionale anarchica di St. Imiers in Svizzera, nel 1872, si decise di convocare una riunione a Berlino nel febbraio del 1923 al fine di convocare una nuova federazione internazionale. Un invito è stato inviato al gruppo anarcosindacalista Rōdō Undō di Tokyo, il quale fu indirizzata personalmente a Ōsugi Sakae, che era in contatto con gli anarchici francesi. [Castellano]
Ôsugi Sakae
Ôsugi Sakae


Sakae Ōsugi a Parigi


Alias "Chin Chen"

Per celebrare il cinquantesimo anniversario della conferenza internazionale anarchica di St. Imiers in Svizzera, nel 1872, si decise di convocare una riunione a Berlino nel febbraio del 1923 al fine di convocare una nuova federazione internazionale. Un invito è stato inviato al gruppo anarcosindacalista Rōdō Undō di Tokyo, il quale fu indirizzata personalmente a Sakae Ōsugi, che era in contatto con gli anarchici francesi. Nella notte del'11 dicembre 1922, dopo aver trovato abbastanza soldi per viaggiare e dopo aver fuorviato la polizia, facendogli credere che era a letto sofferente di una grave malattia, Ōsugi partì per Shanghai attraverso la Corea e la Manciuria, sulla prima parte del suo viaggio.

Solo pochi mesi erano passati da quando una divisione irrevocabile avvenne in Giappone tra gli anarchici ed i bolscevichi (cioè, coloro che sostenevano la Rivoluzione russa), e gli anarchici cercavano di formare nuovi collegamenti internazionali, piuttosto che continuare a concentrare solamente ai contatti nazionali, come avevano fatto fino ad allora. Ōsugi stesso poneva l'accento sullo sviluppo di legami più stretti con altri anarchici asiatici e sulla creazione di una forma organizzativa che li potesse aiutare a meglio cooperare. Era stato a Shanghai due anni prima, durante il fallito tentativo da parte degli anarchici a collaborare con il Komintern; durante questo secondo viaggio era deciso a rinnovare i contatti che aveva stretto dodici anni prima, quando nella sua Scuola di Esperanto a Tokyo aveva arruolato alcuni studenti cinesi. Le sue paure di essere scoperto dalla polizia segreta, però, ora che la sua assenza a Tokyo era stato scoperto con certezza, era troppo rischioso e tutto quello che poteva fare era aspettare che gli altri lo contattassero in un immondo ostello per gli stranieri.

ōsugi, per ovvie ragioni, difficilmente poteva ottenere un passaporto giapponese. Dal momento che la Corea faceva parte dell'impero giapponese dal 1919, non ebbe alcuna difficoltà a raggiungere il confine cinese, che probabilmente attraversò, facendosi passare per (stupido) "coolie" cinese. Dopo Shanghai, il piano fu quello di utilizzare i contatti ancora più stretti nell'anarchismo cinese di un altro anarchico giapponese ed esperantista, Yamaga Taiji, che aveva concordato di precedere Ōsugi nel suo viaggio in Cina al fine di ottenergli documenti d'identità cinesi falsi. Dopo che Yamaga aveva sprecato diversi giorni a Pechino in attesa che gli anarchici locali gli ottenessero i documenti, si trovarono infine a Shanghai con l'aiuto di un medico di nome Chang Meng-Hsien, ex-direttore dell'Istituto Sino-Francese di Lione. Il dott. Chang diede ad ōsugi, alias "Chin Chen", alias "'Tong Cin Tangle" (entrambi nomi attribuitigli dalla stampa parigina dopo il suo arresto a maggio), una residenza in Francia dove vivevano alcuni giovani anarchici cinesi che frequentavano l'Istituto, che all'epoca non erano più di dieci.

Con il suo passaporto ōsugi, apparentemente uno studente cinese diretto a Lione per gli studi, lasciò Shanghai il 5 gennaio 1923 ed arrivò a Marsiglia il 13 febbraio. La mattina seguente, dopo aver detto addio ad una certa "Madame N" che aveva incontrato durante il viaggio, partì per Lione portando una lettera di presentazione da alcuni compagni in Cina. Dopo aver trascorso una settimana a Lione, si recò a Parigi, dove incontrò Coromel, che lo aveva invitato, negli uffici dell'organo della Lega Anarchica Francese, "Le Libertaire", situato sul Boulevard de Belleville (insieme a "La Revue Anarchiste" e "La Librairie Sociale".

Erano tempi in cui le forze reazionarie in tutta Europa stavano flettendo i muscoli, e l'euforia post-1917 si andava spegnendo. Il 1922 fu l'anno che aveva visto la marcia su Roma guidata da fascisti di Mussolini, mentre il 1923 fu l'anno del "Putsch di Monaco" di Hitler in Baviera. Quest'ultimo era stato provocato dall'occupazione francese della Ruhr a poche settimane prima dell'arrivo di ōsugi, ed il confronto tra la sinistra francese e la destra sempre più forte a causa della occupazione, era ancora caldo.

L'atmosfera era, quindi, molto poco di buon auspicio per l'esito del viaggio di ōsugi, in particolare per il suo progetto di attraversare il confine francese per entrare in Germania. Arrivando in Germani, scoprì che la persecuzione da parte del governo aveva costretto al rinvio della conferenza di Berlino. Molti concordavano che la conferenza non si sarebbe mai svolta, e infatti fu infine rinviata sine die. Ōsugi rimase deluso, ma colse l'occasione per incontrare alcuni degli esuli anarchici che allora vivevano a Parigi. Ancora più importante era il fatto che, dalla moltitudine di sfollati e rifugiati dal Russia post-"rivoluzionaria", poté ottenere un quadro più chiaro di quello che vi era successo rispetto a quanto non poteva avere, fosse rimasto in Giappone. Quello che sentì confermava le voci già arrivate, e che era visibile nel comportamento dei comunisti giapponesi tanto da creare la rottura tra anarchici e bolscevichi di cui sopra.

Ōsugi colse anche l'occasione per incontrare una ventina di anarchici cinese che vivevano a Parigi, studiando e lavorando part-time. Si incontravano tutti i giorni e progettarono una conferenza che si sarebbe svolta dopo la riunione di Berlino, che sarebbe servita per gettare le basi di una organizzazione anarchica di studenti cinesi a Parigi. Che cosa divenne di questo gruppo è tuttora ignota, ma l'importanza che Ōsugi dava al ruolo della Cina nel movimento anarchico internazionale è chiara.

Poco dopo il suo arrivo in Francia, Ōsugi si mise in contatto con un vecchio compagno del Gruppo di Ricerca sul Sindacalismo costituitosi a Tokyo nel 1913, un artista di nome Hayashi. Benché Ōsugi avesse deciso di non contattare qualsiasi giapponese mentre era in Europa, per motivi di sicurezza, Hayashi sarebbe stato il mezzo con cui poteva mantenere il contatto con il gruppo Rōdō Undō ("Movimento operaio") e con la femminista Noe Itō, con cui aveva vissuto da sette anni. Quello che non sapeva è che il governo giapponese, avendo perso le sue tracce in Cina, aveva incaricato la sua ambasciata in Francia di tenere sotto osservazione Hayashi, perché giustamente credevano che sarebbe la prima persona a cui Ōsugi avrebbe fatto visita a Parigi. Di conseguenza, Ōsugi fu sotto costante sorveglianza dal momento in cui arrivò.

Uno degli aspetti più intriganti del soggiorno di Ōsugi a Parigi è la sua apparente ignoranza del Associazione Internazionale dei Lavoratori (AIT) anarcosindacalista, il cui congresso di fondazione ebbe luogo dal 25 dicembre al 2 gennaio precedente. In quanto anarcosindacalista egli stesso, Ōsugi avrebbe dovuto essere interessato a questo organismo e avrebbe dovuto cercare di contattare i suoi militanti, cosa che non fece. L'unica spiegazione possibile è che a causa delle controversie tra fazioni in seno al movimento anarchico francese non ne fu informato, poiché altrimenti è molto difficile capire il suo totale silenzio riguarda all'AIT nie suoi ricordi del viaggio in Francia.

Il Primo Maggio, 1923

Ōsugi e Hayashi, dopo aver affittato una camera a buon mercato in un albergo di Parigi, trascorsero i loro giorni e notti nei caffè di Montmartre, mentre Ōsugi continuò silenziosamente i suoi sforzi per ottenere un visto di ingresso in Germania. Il 17 marzo, dopo aver appreso della sorveglianza dell'ambasciata giapponese, i due partirono per Lione, anche perché pareva fosse più facile lì ottenere un visto per la Germania. Nelle sei settimane successive, Ōsugi fu confinato a Lione, facendo visite giornaliere alla stazione di polizia, la sezione dei passaporti e l'ufficio di sicurezza. Arrivato al mese di aprile, la sua frustrazione diventò insopportabile, e scrisse a Noe Itō della sua intenzione di attraversare il confine illegalmente.

Dissuaso da questo piano dai suoi amici a Lione, che temevano le conseguenze, Ōsugi rimase dov'era, ma il denaro scarseggiava ed il viaggio, anche se avesse ottenuto il visto, presto sarebbe stato impossibile. Il 29 aprile, avendo perso ogni speranza di ottenere un visto, partì di nascosto per Parigi dove era stato invitato a partecipare ad una manifestazione nel sobborgo di Saint-Denis.

La mattina del 1° maggio, Ōsugi si svegliò respirando l'aria della città. Ma la sua reazione fu una di sorpresa, trovandola silenziosa come una tomba. L'unica cosa di diversa che poté osservare erano le ondate di lavoratori, approfittando della festa, che si recavano con le loro famiglie in campagna. Questo segnò il resto della giornata. Ōsugi ricordava i suoi sentimenti riguarda questa situazione nel suo libro "Nippon Dasshutsu Ki" (Diario di una fuga dal Giappone):
"Le riunioni ad aria aperta sono stati vietati e nessuno sembrava avere il coraggio di ignorare l'ordine. Tanto i politici comunisti quanto i burocrati della CGT [Confédération Générale du Trvail], erano terrorizzati di scontrarsi con la polizia e facevano di tutto per raffreddare le anime. Pertanto, solo il comizio principale della CGT si sarebbe svolto al centro della città, mentre gli altri, compreso quello di St. Denis, erano confinati alla periferia. Anche la manifestazione di protesta contro il piano del governo statunitense di assassinare gli italo-americani Sacco e Vanzetti è stata dirottata verso la periferia dal servizio d'ordine dei comunisti."
Quando Ōsugi arrivò alla riunione, le sue impressioni non erano per niente favorevoli. Così ricorda l'evento:
"Gli slogans della giornata sono state spiegate interminabilmente da un oratore terribilmente autocompiacente, mentre gli applausi della folla erano sempre di meno... 'Basta! Andiamocene via e lasciamogli parlare da solo', qualcuno gridò, un compagno di "Le Libertaire" o "La Revue Anarchiste". Ma nessuno faceva eco di questa e nel frattempo, l'oratore lo invitava a comportarsi bene... Dovevo incontrare Coromel dopo la riunione, ma a questo punto e non me ne importava più un fico secco. Tutto quello che volevo fare era di alzarmi sul podio e gridare 'Usciamo in piazza, dove dovremmo essere!'"
Non potendo più sopportare questa situazione, Ōsugi chiese infine la parola. L'essenza del suo discorso (la versione originale che comparve nella stampa portava evidenti segni di censura da parte delle autorità giapponesi al punto che è impossibile recuperarla completamente) era:
"La storia del 1° Maggio in Giappone è molto breve. La prima manifestazione si è svolta nel 1920 e pochissimi lavoratori vi hanno partecipato. Ma quei lavoratori giapponesi hanno idee molto chiare sul significato del Primo Maggio! Le manifestazioni del 1° Maggio in Giappone non si fanno in periferia, ma al centro della città. Non si fanno all'interno di sale per favorire gli oratori, ma nei parchi, nelle strade e piazze, e servono a dimostrare. Il 1° Maggio in Giappone non è solo un carnevale!"
Dopo aver parlato per venti o trenta minuti, Ōsugi scese dal palco tra gli applausi e uscì in strada, dove alcuni poliziotti in borghese aspettavano di arrestarlo. Fu portato via con la forza fino alla più vicina stazione di polizia. Quando la folla apprese ciò che era accaduto, marciarono tutti insieme alla stazione di polizia per liberarlo, guidata da una ventina di lavoratrici. Pochissimi sapevano di lui, oltre al fatto che era un compagno giapponese, o forse cinese; la maggior parte non sapeva nemmeno il suo nome. Era solo un compagno che aveva bisogno di aiuto. Nella colluttazione che ne seguì davanti alla stazione, un centinaio di compagni furono arrestati e molti di più feriti dai manganelli della polizia. Ōsugi stesso scrisse più tardi che dalla sua cella sentiva il canto dell'Internazionale, seguito dal rumore delle manganellate, le urla e il rumore della folla che veniva dispersa dalla polizia.

Mentre la stampa francese lo dava come cinese, la polizia già conosceva la vera identità di ōsugi. ōsugi, inizialmente, su insistenza del colonnello e altri, aveva insistito sul fatto che i suoi documenti cinesi erano autentici, ma in seguito ammise la sua vera identità quando si accorse che la polizia sapeva tutto di lui. Appena confermato che era infatti Sakae Ōsugi, un anarchico giapponese privo di documenti, fu inviato alla famosa prigione di La Santé, dimora temporanea di molti prigionieri politici. Il 3 maggio, in seguito alla visita di un funzionario dell'Ambasciata del Giappone, fu incriminato con accuse che ancora oggi hanno un suono familiare: offese ad un pubblico ufficiale, resistenza all'arresto, disturbare la pace, essere senza documenti. Nel frattempo, la stampa di destra, in particolare "Le Figaro" cominciò ad usare questo incidente per promuovere l'isteria antianarchica. L'unica cosa di nuovo era l'alias cinese di ōsugi, che cambiava in ogni nuova edizione.

Ōsugi considerò lussuose le condizioni di La Santé, rispetto alle gattabuie tetre dove era stato confinato in precedenza. In una lettera a Noe Itō scrisse: "E' abbastanza tranquillo per essere un carcere. Passo tutto il giorno sdraiato sul letto facendo cerchi in aria con il fumo della mia sigaretta; ci sono bottiglie di vino e birra sul tavolo e ci posso bere tutto il giorno se lo voglio" [1]. Tuttavia, la prigione è pur sempre la prigione, ed il suo pensiero stava sempre con la sua famiglia, in particolare la sua figlia prediletta, Mako, di soli quattro anni. Per assicurarla che tutto andava bene, le scrisse una poesia, "Mako yo, Mako!", e gliela inviò. In questa poesia, descrisse una vita di lusso, dove si nutriva con cibi occidentali e cioccolato mentre si sdraiava su un divano, fumando un sigaro.

All'udienza del suo caso il 23 maggio, tutte le accuse furono archiviate, tranne che per quella della violazione delle leggi sul passaporto, per la quale fu condannato a tre settimane di detenzione. Dal momento che era già detenuto dal 1° maggio, fu rilasciato il giorno successivo. Prima di lasciare la sua cella a La Santé, Ōsugi scrisse sul muro il seguente messaggio per i posteri:

E ōSUGI
ANARCHICO GIAPPONESE
ARRESTATO A ST-DENIS
1 MAGGIO 1923 [2]


Appena uscì dal carcere, fu accompagnato al comissariato dove gli fu consegnato un ordine di deportazione. In un primo momento, il governo francese intendeva semplicemente lasciarlo al confine con la Spagna, ma a causa dell'insistenza dell'Ambasciata giapponese, decise infine di rimpatriarlo in Giappone, via Marsiglia.

Con una settimana senza niente da fare prima del suo imbarco, e al vedere che non ci fu più la vigilanza della polizia, Ōsugi decise di girare per l'Europa illegalmente. Prima di lasciare Parigi, però, gli arrivò una lettera da Noe Itō in cui gli chiese di tornare il primo possibile. A parte delle complicazioni derivanti dalla sua quinta gravidanza, sembrano essere emersi un po' di attriti nel gruppo Rōdō Undō. Alla fine della settimana si consegnò alla polizia e, il 3 giugno, vale a dire 101 giorni dopo il suo arrivo, Ōsugi fu portato a Marsiglia e lo fecero imbarcare su una nave diretta a Kobe.

Al suo arrivo, l'11 luglio, fu legato e trasferito su una piccola imbarcazione della polizia che lo portò al commissariato del porto, evitando così di esporlo alle orde di giornalisti in attesa sul molo. Ōsugi fu rilasciato dopo un intenso interrogatorio di cinque ore, condotto su ordine del Ministero dell'Interno, furioso al fatto che Ōsugi era stato in grado di arrivare fino a Parigi alla loro insaputa. Ōsugi fu accolto come un eroe da favola: i giornali chiesero i diritti sulla storia del suo viaggio segreto e in mezzo a tutto questo clamore, poté tornare di nuovo, la mattina dopo, a Tokyo con Noe Itō e Mako, in una carrozza di prima classe pagato dai giornali, naturalmente.

L'ultima parola, in ogni caso, spettava allo Stato e alla polizia. Due mesi più tardi, Ōsugi fu ucciso, insieme a 6.000 immigrati forzati cinesi e coreani e centinaia di militanti rivoluzionari, vittime della strage imputabile al governo dopo il Grande Terremoto di Kantō nel mese di settembre 1923. Il suo corpo, insieme a quelli di Noe Itō e il suo nipote di appena sette anni, Soichi [3], che era stato picchiato e strangolato a morte mentre era detenuto insieme agli zii in una prigione dei Kempeitai [4], furono gettati in un pozzo. Durante il processo che seguì la scoperta dei corpi in decomposizione, l'assassino, un agente segreto della polizia militare, sotto ordini dell'imperatore Hirohito, fu condannato a soli dieci anni di carcere e fu rilasciato dopo quattro, sempre su ordini personali di Hirohito. Una volta liberato, fu incaricato di "missioni speciali" in Manciuria. Si suicidò nel 1945, prima che i suoi crimini potessero essere vendicati dai molti anarchici che lo volevano morto.

Per Ōsugi, anche se ormai era solo un cadavere, ci fu ancora un colpo del coltello vendicativo dello Stato. Il 16 dicembre, i compagni delle tre vittime si riunirono per dare l'addio alle loro ceneri prima che fossero formalmente sepolte (secondo il rito buddista, questa cerimonia deve averarsi tre mesi dopo il decesso). Quel giorno, alcuni teppisti di destra entrarono nella camer ardente prima della cerimonia, fingendosi partecipanti. Quando nessuno guardava, presero l'urna contenente le ceneri di Ōsugi e fuggirono. Ad oggi, la sorte delle ceneri è tuttora sconosciuta (è ovvio che la polizia non fece che un indagine superficiale). La cerimonia ebbe luogo nonostante in modo senza precedenti, senza le ceneri di Ōsugi, mentre lo Stato sghignazzava.

Il tentativo di contattare Makhno

Nei ricordi dei suoi tre mesi in Francia, Ōsugi da l'impressione che fossero solo momenti di divertimento, che andava da Parigi a Lione e viceversa, incontrando compagni cinesi, di tanto in tanto passando la notte con "Madame No", ecc. In qualche misura tutto ciò è vero. Dovendo mantenere un basso profilo per evitare l'arresto e non potendo arrivare alla conferenza di Berlino, Hayashi e Ōsugi rimasero lontano da ogni attività politica e divennero clienti abituali dei cafés e sale da ballo di Montmartre. Ōsugi ebbe anche una relazione con una giovane ballerina di nome Doré.

Ma al tempo stesso, Ōsugi racconta nelle sue memorie di aver colto l'occasione di stare a Parigi per fare una ricerca intensa su un episodio che lo aveva ispirato molto: il movimento makhnovista in Ucraina, nel 1918-1921. Ōsugi considerava il movimento makhnovista come uno degli aspetti più importanti della rivoluzione russa: infatti, dichiarò che per lui era l'unica rivoluzione realmente avvenuto e quello che contiene le più importanti lezioni per gli anarchici giapponesi. In questo senso, era abbastanza critica degli anarchici russi, rei, secondo lui, di aver ignorato questo movimento. La sua opinione di Makhno può essere riassunta come segue:
"Nel loro zelo eccessivo per la 'rivoluzione', gli anarchici russi si permisero di essere manipolati dai bolscevichi e, abbagliato dagli slogans rivoluzionari di quest'ultimi, persero l'opportunità di organizzarsi e di raccogliere le forze del popolo. Nel frattempo, il movimento makhnovista in Ucraina aiutava e stimolava le attività creatrici dei contadini, attuando così la vera rivoluzione sociale. Il movimento makhnovista non era un movimento radicato nella teoria anarchica, ma una rivolta spontanea degli stessi contadini che, nell'espandere la proprio base, si rivolse naturalmente all'anarchismo. Il ruolo degli anarchici non era quello di capi, ma di sostenitori, non comandanti bensì catalizzatori."
Gli sforzi di Ōsugi di raggiungere la Germania, nonostante l'annullamento della conferenza anarchica, erano dovuti al suo desiderio di avere maggiori informazioni sul movimento. "La più grande delusione del mio viaggio in Europa", scrisse in seguito, "dal momento che non ho potuto viaggiare in Germania, era di non aver avuto l'opportunità di incontrare i molti ex Makhnovisti che vivevano allora in esilio a Berlino, in particolare il cosiddetto "Capo di stato maggiore", Volin [5]. Ōsugi si accontentò raccogliendo tutti articoli che riusciva a trovare nelle riviste e nei giornali a Parigi, e parlando con tutti dei Makhnovisti. Di ritorno in Giappone, mise insieme tutte queste informazioni nel suo ultimo opera scritto, "Un generale anarchico: Nestor Makhno" (Museifu Shugi Shogun: Nesutoru Mafuno).


Pubblicato in "Libero International", No.5 (settembre 1978).
Traduzione a cura di FdCA - Uffico Relazioni Internazionali

Note:
1. La procedura di routine nelle carceri giapponesi, ancora oggi, vuole che i prigionieri passano l'intera giornata seduto a gambe incrociate in un cerchio disegnato al centro della propria cella, di fronte alla porta. Se vogliono fare qualcosa, anche andare in bagno, devono prima chiedere il permesso dal secondino, che si è tenuti a chiamare "maestro", pena una manganellata.

2. Il nome di Ōsugi, "Sakae", può anche essere letto "Ei". Pare sia stato usato anche questa forma del nome a volte, per evitare confusione con un altro militante socialista dell'epoca, Sakai Toshihiko.

3. Nota del traduttore: secondo Thomas A. Stanley (in Ōsugi Sakae, Anarchist in Taishō Japan: The Creativity of the Ego, 1982.), il nipote di Ōsugi aveva sei anni e si sarebbe chiamato Munekazu Tachibana.

4. Nota del traduttore: Polizia militare, letteralmente "Corpo di soldati della legge".

5. Nota del traduttore: Affermazione non corretta, dal momento che Volin mai ebbe un ruolo così importante nel movimento makhnovista, ne godette di gran popolarità tra i partigiani; molto meno ebbe un ruole militare: il suo era limitato a lavori a carattere ideologico.

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